“Studiate e lavorate”: l’appello di Barbara Palombelli alle giovani donne da Sanremo. Ma il suo monologo…
Un monologo rivolto alle donne, in chiave sanremese. Ma la resa non privilegia il messaggio
Si è presentata come “nonna valletta”, ha presentato i cantanti, confidato ad Amadeus che chiama suo marito e suo nipote allo stesso modo, “cucciolo”, ed alla fine ha raccontato qualcosa sulla sua vita, in chiave sanremese. La presenza di Barbara Palombelli al Festival di Sanremo potrebbe paragonarsi a quella di Rula Jebreal dell’anno scorso, con la differenza che se quest’ultima aveva provocato un’ondata di polemiche, la signora di Forum e Stasera Italia più che polemiche, al suo annuncio da parte del direttore artistico, ha provocato stupore.
Eppure, Palombelli è il personaggio che compare di più in tv durante la settimana: la sua presenza tra i telespettatori del pubblico generalista è ben nota, e la mossa di Amadeus, in fin dei conti, ci sta tutta: avere sul palco una giornalista che sa stare sul pezzo ed al tempo stesso essere un volto rassicurante per quel pubblico che, in questo Festival di tanti volti nuovi, si potrebbe essere sentito un po’ disorientato.
Palombelli si è rivolta così a chi preferisce il ricordo, con un monologo (che in realtà aveva l’aria più di una tesina) sulla musica che l’ha accompagnata lungo la sua vita. “E’ una serata che voglio dedicare alle donne italiane, che hanno il compito di tenere aperto il Paese”, esordisce la giornalista.
E le donne sono centrali lungo il suo discorso, che la vede protagonista: un filo doppio, verrebbe da dire, che unisce la sua vita, il rapporto con il padre, il desiderio di dimostrargli la sua indipendenza e tenacia arrivando a scrivere prima per il Corriere della Sera e poi per la Repubblica alla Storia dell’Italia, che passa per le donne.
In mezzo, i brani che hanno sottolineato gli anni più difficili e spensierati del nostro Paese: “Non ho l’età”, “Ciao amore ciao”, “Chi non lavora non fa l’amore”, “Vacanze romane”, “Uomini soli”, “Portami a ballare” e “Fai rumore”.
Proprio con questo brano, Palombelli lancia un appello alle nuove generazioni di donne: “Studiate fino alle lacrime, lavorate fino all’indipendenza. Le donne devono assolutamente contribuire alla nascita di questo Paese: ci credo, dovete correre, non fatevi togliere il fiato e la dignità. Non dobbiamo essere prudenti, dobbiamo osare, facciamo rumore”.
Una quota generalista, quella di Palombelli, in un Festival che vuole (e deve) sempre puntare ad un’offerta che sappia guardare al futuro e trovare la musica del domani. Forse anche per questo il suo intervento, confezionato senza nessun guizzo a livello creativo e visivo, non ha colpito nel segno come avrebbe dovuto. Il messaggio è arrivato, ma la resa in scena avrebbe meritato maggiore studio, per cura del messaggio stesso e di chi lo ha veicolato, in virtù anche di tutte quelle ore passate in tv e del pubblico affezionato.