Succession, l’imperdibile serie tv su una ricca famiglia senza scrupoli che ricordano i Murdoch
Una delle migliori serie tv degli ultimi mesi, Succession, arriva su Sky Atlantic dal 30 ottobre con un doppio episodio
Le serie tv si evolvono giorno dopo giorno, tra regni fantastici, adolescenti complicati, ogni giorno spunta un nuovo prodotto deciso a trovare il proprio spazio nell’universo globale del racconto a puntate.
In tutto questo continuo evolversi c’è un punto fermo che ricorre oggi come ieri, che è l’architrave su cui sono costruite gran parte delle produzioni seriali: la famiglia. L’unione tra più persone, che sia reale, sanguigno, che siano colleghi o amici, il rapporto tra più individui è al centro di ogni racconto. A differenziare le varie analisi familiari è ovviamente il canale che trasmette, la società che produce, la mano che scrive e quella che dirige. Differenze che si amplificano ancora di più se si prende un soggetto abbastanza semplice e abusato come quello delle ricche e potenti famiglie.
Se il tutto finisce nelle mani di HBO allora il soggetto parte avvantaggiato.
Succession da martedì 30 ottobre su Sky Atlantic in prima serata dalle 21:15 con doppio episodio, è la prova empirica di quanto appena detto. Succession racconta la storia della famiglia Roy, ricchi imprenditori del settore dei media di origine scozzese ma che hanno fatto fortuna negli Stati Uniti. Una famiglia che ha molte, troppe, somiglianze con i Murdoch della costruzione familiare, nella tipologia del loro lavoro, ma con cui nè ufficialmente nè ufficiosamente ci sono legami. Una ricca famiglia, di fatto, americana, parte di quell’1% della popolazione che controlla il mondo come tante ne abbiamo viste.
Succession però è stato il colpo di fulmine dell’estate americana. La serie tv composta da 10 episodi dalla durata variabile tra i 50 e i 60 minuti, è stata scritta dallo sceneggiatore inglese Jesse Armstrong autore tra l’altro della satira politica della BBC The Thick of It e questa sua provenienza è percepibile nella serie HBO. Pur essendo sostanzialmente un drama, Succession vive anche del sarcasmo dei suoi protagonisti, della profonda cattiveria che domina questa nobiltà contemporanea, borghesi arricchiti che amano solo loro stessi. Succession è quasi una black comedy, un comedy-drama anche se non si ride profondamente, c’è un umorismo tipico della serialità inglese, delle migliori produzioni BBC.
Il primo episodio è diretto da Adam McKay, regista di The Big Short- La Grande Scommessa, che con il suo ritmo sincopato, uno zoom frenetico sui volti esterrefatti, dubbiosi, irrequieti dei vari protagonisti, dà ritmo e movimento a una serie che ha una costruzione molto teatrale, fondata sui dialoghi più che sulle scene.
Le dinamiche della famiglia Roy si intrecciano con quelle aziendali. Alla vigilia del suo ottantesimo compleanno tutti si aspettano che il patriarca Logan Roy (Brian Cox) annunci il passaggio definitivo di consegne al secondo figlio Kendall (Jeremy Strong) l’unico dei quattro ad essersi sempre interessato all’azienda. Ma non tutto va come Kendall aveva immaginato.
Il ritratto della famiglia Roy è la tipica rappresentazione della ricca famiglia. C’è il primo figlio Connor Roy (Alan Ruck) che vive come una sorta di eremita, dall’animo artistico, poco interessato all’azienda; Kendall è il secondo, ma anche il primo figlio del secondo matrimonio, che vive costantemente all’ombra del padre tentando di impressionarlo ma fallendo costantemente più per la ritrosia paterna che per sue mancanze; Roman e Siobhan “Shiv” (Kiernan Culkin e Sarah Snook) sono i più piccoli, uno amante della bella vita che conosce i locali più esclusivi e vive a braccetto con le altre elite, lei desiderosa di trovare una propria identità anche rinnegando le sue origini.
Come si rispetti in una saga familiare di questa portata i personaggi sono davvero tanti, dalla terza moglie Marcia (Jiam Abbass), al futuro marito di Shiv, Tom (Matthew Macfadyen) sempre intento a cercare l’approvazione della famiglia, fino a Greg (Nicholas Braun) nipote di Logan che arriva in famiglia in cerca di una carriera e di un futuro stabile.
Tanti personaggi ma nessuno si salva. Non c’è un personaggio positivo in Succession. Anche quelli che sembrano avere un’aurea più positiva, nel giro di poche scene o, quando va bene, di pochi episodi, finiscono per rivelarsi pessimi tanto o forse più degli altri. E anche questa è parte della forza devastante di Succession.
Succession arriva e sbatte in faccia allo spettatore tutta la sua superiorità. Usa termini complicati, introduce costantemente personaggi, non dà respiro nello sviluppo delle storie e proprio questo nel 2018, nell’invasione della serialità, permette a Succession di spiccare. Una serie tv da godersi puntata dopo puntata, gradualmente, senza fretta, senza correre. Lasciando che sia il tempo a farla sedimentare. Lasciando che siano i protagonisti a sedurci con la forza dei loro dialoghi e delle loro storie.
Brutale, spietata, cinica, è una serie tv non adatta ai cuori deboli, al limite del respingente se si guarda provando a giudicare i suoi protagonisti. Non vanno nè invidiati nè odiati per le loro ricchezze, così come non bisogna gioire delle loro sofferenze. Semplicemente la vita dell’1% è questa, nel bene e nel male, nella possibilità di avere tutto e subito, ma anche nella difficoltà di instaurare rapporti umani sinceri.
Si può amare Succession, come è successo al sottoscritto, o si può odiare Succession. Di sicuro non può lasciare indifferenti. E già questo nel 2018 è importante.