Buona la prima di Sanremo 2022, tra pubblico e Maneskin (se solo si fosse visto qualcosa…)
Sanremo 2022 parte bene, tra commozione, pubblico e Maneskin al top: Fiorello e durata contenuti, ma il problema resta la regia.
Sanremo 2022 è iniziato nel segno della commozione e della gioia. La commozione è quella di Amadeus nel vedere di nuovo l’Ariston pieno di gente, è quella di Morandi che torna al Festival dopo 22 anni e ha l’emozione di un debuttante, è quella trattenuta di Ranieri, anche lui di ritorno dopo un quarto di secolo con una canzone potentissima, ma sporcata da un’esibizione non proprio perfetta (diciamo così), ma anche quella di Damiano dei Maneskin, che chiude idealmente un anno straordinario. Difficile non commuoversi stilando il proprio personale bilancio. L’emozione che passa anche dai grandi sorrisi dispensati dagli artisti: in questo è stata davvero una prima serata all’insegna della ‘gioia’, che Amadeus ha scelto come parola chiave di questa 72esima edizione.
Una serata scivolata piuttosto bene almeno fino a mezzanotte e un quarto, quando ormai si era esibita anche l’ultima cantante (e qui potete trovare il nostro live mentre per la puntata integrale vi rimandiamo a RaiPlay): una gara iniziata subito forte con il battesimo di Achille Lauro, scorsa con un buon ritmo nella successione delle canzoni in gara, almeno fino ai momenti di Fiorello. Lo showman è tornato sostanzialmente per “riprendersi tutto quello che era suo“, bagni di folla e applausi in primis, anche se con momenti non proprio esaltanti. Nel primo lungo intervento – più di 20′- lo show c’è stato negli ultimi tre minuti, con un medley di canzoni tristi arrangiate a samba più che ballabili, con Amadeus scatenato a far da spalla.
Amadeus non conosce ostacoli
E se c’è una cosa che Amadeus fa sempre è che non si risparmia: gli tocca anche pagare pegno per la maledizione lanciata da Fiorello l’anno scorso ai successori. Fiorello lancia anatemi e Ama deve baciare Coletta…
Ma al di là di questo, Amadeus non sa più cosa deve fare: inizia questo Sanremo 2022 facendo il runner per i Maneskin (e diventando un meme), accogliendo Don Massimo (aka Raoul Bova) all’ingresso, cantando con Fiorello (ed è la parte più divertente), conducendo, portandosi sulle spalle anche una Ornella Muti non pervenuta in voce e in presenza. Se a questo servono le figure femminili, certe figure ce le possiamo risparmiare. Con una sola battuta dalla Costa Toscana Orietta Berti se l’è televisivamente mangiata. Il vero generoso sul palco è lui.
Fiorello si contiene ed è un bene
Torna il pubblico e Fiorello si contiene. A parte il mega blocco iniziale, Fiorello resta dietro le quinte e lascia che Amadeus si goda il suo nuovo Festival. Poco è meglio, dopo l’anno scorso quando è servito anche a riempire (per quanto non fosse poi necessario riempire nottate per conquistare lo spazio che fu del DopoFestival). Davvero non c’è un’idea di racconto. C’è solo il “Vieni e fai”; per lo piu repertorio. Ma è quando quando lavora davvero di improvvisazione che Fiorello dà il meglio. Intanto dice che questa prima gli è bastata: dice che va via. In fondo gli applausi avanzati dall’anno scorso li ha presi. Vedremo domani se ci sarà. Ma la preghiera quotidiana anche no. Anche perché si può fare anche senza. Sul fronte spettacolo, tolte le sambe tristi e le canzoni in gara, questo prima serata ha offerto davvero poco.
La gioia è nel pubblico e nei Maneskin
Il pubblico torna, si fa sentire, protesta anche, balla, anche se non si vede tanto quanto meriterebbe (e sulla visione torniamo). Ma c’è: ci si avvicina quasi timidamente, per certi versi l’assembramento fa paura anche a chi cerca, in fondo, un bagno di folla negato da tempo. Ma c’è. Ed è un’emozione anche per chi sta a casa. Tutti con Ffp2, tutti con green pass, tutti con la voglia di riprendersi una diversa normalità, sopra e sotto al palco di questo Sanremo 2022.
Ma i momenti migliori sono quelli con i Maneskin: Zitti e Buoni e Coraline portano di nuovo bella musica – e anche ben amplificata – sul palco dell’Ariston. Intensissima l’esibizione su Coraline, aiutata da una prima parte melodica che tiene ferme le camere (cfr, infra).
Per il resto della parte musicale siamo al primo ascolto e ci vuole tempo per assorbire pezzi molto diversi tra loro: certo confermano le attese della vigilia Mahmood e Blanco – con un pezzo intenso e con una bella messa in scena (se solo si fosse vista, cfr. infra) -, La Rappresentante di Lista (con una coreografia che le cronache dalle prove raccontano aver preso tutto il palco, ma che non si è vista, cfr. infra), Gianni Morandi col pezzo più giovane di tutti anche se arriva diretto dagli anni ’60 (con la camera che insegue la sua mano), Noemi, massacrata però dalla regia… E qua arrivano, per il terzo anno consecutivo, le dolenti note.
Sanremo 2022, la regia distrugge il postulato della PNL e dimostra che si può non comunicare…
Una regia opportunista: questo cercava Vicario. Noi ci saremmo accontentati di una regia, se questo vuol dire almeno mostrare cosa avviene sul palco. Non dico neanche ‘creare’ l’immagine e l’emozione, ma mostrare quello che accade sullla scena, quello che gli artisti hanno pensato, preparato, immaginato. La regia di Vicario invece punta sull’abduzione del pubblico. Sta per succedere una cosa particolare? Via, stacco sull’inutilità circostante per lasciare al pubblico quella libertà di riempire gli spazi bianchi del non detto (e non visto), propria della cooperazione interpretativa. Umberto Eco diceva che i testi sono ‘pigri’ perché hanno bisogno di un fruitore che li interpreti: ecco, Vicario incarna questa ‘pigrizia’ ricercata nel testo, ‘stimolando’ la capacità interpretativa del telespettatore.
Diciamo così.
Nella pratica, però, tutto quello che di bello e particolare succede sul palco non si vede. Da subito. Mentre Achille Lauro prende l’acqua per battezzarsi, la camera stacca sul coro gospel, per poi tornare con la ormai celebre ‘Inquadratura Annegamento’ testata nel 2020. Il battesimo di Lauro lo vedono solo in teatro.
Così come vedono solo in teatro la coreografia de La Rappresentante di Lista (che aveva preso tutto il palco, ma si vede solo lei), l’avvicinamento di Mahmood e Blanco in un pezzo intensissimo, giusto per citare i buchi più evidenti. Ma poi è un fiorire di stacchi a caso (lo stacchismo della prima edizione è assolutamente peggiorato), di movimenti inutili, di effetti maremoto del tutto evitabili e che, anzi, distolgono dalla canzone. Penso all’esibizione di Noemi, alle mani inseguite di Morandi, ai dolly vaganti, ai primissimi piani soffocanti. Ma è l’insieme a stonare. Non c’è una partitura, un’idea di racconto, un filo narrativo per le canzoni. Siamo di fronte alla continua sensazione di un muovere la macchina tanto per fare. Fastidiosa. E sui Maneskin si arriva davvero al mar di mare: del resto Zitti e Buoni non eravamo riusciti a vederla l’anno scorso, perché riuscirci quest’anno. E beccare di striscio l’abbraccio commosso di Damiano e Amadeus è roba da peccato mortale.
Eppure certe luci riescono ad essere suggestive e sui bianchi e neri – più che su quel nerazzurro Inter certo caro ad Amadeus su cui però gli artisti scompaiono – e con i pezzi senza batteria si riesce persino a provare qualcosa. E’ il caso di Coraline, è il caso di Massimo Ranieri (che speriamo torni in forze e a voce piena), anche di Mahmood e Blanco, se solo si fosse riusciti a cogliere la tensione continua tra i due: una speranza vana.
Anche il pubblico resta di sguincio: lo chiami, lo aneli, lo vuoi e poi lo riprendi dalla piccionaia, di traverso e tra le griglie. Meno male che si è fatto sentire.
Insomma, buona la prima soprattutto per quel che abbiamo sentito. E per quella chiusura all’1.10 che sa di miracoloso: a voler essere puntigliosi, si poteva chiudere anche una mezz’ora prima, MA PER CARITA’, mi è parsa quasi una durata accettabile. Il meglio verrà dalla terza serata.
Per la tele-visione citofonare altrove.