Il problema di Squid Game 2? Che non sembra più Squid Game: certo, direte voi, l’effetto novità è passato da tre anni ormai, ovvero da quel 2021 in cui mezzo mondo ha scoperto una serie sudcoreana in cui delle persone in situazioni economiche disperate accettavano di partecipare a dei giochi in cui se si perde, si viene uccisi. Ma basta, questo, come giustificazione per una seconda stagione che fa seriamente fatica a ingranare?
Squid Game 2, la recensione
“Ma chi gliel’ha fatto fare?”
Squid Game 2, su Netflix dal 26 dicembre 2024, dopo tre anni di spasmodica attesa da parte dei fan di ogni angolo del mondo, mostra nella sua sceneggiatura un po’ di quella stessa sfacciataggine del suo protagonista. Chi glielo fa fare, abbiamo pensato tutti, a Gin-hu (Lee Jung-jae) di tornare in gioco, pur avendo incredibilmente visto gli Squid Game precedenti ed essersi portato a casa una somma che ammonta a circa 30 milioni di euro?
Ecco, chi gliel’ha fatto fare al creatore e regista della serie Hwang Dong-hyuk di accettare la proposta di Netflix di proseguire il racconto non con una, ma con due stagioni (la terza, lo ricordiamo, sarà l’ultima)? La prima stagione di Squid Game era stato qualcosa di ipnotico, disturbante, agghiacciante nel suo voler criticare la società odierna e, per questo, irripetibile.
Ma Hwang Dong-hyuk lo sapeva bene: per questo Squid Game 2 non è identico a ciò che avevamo lasciato. “Non sono io, siete voi”, sembra dire tutta la seconda stagione a quel pubblico che si è messo davanti a Netflix per farsi una maratona di tutti e sette gli episodi. Perché il regista vuole andare avanti con il suo racconto, esplorare altre zone d’ombra di questi giochi e, perché no, smontare il suo stesso giocattolo. Peccato, però, che noi non eravamo stati informati.
Il gioco vale ancora la candela?
Basta vedere i primi due episodi per farcene un’idea: dei giochi nemmeno l’ombra. L’esordio di Squid Game 2 è un’attesa non richiesta, una ricerca continua da parte del protagonista di rimettersi la tuta verde e distruggere il sistema dall’interno. Se a livello narrativo l’idea può funzionare per creare più hype in vista del ritorno di fronte all’iconica bambola di “Uno due tre stella”, a rendere vana l’attesa è ciò a cui ci si ritrova davanti dopo.
Ciò che si temeva prima di vedere la serie è diventato realtà: trovare dei giochi nuovi ma ugualmente terrificanti e cinici come quelli della stagione d’esordio è stato molto difficile. E infatti, svanito l’effetto sorpresa del primo gioco, gli altri due a cui assistiamo non fanno gelare il sangue come avevano fatto il gioco dei dalgona, del tiro alla fune o delle biglie. Sono, soprattutto, giochi in cui conta la strategia dei personaggi, in cui il cervello deve prevalere sul cuore. Ed è qui che la storia s’inceppa.
Un errore di calcolo
I personaggi nuovi si muovono su meccanismi che sanno di già visto ed entusiasmano poco, sfiorando la macchietta: salviamo solo la coppia madre-figlio e l’ex soldato transgender, capaci di offrire più spunti al racconto nel corso degli episodi. Ecco che, quindi, senza personaggi forti tutta la dinamica introspettiva della stagione perde forza.
In particolare, diventa abbastanza noiosa tutta la trama legata al voto per continuare a giocare o uscire dividendosi il montepremi raggiunto: una tassa che il pubblico deve subire per passare al gioco successivo. Ma quelle scene rallentano così tanto la trama che, poi, per i giochi non c’è più così tanto spazio.
Insomma, l’errore di base di Squid Game 2 sembra essere l’aver misurato male le dosi dei suoi ingredienti. Diminuendo la parte più visivamente cruenta, quella più psicologica sarebbe dovuta essere all’altezza della situazione, ma non è stato così. E si sono invertite le parti tra fantasia e… reality.
Se il game show aveva trovato un equilibrio migliore
Perché paradossalmente se dobbiamo trovare dei giochi differenti da quelli della prima stagione ma capaci di tenerci con il fiato sospeso fino all’ultimo, dobbiamo rifugiarci nel game show distribuito da Netflix nel 2023. “La sfida” aveva presentato delle prove ben pensate e che sono riuscite a tirare fuori i vari caratteri dei concorrenti in gara.
Non solo: il game show era riuscito a trovare la giusta combinazione tra gioco e manipolazione psicologica con delle mini-prove effettuate all’interno del dormitorio, tanto da diventare esse stesse dei punti focali per l’evoluzione della gara. Squid Game 2, con il sistema delle votazioni, ha provato a fare qualcosa di simile: ma questa è una serie, da cui ci si aspettava una trovata più crudele di una semplice votazione per “sì” e “no”.
Il vero gioco crudele è farci aspettare
Squid Game 2, al netto di queste debolezze, resta una serie che riesce a farsi vedere fino all’ultimo. Non ci lascia a bocca aperta, ma l’impressione è che si siano voluti gettare i semi per una terza ed ultima stagione che potrebbe rivoluzionare la posta in gioco e regalare un finale come si deve a una serie che merita una conclusione non affrettata.
La seconda stagione, insomma, soffre della solita sindrome di Netflix: tenere il pubblico davanti allo schermo ma centellinando ciò che vuole, tenendosi il meglio per dopo. Siamo così costretti ad aspettare qualche mese per scoprire se avremo avuto ragione: è questa, in fondo, la vera crudeltà di questa seconda stagione.