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Sergio Castellitto a Blogo: “Oggi le serie tv sono più decisive del cinema”

“In 12 ore di serie tv forse puoi raccontare una serialità e una interiorità meglio di quanto tu possa riuscire a fare in due ore di film”

pubblicato 28 Luglio 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 07:34

Sergio Castellitto è stato ospite, insieme alla moglie Margaret Mazzantini, de Le Giornate del cinema lucano Premio Internazionale di Maratea. In questa occasione Blogo ha rivolto alcune domande all’attore e regista che, dopo In treatment, tornerà presto da protagonista in televisione.

Sei stato impegnato nelle riprese di un film per Rai1 su Rocco Chinnici?

Ho appena finito di girare a Palermo la storia di Rocco Chinnici, il magistrato ucciso dalla mafia nel 1983. È stata un’esperienza molto forte, bella ed emozionante.

Dopo In treatment, c’è l’idea di fare un’altra lunga serie tv?

Bisogna sempre cercare di fare progetti di qualità che sia cinema, teatro o quel che è. C’è un altro progetto che è sull’uscio del cantiere ma noi artisti siamo superstiziosi e finché non esce non ne parliamo.

Cantiere Sky?

Non è detto.

Alla luce del successo internazionale delle serie italiane come Gomorra e The Young Pope, pensi che la serialità tv sia tornata centrale?

Oggi la serialità televisiva è diventata quasi più decisiva rispetto al cinema. Per merito di chi?
Degli scrittori più analitici, perché in 12 ore di serie tv forse puoi raccontare una serialità e una interiorità meglio di quanto tu possa riuscire a fare in 2 ore di film.

A Cannes c’è stata la polemica con Netflix, quest’anno uscirà la prima serie originale Netflix in Italia. La faresti una serie Netflix?

Sì, come no! È un riferimento interessantissimo. Chiunque abbia intenzione di produrre arte, intrattenimento e spettacolo va ascoltato. Per fortuna, chi fa questo mestiere adesso ha a disposizione tante piattaforme.

Hai parlato del tuo legame col Sud, ancora oggi attanagliato da problemi storici. Cosa può fare ancora il cinema per raccontarlo in modo non stereotipato?

Il cinema è arte, o almeno dovrebbe esserlo, e come tutte le arti può aiutare la psiche del popolo meglio di quanto certe volte fanno i politici che riescono invece a distruggere quella di un paese. Noi artisti dovremmo avere il dovere di consegnare agli altri degli strumenti per comprendere meglio la propria esistenza.

Foto | Bruno Bellini