Sos Tata (in svendita): Lucia Rizzi testimonial stroncata da tutti. E da Aldo Grasso
Tata Lucia massacrata per la pubblicità della Nutella
Le guru televisive stanno decisamente esagerando. Se il nuovo mensile Condé Nast, Myself, dedica un servizio a Tata Lucia, Benedetta Parodi e Paola Marella in quanto nuove maestre di vita catodiche, il sottoscritto invita la Signora di RealTime a non strabordare troppo come le prime due.
Da sobrie consigliere che agivano in sordina le varie Tate sparse per il piccolo schermo hanno iniziato a invadere studi televisivi, a imporre su qualsiasi settimanale i propri consigli, a firmare stucchevoli rubriche-fotocopia.
Da quando abbiamo visto Tata Francesca a Verissimo destreggiarsi tra la Moreira e Katia del Gf, in una rubrica sulle mamme vip fortemente voluta da Silvia Toffanin, si è capito che Sos Tata – da produzione Sky all’avanguardia – si è svenduto alla generalista commercializzandosi senza ritegno.
Non solo passaggi su La7 e parodie su Colorado: a far snaturalmente letteralmente il format una delle scelte peggiori che la sua regina identitaria, Tata Lucia, potesse fare: cedere alla marketta della Nutella. Dopo le enormi proteste scoppiate online (“Li vizi troppo i tuoi figli e poi cedi sulla Nutella. Pecunia non olet, soprattuto se spalmabile”) arriva la reprimenda di Aldo Grasso sul Corriere:
“Ci sono due problemi, uno di rigidità, l’altro di opportunità. Tata Lucia gira con un decalogo comportamentale in tasca, fa venire il senso di colpa ai genitori per quanto sono incapaci a educare i figli. Il vero piacere della Nutella è quel piacere di gioiosa trasgressione che si porta dietro. Di un così, non diresti mai che è cresciuta a pane e nutella. Per il resto, se quello che metti in scena è un ruolo educativo, sarebbe opportuno evitare ogni contaminazione con quello di testimonial”.
Per dovere di cronaca va detto che il primo a inquadrare il fenomeno su Tiscali è stato Mariano Sabatini, pronto a puntare giustamente il dito contro un altro esperto che ha mercanteggiato la propria professionalità a scopo di lucro:
“I personaggi non dovrebbero usare la propria autorevolezza per guadagnare dalla pubblicità. Lo stesso dicasi per Mario Tozzi, geologo, convincente divulgatore a Gaia – Il pianeta che vive su Rai3; ricercatore al Cnr. L’ho visto immortalato sulle pagine di un popolare settimanale, in uno spazio commerciale acquistato da una marca di speciale mastice per il consolidamento del terreno. E qui stiamo parlando della sicurezza e dell’incolumità delle persone, mica bazzecole”.
Per Sabatini è questione di gusto, oltre che di deontologia o etica:
“Rizzi e Tozzi non sono soltanto personaggi dalla grande visibilità televisiva, come un Baudo o una D’Urso qualunque, hanno il valore aggiunto dell’autorevolezza del ruolo, degli studi fatti, dei titoli acquisiti e vantati. La commistione tra pubblicità e ruolo televisivo merita ponderazioni serie. Elda Lanza è stata costretta, negli anni Sessanta, a lasciare a testa alta la conduzione di programmi per il ruolo di testimonial”.
Sabatini puntualizza, poi, che gli stessi giornalisti, per una direttiva dell’Ordine, non possono fare pubblicità; non a caso Paola Saluzzi, Tiberio Timperi, Licia Colò, Maurizio Costanzo (“buona camicia a tutti!”) hanno avuto rogne, sospensioni, richiami per averla ignorata. Tra gli ultimi insospettabili Caterina Balivo, richiamata dall’ordine dei giornalisti pubblicisti a cui è iscritta per le svariate pubblicità che la vedono coinvolta.
Per Sabatini, però, si dovrebbero fare un esame di coscienza più scrupoloso i presunti educatori catodici. Come dargli torto?