Saving Grace: Holly Hunter detective tra inferno e paradiso
Mettiamola così: se un angelo vi si presentasse dicendovi che questa è la vostra ultima occasione per pentirvi degli errori e dei peccati finora commessi, vi dicesse di sapere cose di cui non avete mai parlato e dispiegasse le sue ali per convincervi, voi vi arrendereste all’evidenza? Il detective Grace Hanadarko no. Anzi, lo sfida
Mettiamola così: se un angelo vi si presentasse dicendovi che questa è la vostra ultima occasione per pentirvi degli errori e dei peccati finora commessi, vi dicesse di sapere cose di cui non avete mai parlato e dispiegasse le sue ali per convincervi, voi vi arrendereste all’evidenza? Il detective Grace Hanadarko no. Anzi, lo sfida alla lotta.
Anche questo accadrà negli episodi di “Saving Grace”, la nuova serie che Italia1 propone da domani sera subito dopo “The Closer” (ed a cui dedichiamo una gallery), affiancando i due serial più di successo del network Tnt, che punta un’altra volta a storie di donne lontane dallo stereotipo classico cui siamo abituati.
Fin dal titolo si avverte la sensazione che i casi su cui indaga la protagonista in quel di Oklahoma City siano solo un contorno (a volte anche superfluo) alla vita del personaggio principale, una donna la cui vita eccessivamente spericolata le riserva una brutta sorpresa, da cui chiede di essere salvata.
Una notte, tornando a casa ubriaca, Grace investe un uomo, uccidendolo. Chiede aiuto a Dio, lei, che ha sempre dichiarato il proprio scetticismo di fronte alle religioni, che ha sempre vissuto convinta che dopo la morte non ci sia nulla e che si è sempre data ai piaceri senza valutare le conseguenze. A lei, compare Earl (Leon Rippy, “Deadwood”), l’”angelo dell’ultima occasione”: grazie al suo intervento, l’incidente non sarà mai accaduto, e Grace potrà cominciare una nuova vita, alla ricerca della propria salvezza, in compagnia di Earl, angelo bizzarro anch’esso lontano dall’immagine canonica assegnata nei secoli a queste figure, che riserverà non poche sorprese.
Non aspettatevi però un repentino cambio di stile di vita: Grace non è uno di quei personaggi-santini su cui Raiuno farebbe volentieri una fiction strappa-ascolti, ma è una testa dura, ed Earl se ne accorge ben presto. Lui, abituato ad essere accolto con onori e feste in qualsiasi parte del mondo faccia visita, per la prima volta trova una mancanza di fede disarmante.
Il percorso che (ci) farà conoscere meglio i due personaggi sarà costellato di ostacoli, tentennamenti,miscredenze e molte parolacce. E questa è una delle carte vincenti di questo telefilm, che a mio parere vale la pena di essere guardato anche solo per la splendida interpretazioni di Holly Hunter (premio Oscar per “Lezioni di piano” e produttrice della serie), che sa dare al personaggio di Grace la giusta umanità di fronte ad un evento sovrannaturale senza calcare troppo la mano su una recitazione di maniera. Di lei ha detto Nancy Miller, creatrice del personaggio di Grace:
“Holly vi puo’ far commuovere e ridere allo stesso tempo. Lei e’ strepitosa. Grace ha un carattere molto complesso, un’anima problematica alla ricerca del bene, un cuore pieno di dolore e amore, e una sorprendente tenerezza che spunta quando meno te lo aspetti”.
Merito anche della stessa Miller quello di aver reso questo telefilm poliziesco molto realistico nonostante il fil rouge “divino” che imperversa in ogni puntata, grazie anche al restante cast che circonda Grace : dalla migliore amica Rhetta (Laura San Giacomo, protagonista della sit-com “Just shoot me!”) medico legale e fervente cattolica, che aiuta la protagonista nel suo percorso di salvezza, al compagno di lavoro ed amante Ham (Kenny Johnson, Detective Curtis di “The Shield”), disposto a mandare all’aria il suo matrimonio per stare con Grace –che però, all’apparenza, non se lo fila oltre la camera da letto-.
Premiata in America dagli ascolti -il debutto è stato visto da oltre 7 milioni di telespettatori-, “Saving Grace” può inizialmente sembrare uno di quei esperimenti che cerca di unire mistico e razionale lasciando poco o nulla allo spettatore. Sa però coinvolgere per la semplicità con cui è girato e scritto, una semplicità che in questo caso non vuole essere sinonimo di “banale”. Anzi, il non avere esagerato troppo nel raccontare da una sola prospettiva una storia come questa –i rischi i cadere nel melenso religioso/mistico/trascendentale sono sempre in agguato-, conferma come si possano mischiare le carte in tavola di un genere di cui sembra ormai detto tutto come il poliziesco e ricominciare da capo, con un personaggio che, unica pecca, sale sulla giostra dei “cinici ma in fondo buoni” e che potrebbe per questo apparire banale. Ma non è così, ed il serial si salva.