Simonetta Martone: “A Samarcanda anni intensi, ma formativi. Ultimo Minuto? Avrebbe dovuto condurlo Bud Spencer”
PRIMA PARTE – TvBlog per la rubrica TvOff ha intervistato Simonetta Martone: “Samarcanda fu un’esperienza dura, ma formativa. Rischiammo moltissimo. Ultimo Minuto doveva condurlo Bud Spencer, poi non si accordarono”
E’ sparita per sua scelta dalle scene e concede rarissime interviste, ma quando lo fa apre il cassetto dei ricordi trasportandoti in un mondo di aneddoti e retroscena che un articolo non basta. Per questo a Simonetta Martone ne dedicheremo due, per ripercorrere a pieno una carriera televisiva che l’ha vista protagonista davanti e dietro le quinte.
Conduttrice, inviata, autrice, produttrice, ma innanzitutto traduttrice. La conoscenza delle lingue le aprì infatti le porte del Festival di Giffoni alla metà degli anni ottanta. Per lei, che veniva da Salerno, si trattò di un’occasione a portata di mano. “Serviva una che conoscesse il francese, la notte dormivo in un convento”, confessa la Martone a TvBlog. “Inoltre traducevo i copioni dei film e mi dedicavo al doppiaggio di alcune scene per evitare che i ragazzi fossero costretti a leggere i sottotitoli”.
L’esperienza a Radio 2 arrivò subito dopo: “Conducevo un programma estivo, si intitolava Bella Italia, ma cambiò diversi nomi in corso d’opera. D’inverno poi tornavo a fare il mio lavoro di interprete simultanea e negoziante. Vendevo articoli per bambini”.
Ad imbattersi nella sua voce fu anche Michele Santoro, che la ingaggiò nella squadra di Samarcanda. “Aveva bisogno di una che sapesse le lingue e io le sapevo. ‘Se è bella come la mamma possiamo farla venire in tv’, affermò. Conosceva mia madre, essendo pure lui di Salerno. La mia è una famiglia di antichi commercianti di abbigliamento molto nota in città”.
Come fu il primo approccio?
“Mi diede un articolo di Panorama, chiedendomi di riassumerlo. Lo feci e gli consegnai il foglio. Lui lo accartocciò e lo buttò via. ‘Tra mezz’ora vai in onda, quello che c’è scritto qui dentro me lo ripeti in video’. E così feci”.
L’esperienza a Samarcanda durò quattro anni.
“La prima stagione curai i servizi dall’estero che venivano trasmessi al termine di ogni puntata. In seguito mi trasferii in studio. Selezionavo il pubblico, oltre a gestire i collegamenti in esterna. Fu un’avventura fantastica e allo stesso tempo durissima. E’ stata senza dubbio l’esperienza che mi ha formato di più”.
Ritmi folli, immagino.
“Samarcanda non era una trasmissione, era una missione. Non c’erano sabati e domeniche, si lavorava sempre”.
In quel periodo il programma si schierò in prima fila nella lotta alla mafia.
“Era psicologicamente massacrante e arrivai alla fine molto provata. Rischiammo moltissimo, eravamo nel periodo degli attentati a Falcone e Borsellino, ci minacciavano. Tieni conto che l’ultima intervista a Libero Grassi la realizzai io. Puoi immaginare la mia devastazione quando appresi che l’avevano ucciso. Furono anni intensi”.
Nel 1993 la prima svolta con Ultimo Minuto. Cambiasti registro e approdasti al sabato sera di Raitre.
“Il direttore Guglielmi e il vice Balassone mi chiesero di condurre questo programma, che però non sentivo nelle mie corde. In origine era dedicato agli sport estremi, tanto che a condurlo sarebbe dovuto essere Bud Spencer”.
Poi cosa accadde?
“L’accordo con Bud saltò per una questione di budget. Allora andai da Guglielmi e gli proposi di trasformare il format in una trasmissione di servizio. Approvò l’idea e ne divenni autrice”.
Al tuo fianco c’era Maurizio Mannoni.
“Da sola non me la sentivo, volevo qualcuno accanto a me. Mi fecero scegliere il partner e io indicai Maurizio, anche su suggerimento di Santoro. Mi trovai benissimo”.
Inauguraste la moda delle ricostruzioni di fatti di cronaca.
“Esatto. Ci ispirammo ad un programma americano, 911, con la differenza che negli Stati Uniti si limitavano ad intervistare i poliziotti con ricostruzioni grossolane a supporto. Andando al sabato sera creammo lo studio e, aspetto importante, introducemmo l’happy ending, il salvataggio in extremis. Non a caso, il titolo iniziale doveva essere Lieto fine”.
Quei mini-film contribuirono a lanciare le carriere di importanti registi.
“Con noi lavorarono Renato De Maria, Davide Parenti e un giovanissimo Gabriele Muccino. Le clip dovevano durare massimo sette minuti, ma a Gabriele non tagliavo mai nulla, era troppo bravo. Una volta scherzando dissi che sarei voluta andare di persona sul set perché non credevo che fosse lui a girare certe scene. Sembrava impossibile”.
Nel promo di lancio del programma interpretasti Rita Hayworth in Gilda. La gente ancora lo ricorda.
“Pensa che facevo le prove di ‘Put the blame on Mame’ col vestito lungo da sera e i guanti di gomma che si utilizzano per lavare i piatti. Mi allenavo a tirarli giù, mentre i costumisti cercavano i guanti di raso nero”.
Eravate talmente popolari che arrivò persino la parodia di Aldo, Giovanni e Giacomo.
“Inventarono gli sketch della Tv Svizzera, divertentissimi. Una volta la Gialappa’s Band mi invitò a condurre una puntata di Mai dire gol. Era il periodo in cui c’era la rotazione dei volti femminili. Ci andai e ridemmo molto”.
Dopo cinque edizioni di grande successo, Ultimo Minuto chiuse. Come mai?
“Gli ascolti erano fantastici, toccavamo il 17% al sabato sera. Volevano trasferirci su Raiuno, ma Guglielmi si oppose. Ultimo Minuto terminò per un motivo semplice: le storie si stavano esaurendo. Quando arrivò Minoli alla direzione voleva assolutamente proseguire. Giungemmo al compromesso di quattro sole puntate che condussi da sola, senza Mannoni”.
Nel 1997 il cambio di rete. Da Raitre a Raidue, con l’approdo a Mattina e Mezzogiorno in famiglia.
“Mi chiamò Carlo Freccero, non voleva più Barbara D’Urso, non gli piaceva. Mi propose a Michele Guardì, tra noi l’intesa scattò immediatamente. Io e Tiberio Timperi andammo d’accordissimo, non ci fu mai uno screzio. Mi svegliavo alle 4.30 del mattino, Guardì mi fece scoprire un’altra faccia televisione. A quel punto mi sentii professionalmente completa”.
La conversazione con Simonetta Martone continua la settimana prossima.