Solo, c’è aria di Gomorra in casa Taodue (che non rinuncia all’impegno civile)
Il liveblogging della puntata del 9 novembre 2016 di Solo, la fiction con Marco Bocci nei panni di un agente sotto copertura dello Sco che s’infiltra dentro un clan calabrese per impedire l’arrivo di un carico di eroina destinato ad un boss americano
La Taodue abbandona la coralità delle sue serie tv più famose per concentrarsi su un unico personaggio, a cui viene affidato tutto il carico morale della storia. Solo, la sua nuova sfida di Pietro Valsecchi, cerca così di scardinare due elementi chiave della sua produzione passata.
Il primo è, come detto, la coralità del racconto: qui c’è solo Marco (un credibile Marco Bocci) a dover reggere quasi tutta la parte del racconto relativa alle indagini della Polizia ed alla missione che punta a bloccare un ingente carico di eroina destinato ad un boss americano che sta lavorando con la famiglia dentro cui si è infiltrato il protagonista. A lui viene affidato anche il tormento di dover lavorare sotto copertura accettando di assistere ad omicidi e punizioni senza potersi opporre. La squadra, elemento tanto caro alla Taodue, qui passa in secondo piano: l’unione non fa la forza, ma rischia piuttosto di mandare a monte l’operazione.
Il secondo, invece, è rappresentato dalla tendenza a mostrare la lotta tra Polizia e criminali sempre tramite il lavoro degli agenti. In Solo la situazione si ribalta ed a prevalere è il punto dei vista dei cattivi: c’è maggiore violenza, più durezza, il tutto per far calare i telespettatori in un mondo che, effettivamente, risulta nuovo per il poliziesco italiano abituato, invece, a mettersi dietro le spalle dei poliziotti.
Per raccontare come lavora la criminalità organizzata, il regista Alhaique si affida ad un linguaggio ben più moderno e, soprattutto, realistico: usando la camera a spalla, che avvicina il pubblico alle azioni, anche quelle meno morbide da seguire, Solo risulta meno posato e recitato (anche se le scene “vecchio stampo” non mancano, soprattutto nei momenti di confronto all’interno del clan), per fare spazio ad una più adeguata scelta stilistica che predilige un coinvolgimento più dinamico della telecamera.
Sta in queste scelte, comprese quelle di una fotografia e luce che richiamano più una produzione cinematografica che televisiva, che Solo sembra voler permettere alla Taodue di fare un passo avanti nel crime, ammettendo le influenze che si devono subire dal fenomeno nel genere degli ultimi anni, ovvero Gomorra-La serie. Si respira un’aria che richiama inevitabilmente, soprattutto nella parte tecnica, alla serie tv di Sky: un’evoluzione del racconto che passa per la rappresentazione del Male senza macchiette e senza paura di superare certi limiti, e che permette a Solo di trovare i suoi spunti più interessanti.
Ma la Taodue non tradisce sè stessa solo per far contenti i fan del clan Savastano: anche in Solo non manca l’impegno civile, ed il messaggio continuo che traspare di quanto sia difficile -e non eroico- lavorare contro certe organizzazioni. Solo rispetta la missione principale della casa di produzione, ma guarda anche ai linguaggi più recenti, cercando di trovare un equilibrio che metta d’accordo entrambi.
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21:43
Marco è un infiltrato della Polizia. E’ furioso perchè la sua copertura, a causa della volante che ha superato, stava per essere scoperta. Nella sede in cui s’incontrato, c’è anche l’Interpol: vuole collaborare con la Polizia per catturare Rudi Iaccarico, boss americano che è in contatto con i Corona. Per Marco il contatto con Bruno potrebbe servirgli, ma Barbara non è d’accordo.
Solo, puntata 9 novembre 2016: anticipazioni
C’è un nuovo agente in televisione, pronto a conquistare il pubblico televisivo: Solo, in onda da questa sera alle 21:10 su Canale 5, ha come protagonista infatti Marco (Marco Bocci), agente dello Sco (Servizio centrale Operativo) sotto copertura -il suo nome in codice è Solo- che, pur di portare a termine la sua missione, deve affrontare decisioni che rischiano di cambiarlo per sempre.
A differenza delle altre fiction Taodue, che produce Solo, questa non è corale, ma si concentra principalmente su un unico personaggio, Marco, appunto, che, dopo essersi infiltrato per più di un anno nella malavita romana, salva da uno scontro a fuoco Bruno Corona (Peppino Mazzotta), esponente di spicco dell’omonimo clan calabrese. I Corona, infatti, gestiscono il porto di Gioia Tauro, uno degli snodi principali per il traffico di droga, rendendolo uno dei clan della ‘Ndrangheta più potenti.
A capo della famiglia c’è Don Antonio (Renato Carpentieri), che decide di accogliere all’interno del clan Marco, nonostante la diffidenza del fratello Vincenzo (Pierluigi Misasi). I clan calabresi, infatti, sono estremamente diffidenti verso coloro che non sono membri della loro stessa famiglia: Marco, però, riesce a conquistare la loro fiducia, permettendo così allo Sco di avvicinarsi al loro obiettivo, ovvero bloccare, insieme all’Interpol, un carico di eroina destinato al boss americano Rudi Iaccarino, di cui i Corona sono i tramite.
Marco, così, deve dimostrarsi all’altezza del clan, ritrovandosi anche a dover commettere omicidi e rischiando di immergersi fin troppo nel personaggio costretto ad interpretare, lasciandosi assorbire dalle dinamiche della malavita. Non solo: il protagonista subisce anche il fascino di Agata (Carlotta Antonelli), sorella del boss, sotto gli occhi di Barbara (Diane Fleri), fidanzata di Marco nonchè agente di supporto della sua missione.
I quattro episodi di Solo, il cui soggetto è di Pietro Valsecchi e scritti da Mizio Curcio ed Andrea Nobile, per la regia di Michele Alhaique, cercano di rinnovare il genere poliziesco andando a seguire il punto di vista dei criminali e raccontando il lato opposto della guerra alla criminalità. Per farlo, ha detto Valsecchi durante la conferenza stampa, si è deciso di disegnare un protagonista inedito per Taodue:
“Questa serie è il frutto di un lungo cammino fatto dalla Taodue 25 anni fa, abbiamo raccontato tante storie di eroi civili. Dopo molti anni ci siamo accorti che la tv doveva affrontare nuovi personaggi. Marco è un poliziotto comune, come tanti”.
La finzione (relativa, dal momento che la fiction si ispira ad una vicenda realmente accaduta), si unisce così alla realtà della ‘Ndragheta, organizzazione criminale sparsa in giro per il mondo, le cui attività generano un giro d’affari di 44 miliardi di euro l’anno. Il tutto raccontato tramite il genere del poliziesco, rivisitato in chiave contemporanea: “Il risultato che abbiamo ottenuto è quindi di rinnovare dall’interno il poliziesco”, ha aggiunto Valsecchi, “mantenendo alta la tensione del racconto, con molta action e un’inedita rappresentazione della Calabria, e insieme creare un personaggio che, ne sono certo, diventerà una nuova icona della serialità italiana”.
Anche la regia ha cercato nuovi spunti, spiega il regista:
“Solo è un poliziesco con una struttura narrativa apparentemente classica. Ma lo scopo del racconto è quello di esplorare le dinamiche umane di un uomo pronto a rischiare tutto per raggiungere il suo obiettivo. Un uomo ossessionato dal suo lavoro, dalla sua missione, unico scopo della sua vita. Mi ha colpito da subito come gli intenti (del produttore e degli autori) fossero quelli di raccontare le vicende umane dei protagonisti di questa storia fino a rendere quasi invisibile il plot poliziesco.”
La sfida, per Alhaique, è stata quella di rendere il tutto il più credibile possibile:
“Il mio obiettivo è stato da subito quello di mettere lo spettatore nella condizione di credere a ciò che vede, senza rischiare che l’illusione filmica fosse troppo ardua da raggiungere. Il punto di vista della messa in scena per me è stato chiaro da subito, avevo bisogno che lo spettatore vivesse le stesse paure e le stesse inquietudini del protagonista. E per ottenere questo scopo ho fatto uso come già nel mio film (“Senza Nessuna Pietà”) della macchina a mano, linguaggio che rende a mio avviso la narrazione molto asciutta e realistica. Supportato da una fotografia (il direttore della fotografia è Valerio Azzali, già operatore di macchina per esempio del documentario “Lousiana” di S. Minervini) che ha messo in valore i paesaggi desolati e potenti di una Calabria vista raramente in televisione, ci siamo spinti a filmare i luoghi reali in cui la ‘ndrangheta si muove.”
Solo, puntata 9 novembre 2016: come vederlo in streaming
E’ possibile vedere Solo in streaming sul sito ufficiale di Mediaset, mentre da domani sarà possibile vederlo su Video Mediaset.
Solo, puntata 9 novembre 2016: Second screen
Si può commentare Solo sulla pagina ufficiale di Facebook o su Twitter, all’account @SOLO_laserie. L’hashtag è #Solo.
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