SASSOLINI IN TV: lunga vita a Tv Talk …
Mentre nel nome di Darwin i papaveri delle principali tv concorrenti si menano a colpi di sassi a mezzo stampa e blog, mentre siamo già nella non ancora calda ma certo noiosa tv del momento, mi pare che l’attimo prevacanze si possa cogliere per togliere sassolini nel nostro Tv Blog e dalle scarpe della mia
Mentre nel nome di Darwin i papaveri delle principali tv concorrenti si menano a colpi di sassi a mezzo stampa e blog, mentre siamo già nella non ancora calda ma certo noiosa tv del momento, mi pare che l’attimo prevacanze si possa cogliere per togliere sassolini nel nostro Tv Blog e dalle scarpe della mia memoria.
Lunga vita a “Tv Talk”. La bella trasmissione è finita ed è andata in vacanza con un buon risultato di auditel. La situazione in cui viene prodotta, le acque agitate di RaiEducational (pensionamento di Giovanni Minoli, rifiuto di Paolo Ruffini di subentrare per via del reintegro a Rai3 ottenuto da un giudice) non dovrebbero compromettere, mi auguro, la ripresa nel prossimo autunno. Detto questo, vengo al punto, cioè al sassolino ino ino. L’avevo promesso ai lettori, molti, di Tv Blog e ad altri che mi avevano chiesto in vario modo la ragione della mia non presenza a “Tv Talk” appena finito. Lo dico subito: niente di trascendentale, niente di diverso da quel che accade di norma nella Rai di questi ultimi anni, destra o sinistra che sia al potere.
Un pò di storia. Partecipai a una puntata della trasmissione anni fa, quando si chiamava “Il Grande Talk”. Andò molto bene, pare, secondo i complimenti di Minoli e del conduttore Massimo Bernardini. Quando la trasmissione divenne totalmente RaiEducational, tempo dopo,Minoli mi chiamò, e mi chiamò Bernardini, per dirmi se accettavo di partecipare alla nuova serie. Accettai subito. Scoprii puntata dopo puntata che il sistema del “talk”, ossia del gioco delle opinioni, era non solo preparato quanto programmato, ovvero si doveva applicare il metodo di fornire consulenze rapide alle domande del conduttore, il quale bisognava insomma fornire commenti pre-cotti e poco o nulla commenti, spunti attivi, per smuovere il dialogo e ripartire su nuovi spunti o riflessioni.
Era ed è un metodo che non mi piaceva. Ne discutemmo con il conduttore con il quale, comunque, sotto il profilo formale, era pur nata una certa ma controversa amicizia, almeno da parte mia. Ma “Tv Talk” continuò ad andare avanti come sempre, con qualche apertura nel dialogare. Anche se affioravano a poco a poco, anzi in modo conclamato. altri problemi, più spinosi.
Quali erano questi problemi. Se ne resero conto coloro che arrivano, nuovi nuovi, per la realizzazione del programma. Questi realizzatori, a fianco di Bernardini, dovevano accelerare il ritmo e capirono che bisognava mutare il metodo del dialogo, aprendolo al contradditorio degli ospiti fissi (Giorgio Simonelli ed io, ai quali si aggiunge Daniele Doglio) e degli studenti o laureati in comunicazione presenti in sala.
Non fu una cura facile anche perchè avanzava, con la richiesta di ascolti a due cifre, cioè al 10% e oltre, di una maggiore leggerezza e spettacolarizzazione delle puntate. Orientamenti giusti che incontrarono varie difficoltà operative, sbilanciamenti, rischi non sempre evitati di un alleggerimento eccessivo in cui entrava surrettiziamente il vento dei reality, dei talent show, dei contenitori, e similari, con colpi di vento trash su trash, spesso abbandonati alla ripetività delle citazioni o dei personaggi- i vip- ammessi in studio.
Ma la questione più sottile era costituita dagli spazi che, nella scaletta delle puntate, si allargavano troppo per dare spazio ai programmi di RaiEducational, specie “La storia siamo noi” , e poi ad “Agrodolce”, e ancora alla fiction prodotta dalla Lux Vide. Niente di speciale, di grave. Anzi , era e poteva essere giusto dare il più possibile spazio a questi programmi, anche se nella redazione di “Tv Talk” e in tutti noi ospiti fissi, la regolarità, o meglio l’insistenza con cui queste citazioni occupavano minuti su minuti della trasmissione, portava tutti- autori e studenti compresi – ad usare una parola che non mi piace ma che uso per chiarezza: marchette.
In onda, non solo io, ma certo più spesso io, cercavo con garbo di fare obiezioni sul merito di queste “scelte”. Non solo. Ho molto spesso lodato “La storia siamo noi” e meno, molto meno, fiction come “Agrodolce” promossa da Minoli ( sceglievo talvolta un silenzio come dire eloquente) o come tanto per fare un esempio l'”Enrico Mattei” della Lux.
Come si sa, questa società è presieduta da Ettore Bernabei, e ai comandi operativi ci sono i suoi figli Matilde. ,mogie di Minoli, e Luca. Stimo moltissimo Ettore Bernabei che è stato non solo un grande direttore della Rai ma senza forse il più grande produttore di televisione proprio con la Lux. Lo ritengo saggio e sopra la mischia. Del resto, i civili dissensi emersi nel corso di “Tv Talk” riguardavano la fiction delle tv, tutte le tv, Rai o Mediaset.
Qualcosa lavorava sotto. Tirava una brutta aria. Nervosismi sparsi. Musi. Mugugni. Anche solo echi lontani. Nel giugno del 20o9 dissi a Mario Maffucci, consulente del programma, che non intendevo più partecipare. L’atmosfera- non il conduttore o gli autori- si era fatta vischiosa, pesante. Stare al gioco non mi piaceva più. Maffucci mi chiese di attendere a ritirarmi. Ma il mio malessere doveva essere filtrato. Preso come occasione. Non venni chiamato da nessuno. Feci qualche telefonata. Sentii solo vaghi ostacoli burocratici collegabili ai problemi di personale della Rai, superabili come mi disse ancora Maffucci.
Ecco tutto. Poi, alla ripresa autunnale, i messaggi di spettatori, di commentatori, di lettori e osservatori (dentro la stessa Rai). E il pardosso di gente che mi vedeva in onda mentre mancavo da mesi. Ne abbiamo discusso in un recente post in questa sede.
Un piccolo episodio. Raccontino estivo senza pretese, senza vittimismo. L’accaduto? Un esempio di darwinismo tv, bonolisiano. Voci e urla dalla foresta. Il mio è un sussurro. Per chiudere un capitolo invisibile della storia di “Tv Talk”, a cui auguro lunga vita. Sul serio per la stima che ho per le persone che vi lavorano.
Italo Moscati