Home Festival di Sanremo Lucio Presta: “Sanremo 2024 sarà il mio ultimo Festival”

Lucio Presta: “Sanremo 2024 sarà il mio ultimo Festival”

Lucio Presta racconta Sanremo 2023, parla delle sue nove edizioni, delinea il futuro del Festival e annuncia il suo ‘ritiro’.

5 Febbraio 2023 09:23

Intervistato da Il Sole 24 Ore alla vigilia dell’avvio ufficiale della 73esima edizione del Festival di Sanremo – che inaugura con la conferenza stampa del lunedì -, Lucio Presta racconta la sua esperienza festivaliera e dà qualche chiave di lettura dei Sanremo di Amadeus, a chi fosse sfuggita. Non lo è, di certo, la strategia trasversalista che ha guidato la scelta dei cantanti in gara e degli ospiti (gli amati ‘superospiti’ nel dizionario Sebastiani), decisamente intenzionata a unire le glorie over, gli amati dagli adulti e i beniamini del giovanissimi, quelli che vendono dischi e singoli, in funzione (anche) di ‘civetta’ per attirare le fasce pregiate del mercato pubblicitario.

“Se vuoi fare una televisione generalista che funzioni, devi necessariamente tenere insieme le generazioni, attraversarle. Rassicurare chi ha qualche anno in più con i propri beniamini, intrigare i giovani con quelli che già seguono grazie ad altri circuiti di fruizione come lo streaming”,

afferma infatti il manager nella bella intervista di Francesco Prisco per il quotidiano economico da sempre molto attento al Festival e ai suoi indotti, musicali e televisivi. E a proposito di streaming, con la serialità che fa la parte del leone nel mercato tv non lineare, Presta dice di aver tentato/provato una formula seriale anche per l’evento lineare per eccellenza.

“Anche Sanremo, in un certo senso, è diventato una serie Tv. Siamo nell’epoca della serialità e il Festival non fa eccezione. Ci siamo inventati un nuovo modo di raccontare all’interno del Festival e un nuovo modo di raccontare il Festival. Una volta funzionava che un direttore artistico, alla vigilia della kermesse, concedesse un’intervista esclusiva a questo o quel giornale su che cosa sarebbe successo all’Ariston, magari facendo infuriare tutti gli altri. La comunicazione sul Festival, con questo schema, si concentrava in poche settimane dell’anno. Con le ultime edizioni di Amadeus ci siamo detti: abbiamo il più grande strumento di comunicazione generalista del Paese che si chiama Tgi: costruiamo attraverso di esso una narrazione che abbracci più mesi e faccia discutere il pubblico per buona parte dell’anno”

afferma Presta. Diciamo che il collegamento con la serialità da streaming – ormai per lo più miniseriale, di certo fruita in autonomia e gestita secondo i propri interessi – rischia di sfuggire un po’. Più semplicemente si tratta di una segmentazione non propriamente seriale – dal momento che la serialità ha comunque le sue regole, le sue forme e le sue strutture – di annunci che non passano per le conferenze stampa – strumento in uso negli anni passati e luogo deputato per i grandi eventi da aggiungere alla logica dell’intervista al singolo quotidiano – ma che si serve della principale finestra di informazione nazionale, che a propria volta si lascia ‘usare’ con entusiasmo per gli ascolti. Strategie comunicative, dunque, di spirito informativo/promozionale, che di seriale hanno solo lo spezzettamento, talvolta selvaggio. Una strategia usata da altri Festival, non televisivi, che cercano così di tenere accesa l’attenzione sull’evento; attenzione che su Sanremo, in quanto evento, non è mai particolarmente venuta meno negli ultimi anni.

La narrazione è ‘clou’ anche della scrittura del Festival, dice Presta:

“Le cose si fanno bene osi fanno male. Se fai le cose bene, il pubblico apprezza. Non servono le sfilate di musica un cantante via l’altro, ma bisogna costruire un percorso, un fil rouge che tenga la storia musicale in piedi”

e in questo interviene più la selezione musicale di Amadeus che la scrittura di uno show che ha come salienza nella sua ragion d’essere l’esibizione di 28 artisti in gara. Per il futuro, Presta continua a perorare la causa dell’addio all’Ariston:

“Inevitabilmente un giorno si dovrà abbandonare l’Ariston e costruire un Palafestival, anzi esorto il proprietario Walter Vacchino e l’amministrazione comunale e regionale a pensare presto a questo progetto. Stiamo parlando del più grande evento televisivo italiano, qualcosa che non ha eguali in Europa. Incredibile che si faccia all’interno di un cinema. Incredibile o forse molto italiano”.

Sul futuro del Festival Presta ha le idee molto chiare, così come sul suo stesso futuro al Festival:

“Con il Festival 2024, che faremo sempre con Amadeus, arrivo al decimo, poi saluto Sanremo”.

Vedremo. Intanto in bocca al lupo a tutti.

 

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