Sanremo 2020, Amadeus semina e Fiorello raccoglie la standing ovation da special guest star
Amadeus chiama la standing per l’amico Fiorello. Che se la prende tutta.
Un ballo lento da adolescenti, un abbraccio tra amici che condividono 35 anni di storia personale e professionale, un tutorial su come si conquistavano le ragazze un tempo, anche un monologo sulle: “Ma ti rendi conto di quello che abbiamo fatto a Sanremo?” dice Fiore all’amico Amadeus nel blocco che segna di fatto la fine di questa avventura sanremese di Fiorello. Un sogno quello di avere Fiorello all’Ariston – se non come conduttore, almeno come ospite fisso per tutto il Festival – coltivato per anni dalla Rai e reso possibile da Amadeus; un sogno realizzato che ha contribuito a portare ascolti a dir poco sostenuti, anche in serate davvero lunghissime che non hanno avuto come filosofia quella di dare centralità alla gara.
Al netto di questo, però, il saluto dell’Ariston a Fiorello è stato quantomeno particolare, nel senso che la platea del Festival ha omaggiato l’ospite con una standing ovation tributata per il successo di questo Festival come se di fatto fosse lui il padrone di casa. Una standing accolta senza falsa modestia da colui che ha alternato il ruolo di spalla (cfr. nell’affaire Bugo-Morgan) a quello di co-conduttore (come in alcuni momenti ospiti o nelle esibizioni di Achille Lauro), ma di fatto percepito soprattutto come special guest star, con duetti dedicati, performance da one-man show, quasi fosse un resident show lasvegasiano o uno spin-off rivierasco di Viva RaiPlay!. Se solo ci fosse stata meno gara e meno (altri) ospiti…
“Fiorello ha illuminato questo Festival. Non sarebbe venuto così bene se non ci fosse stato lui”
dice Amadeus mentre dall’Ariston parte una standing ovation, con i vertici Rai in piedi e già pronta la proposta per un Sanremo Bis perla coppia dei ‘Ragazzi di Via Massena). Nessuna standing per Amadeus, però, che fino alla fine ha tenuto la barra dritta – anche verso rotte sbagliate come la costruzione narrativa su cui mi sono fin troppo ripetuta -, hon ha rinunciato mai all’autoironia, ha dovuto compensare una scrittura talvolta imbarazzante e delle scelte per molti ingenue ma da lui convintamente rivendicate, e si è caricato sulle spalle, da gran signore, tensioni, problemi, errori, ‘megalomanie’, responsabilità anche conto terzi. In un secondo Festival però potrebbe partire più leggero: non servono tante portate da servire e neanche stampelle per camminare. Può stare tranquillamente un passo avanti agli altri.