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Silvio Schembri a TvBlog: “Farwest mi ha subito convinto. Ho detto sì immediatamente a Salvo Sottile”

Per anni inviato di Le Iene, ora a Farwest, dopo un anno a Non è l’Arena, Silvio Schembri si racconta per la prima volta a TvBlog

18 Dicembre 2023 14:17

Lo raggiungo al telefono in un weekend per lui di riposo. Le inchieste che realizza per Farwest lo portano, infatti, costantemente in giro per l’Italia e in queste settimane in particolare in Sicilia, dove sta conducendo un’inchiesta per cercare di portare un nuovo squarcio di verità sull’agenda rossa di Paolo Borsellino. È Silvio Schembri, giornalista classe 1991, da molti ricordato come inviato di Le Iene. Ora, dopo l’esperienza di un anno a Non è l’Arena, è approdato nel nuovo programma d’inchiesta di Rai 3, Farwest, in onda tutti i lunedì, con la conduzione di Salvo Sottile.

A che età ricordi di esserti avvicinato al giornalismo?

Tutto è iniziato nei primi anni delle superiori con il giornalino scolastico. Dopo la maturità, visto che avevo capito che il mondo del giornalismo mi piaceva, mi sono messo a cercare delle collaborazioni con delle testate locali. Sono partito dall’informazione online e soprattutto dalla cronaca nera.

Il rapporto con la tv nasce dopo. La prima esperienza è stata a Storie Vere (oggi Storie Italiane) per raccontare l’omicidio di Lorys Stival?

Prima di quel caso, ad Agrigento si era verificata l’esplosione di un vulcano di argilla. Così ero finito per essere intervistato da Storie Vere. Da lì ci siamo conosciuti con Eleonora Daniele e così poi ho seguito per Storie Vere la vicenda di Lorys Stival. In quel periodo, fra l’altro, feci anche un servizio per L’Arena di Massimo Giletti.

Da lì hai decidi investire sulla televisione. Nel 2016 arrivi a La Gabbia, che poi viene chiusa nel 2017. Così passi a Le Iene, dove resti per quasi cinque anni. A chi devi professionalmente di più fra Gianluigi Paragone e Davide Parenti? 

Devo tanto sia a Gianluigi che Davide, con il quale ho lavorato indubbiamente di più. Con Gianluigi ho ancora oggi un ottimo rapporto: è stato lui, poi, a portarmi da Agrigento a Milano.

Com’è andata?

Mi ero messo in contatto con la redazione di La Gabbia dopo aver fatto un servizio zero. Mi avevano fatto sapere che c’erano buone possibilità che potessi interessare a Gianluigi, ma essendo a ridosso di Natale tutto si era spento. Ero tornato alla carica, ma non si sbloccava nulla. Così decisi di prendere un volo, andare a Milano e provare a chiedere un incontro a Gianluigi. Ci incontrammo e mi propose di iniziare a lavorare facendo dei servizi dalla Sicilia. Poi a giugno sono passato a Milano.

A Le Iene hai trascorso cinque anni lavorativi. Oggi che ricordo conservi di quell’esperienza?

Mi rimane un ricordo fantastico. Quasi mi emoziono a ripensare a quegli anni. In un programma come Le Iene il ritmo di lavoro è molto intenso e il gruppo di lavoro diventa la tua famiglia. Le Iene per me è stato come aver fatto un master: quando esci da lì ti rendi conto di quante cosa hai imparato.

Fra le persone con cui hai lavorato a Le Iene c’è qualcuna che riconosceresti come maestro nella tua crescita professionale?

Non mi viene in mente un solo nome. Le Iene sono un gruppo di lavoro eterogeneo da un punto di vista generazionale e io, indistintamente, devo tanto a tante persone. È un posto in cui c’è grande considerazione per il lavoro di tutti.

A fine gennaio 2022, con un post Instagram, annunci il tuo addio a Le Iene. È nato da una tua scelta?

Sì, è stata una mia scelta. Sentivo di aver bisogno di nuovi stimoli. Non potendo più andare in redazione, in quel periodo ero tornato a vivere in Sicilia. Sono una persona molto umorale e che vive tanto di rapporti. Il fatto di non poter andare in redazione, vedere i miei colleghi e non avere il confronto fisico mi aveva tolto tanto. Ho capito che non stavo più lavorando bene e che era quindi necessario cambiare.

Sembri non esserti pentito della scelta fatta. La consideri una stagione al momento archiviata?

In realtà non escludo niente, perché conosco l’ambiente e le persone, con cui continuo a vedermi e a sentirmi. Ero io che avevo bisogno di nuovi stimoli e la chiamata di Non è l’Arena mi ha dato l’opportunità di fare quel cambiamento.

Quindi la proposta per Non è l’Arena è arrivata prima che decidessi di lasciare?

Sì, è stata la chiamata che mi ha fatto capire che le stelle si erano allineate per farmi prendere la decisione di lasciare Le Iene.

Come hai vissuto la chiusura di Non è l’Arena, dopo solo un anno che eri arrivato?

L’ho vissuta malissimo, un po’ come tutta la squadra che lavorava al programma. A Non l’Arena sono tornato a fare il giornalista vecchio stampo e mi sono trovato a lavorare con una squadra di professionisti di alto livello. Negli ultimi mesi, quando trattavamo il tema caldo della mafia, ricordo che con Massimo (Giletti, ndr) ci sentivamo ogni lunedì mattina alle 10:15, dopo l’uscita degli ascolti, per decidere cosa fare nella puntata successiva. È stato bellissimo lavorare con lui, in particolar modo in quel momento, in cui sentivamo di star facendo un grande lavoro giornalistico. Ancora oggi è difficile accettare quella chiusura.

Farwest è l’opportunità per un riscatto. Come ti è arrivata la proposta?

La proposta mi è arrivata mentre ero a Roma per fare colloqui per altre trasmissioni. Salvo (Sottile, ndr) mi ha contatto e ci siamo incontrati per un caffè. Mi ha raccontato che tipo di programma voleva fare e devo dire che mi ha subito convinto. Salvo è un volto che tutti conoscono e ha un metodo narrativo che a me è sempre piaciuto molto.

Come si lavora in un programma di approfondimento in Rai in questo momento, a maggior ragione per chi, come te, è alla sua prima esperienza nella tv pubblica?

Le polemiche, che in Rai ci sono sempre state, io le ho lette solamente sui giornali. Nel fare il mio lavoro non ho nessuna percezione di questo e non ci sono particolari umori negativi che attraversano le nostre redazioni. Non ho registrato pressioni di alcun tipo e, anche in relazione agli ascolti, stiamo lavorando con grande tranquillità.

Oggi quale proposta lavorativa accetteresti immediatamente e quale invece rifiuteresti con risolutezza?

Quando sono passato a Non è l’Arena in molti l’hanno visto come un passo indietro, perché sono andato a fare l’inviato per un programma che comunque prevedeva in misura maggiore la parte in studio. Io invece ho imparato tanto da quell’esperienza e questo mi fa dire che oggi non saprei rifiutare a priori una proposta. Sicuramente, se avessi avuto l’opportunità di ricevere una proposta da Andrea Purgatori, avrei accettato immediatamente. Così come, in un campo totalmente diverso, non saprei dire di no a Fiorello, se mi chiamasse per Viva Rai 2.

Risponderesti di sì, quindi, sia a Piazzapulita che a Fuori dal coro?

Piazzapulita è un programma fatto davvero bene e a cui assolutamente direi di sì. Mario Giordano è da sempre soggetto alle polemiche. Diciamo che sono sempre stato in posti in cui era facile fare polemica e quindi questo non mi preoccupa. Su alcune sue scelte editoriali non mi trovo d’accordo, ma sono convinto che Mario Giordano sia un grandissimo professionista e quindi accetterei di lavorare anche con lui.