Servant of the people e l’importanza del contesto. Se la guerra trasforma una serie “anonima” in evento
Servant of the people avrebbe mai trovato spazio in un altro contesto? Dalle fiction sul Papa e Titanic a Centocinquanta. Quando il contorno è determinante
Servant of the people avrebbe mai trovato spazio nel panorama televisivo italiano in un contesto di normalità? Legittimo domandarselo, dopo che La7 ha deciso di aggiudicarsi la serie che ha reso celebre Volodymyr Zelensky, futuro presidente dell’Ucraina. Un personaggio divenuto centrale, con l’attacco russo che ne ha amplificato la potenza mediatica.
Prima del 24 febbraio scorso, di Zelensky si sapeva poco o nulla. Zero spazio su telegiornali e talk e un passato da attore comico totalmente ignorato.
La guerra, per forza di cose, ha scombinato gli equilibri con quella serie – quasi profetica – divenuta una sorta di ‘biografia’ del premier.
Insomma, la potenza della fiction – per ora solo presunta, ma se ne parla e poco non è – sta tutta nel contorno, in ciò che la circonda. E non si può che valutare l’acquisizione da parte della rete diretta da Andrea Salerno in questi termini.
Guardando indietro, la tv è piena di produzioni “benedette” dalle circostanze. Fiammate, picchi improvvisi che, in altri momenti, avrebbero (e hanno) goduto di tutt’altra sorte.
Prendete Karol, un uomo diventato Papa. Girato nell’autunno del 2004, venne mandato in onda da Canale5 ad appena due settimane dalla scomparsa di Giovanni Paolo II, proprio nel giorno di inizio del Conclave e della prima fumata nera. L’accoglienza, manco a dirlo, fu eccellente. Il 18 aprile 2005 la prima puntata totalizzò 12 milioni 654 mila spettatori con il 44,3% di share, che salirono a 13 milioni il giorno seguente (43,5%).
A distanza di dodici mesi arrivò il sequel – Karol, un Papa rimasto uomo – probabilmente più suggestivo in quanto raccontava il periodo compreso tra la proclamazione a Pontefice e la morte. Gli ascolti – seppur soddisfacenti – segnarono un dimezzamento della platea: 6,6 milioni il 10 maggio 2006 e 6 milioni ventiquattr’ore dopo.
Qualcosa di analogo si verificò nel 2011. Alla vigilia del centocinquantennale dell’unità d’Italia, Rai1 lanciò lo show Centocinquanta, con al timone Pippo Baudo e Bruno Vespa. Se l’esordiò si impose con 5 milioni 400 mila spettatori e il 24,1%, già la settimana successiva lo share crollò al 14,1 (3,5 milioni), per poi scendere ancora al 12,7 (3,3 milioni) e al 12,1 (2,9 milioni). Di sei puntate previste ne vennero trasmesse quattro, con tanto di clamorosa frattura (mai ricucita) tra i due conduttori.
Altra ricorrenza, altro ‘evento’. Come la fiction Titanic – Nascita di una leggenda che Rai1 varò il 15 aprile 2012, la stessa sera in cui cadeva il centenario dell’affondamento del transatlantico. Risultato? Un 24,5% (5,3 milioni) registrato alla partenza, che diventò un 12,5% alla terza uscita.
Una bella spinta, infine, la ricevette il film La grande bellezza che il 4 marzo 2014 raggiunse su Canale 5 gli 8,8 milioni, per uno share pari al 36,1%. Piccolo dettaglio: Paolo Sorrentino aveva conquistato l’Oscar la notte precedente.
A riprova di come la tara, spesse volte, dia un suo contributo determinante.