Home Festival di Sanremo Sanremo 2016, i testi delle canzoni con poco ‘cuore’ e senz’anima: meno male che Elio c’è

Sanremo 2016, i testi delle canzoni con poco ‘cuore’ e senz’anima: meno male che Elio c’è

Sanremo 2016 è arrivato: in attesa della prima serata diamo un sguardo ai testi delle canzoni dei Big in gara.

pubblicato 9 Febbraio 2016 aggiornato 2 Settembre 2020 04:58

Il Festival è alfin giunto: da stasera tutti cantano Sanremo, visto che finora l’abbiamo solo potuto leggere sui testi diffusi da Sorrisi. Anche noi abbiamo buttato un occhio sulle 20 canzoni dei Big, provando a fare qualche osservazione di tipo linguistico. Nulla di strettamente analitico, nessuno spoglio puntuale di occorrenze e fenomeni, ma uno sguardo ‘a volo d’uccello’ alla ricerca di qualche coloritura, di qualche tratto distintivo, di una qualche nota interessante che ci racconti il tipo di italiano che vien fuori da questi 20 brani. E vediamo cosa ne è uscito.

Sanremo 2016 | Quanto Amore e quanto Cuore nei testi dei Big?

Partiamo da qualche dato puramente numerico.
Tutti a dire che Sanremo è il trionfo delle rime ‘Cuore’ e ‘Amore’. E invece in questo Sanremo 2016 non c’è una sola combinazione del genere. Dei 5188 lemmi contati nei 20 brani dei Big – e riferiti ai testi pubblicati da Tv, Sorrisi e Canzoni di martedì 2 febbraio 2016 – il lemma ‘Amore’ (non nelle sue derivazioni) è usata solo 32 volte e mai in rima con Cuore, che peraltro appare solo 8 volte.

In più ‘Amore‘ non è presente in tutte le canzoni, anzi si concentra in pochi pezzi: la ‘classifica’ vede Annalisa in testa con 9 occorrenze, seguita a ruota da Fragola (8), Ruggeri (6, ma va considerato che ce l’ha nel titolo, ‘Il primo amore non si scorda mai’), Zero Assoluto (3), Pravo (2) e poi Scanu, Fornaciari, Stadio e Noemi, tutte con una sola occorrenza.
Con ‘Cuore‘ va anche ‘peggio’: in tutto se ne contano 9, ma qui le proporzioni cambiano, visto che gli Zero Assoluto conquistano il ‘record’, aggiungendo ai 3 ‘Amore’ di prima anche 3 ‘Cuori’. Elio invece piazza due ‘Cuore’ nella sua Vincere l’odio, seguito da Noemi, Michielin, Clementino e Dear Jack che hanno un ‘cuore’ solo. Dite la verità, vi aspettavate peggio.

Sono invece più numerose le occorrenze di ‘Tempo’, presente per 12 volte, con una prevalenza nella canzone di Morgan e Bluvertigo che lo usano in combinazione con ‘Spazio’.

 

Sanremo 2016 | Tanta ‘tv’ nelle (meta)canzoni

Quattro canzoni su venti citano la tv.

Sto partendo con il treno per andare a Kathmandu
dove ti sei trasferita per fondare una tv

cantano Elio e le storie Tese in Vincere l’odio, mentre Morgan e i Bluvertigo in Semplicemente si riservano un lapidario

Televisione banale

Rocco Hunt ne parla due volte in Wake Up, facendoci sapere che

In questi giorni ero un po’ triste, ed ho fumato un po’ di più.
Mi sono fatto due risate con la politica in Tivvù

e che

nei programmi il pomeriggio imbambolate quest’Italia.

Per ironia della sorte (o furbizia di Conti), Rocco Hunt canterà per la prima volta Wake Up proprio al martedì, il giorno ‘deputato’ ai talk politici in tv, con Ballarò e DiMartedì che non hanno rinunciato ad andare in onda contro la prima serata di Sanremo. Sui programmi del pomeriggio, invece, ogni riferimento a programmi e/o persone è puramente intenzionale.

Se Elio ironizza, Hunt e Bluvertigo ci tengono particolarmente a far sapere la propria opinione, non propriamente lusinghiera, sulla televisione. Curioso che lo facciano proprio dal palco di Sanremo, che nell’immaginario collettivo resta quel che di più ‘nazional-popolare’ la tv italiana ci possa offrire.

Hunt arriva alla massima referenzialità, cantando di sé a Sanremo.

Fin quando avremo voce canteremo,
Chi lo fa in stanzetta e chi lo fa a Sanremo.

Non manca Sanremo così come non manca la ‘metacanzone’. Il morfema ‘Canzon-‘ compare 9 volte nelle 20 canzoni, con 3 occorrenze sia nel pezzo di Annalisa che in quello degli Elii. A Sanremo tutti cantano, in fondo.

Sanremo 2016 canta un italiano (neo)standard e di base

L’italiano di Sanremo 2016 segue il trend della storia della canzone italiana recente. Un italiano sostanzialmente vicino alla varietà dell’Italiano dell’Uso Medio (cfr. Francesco Sabatini, 1985*), ma davvero sporadico, più che altro riscontrabile in qualche indicativo al posto del congiuntivo (“Sento come se hai paura“, Lorenzo Fragola) qualche costrutto rafforzativo (“Lo Stato non ci sente, specialmente a noi del Sud“, Rocco Hunt) in cui si risente qualche coloritura regionale. Ma in 20 canzoni non è stato individuato neanche un ‘che polivalente’ (ricordate Jovanotti di Ragazzo Fortunato perché “non c’è niente che ho bisogno“?), anche se Fragola tende a forzare i congiuntivi oltre i limiti con

Infinite volte ho detto
Che non avrei più vissuto
Nessun altro amore che non sia tu.

Magari un ‘Fossi’ ci sarebbe stato meglio.

Per il resto le note di colore le offrono i rapper campani, che mescolano italiano (anche con un pizzico di variante regionale di Italiano, come in Hunt che usa ‘stare’ nel senso di ‘essere’ nel verso “Chi lavora sempre ma non sta sicuro“) e dialetto. Non è proprio una novità per Sanremo, anche se non sono mancate le edizioni in cui è stato addirittura proibito qualsiasi forestierismo nei testi. Rocco Hunt, invece, titola in inglese: il suo testo passa così dal Neostandard all’italiano regionale per arrivare all’anglismo.

Piccolissima notazione sul lessico: anche in questo caso un rapido, ma non esaustivo, spoglio delle 20 canzoni permette di inquadrarlo nel novero del Vocabolario di Base. I testi sanremesi, insomma, si ‘nutrono’ di lemmi di uso FOndamentale, di Alto Uso e di Alta Disponibilità. Il massimo della comprensibilità, insomma. Si registrano al massimo lemmi di uso COmune, nel quale rientrano ‘Smarrire’, ‘Intonare’, ‘Utopia’, ‘Azzerare’, ‘Scalfire’, ‘Impigliare’, persino l”ellenizzato’ usato da Elio. Unica traccia di uso ‘volgare’ lo troviamo nel ‘Puttana’ cantato da Annalisa.

Sanremo 2016 | Elio crea neologismi

E restiamo su Elio, che regala gli unici guizzi di una lingua sostanzialmente appiattita sull’uso medio e di base. Il suo sguardare vale il prezzo del biglietto: il verbale denominale (da “sguardo”) è di una semplicità disarmante, ma linguisticamente efficace. I suoi calembour con Paolo/San Paolo, Topinambur/topinamburbera/burbera sono in fondo la sua cifra, insieme alla sperimentazione musicale (considerato che nel suo pezzo ci sono 6 diversi ritornelli musicali, uno per strofa). Se a questo uniamo la creazione di un testo – ancora inedito – per la cover del giovedì (per la quale hanno scelto la Quinta di Beethoven nella versione de La Febbre del Sabato Sera) e la tecnica Acapulco per la pronuncia del fonema /p/ nella loro canzone, diciamo che con gli Elii possiamo respirare una boccata d’aria.

Sanremo 2016 | Non c’è ‘Storytelling’

Ci serviamo consapevolmente di uno dei termini più abusati (e semanticamente mistificati) della recente comunicazione politica per un’ultima notazione, meno ‘strettamente’ linguistica e più impressionistica. Uso ‘storytelling‘, però, nella sua accezione primaria, narrazione. Ecco, a Sanremo 2016 manca la fascinazione della narrazione. Tutto è fin troppo ‘fattuale’, addirittura referenziale, da lasciare poco all”immagine’, all’evocazione, al non detto, al suggerito.
C’è qualche sforzo in Noemi, che cerca di partire da concreto – gli oggetti che invadono le borse – per raccontare le donne: è una delle poche che cerca di costruire qualcosa. Si sente la mano di un narratore…
Ci riescono invece gli Stadio con una canzone semplicissima, senza gli arzigogoli retorici (nell’accezione negativa del termine) che invece abbondano altrove, che racconta con in un verso la lotta di un padre tra doveri e tentazioni, tra passione e amore, “in mezzo a una vita che poteva andare”:

Un giorno ti dirò
Che ho rinunciato agli occhi suoi per te

canta un padre alla figlia. C’è una vita dentro e il tocco del cantautore si sente. Anche una certa matrice ‘bolognese’. Non riesco a non pensare a quel

l’unico vestito
ogni giorno più corto

di Lucio Dalla in 4 marzo 1943. E un ‘certo qual link’ tra Stadio e Dalla c’è, nevvero.

Sanremo 2016 | Le citazioni

Non mancano certo citazioni e riferimenti nei testi di Sanremo 2016: ne sono ricchi soprattutto i testi di Clementino e Rocco Hunt, che in fondo sul piano linguistico – vuoi per il mix di varietà e registri, vuoi per l’ancoraggio contemporaneo, vuoi per l’uso di anglismi – risultano i più dinamici.

La più evidente è in quel Scetateve che l’aria è doce in Rocco Hunt è una pluralizzazione di un celebre verso di Marechiare, di Salvatore di Giacomo. La sua citazione, poi, si aggancia a tutto il riferimento anche comunicativo-politico della ‘sveglia’ (e in fondo il testo di Hunt potrebbe essere ben adottato da qualche giovane Movimento politico come inno). Per rimanere sul fronte ‘citazione’, personalmente trovo tutta la canzone di Clementino una versione 2.0 di Lacreme Napulitane, di Libero Bovio.

Sanremo 2016 | In sintesi

Linguisticamente interessanti Elio e le Storie Tese e le due canzoni italo-dialettali. Narrativamente interessanti Noemi, Ruggeri, Pravo e Stadio. Ma stasera le ascolteremo per la prima volta. Ed è possibile che tutto cambi.

 

NB. Il video di apertura è per ricordare che al Festival c’è stata ‘A’….

*cfr. Francesco Sabatini, “L’italiano dell’Uso Medio: una realtà tra le varietà linguistiche italiane”, in Günter Holtus ed Edgar Radtke, Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, Gunter Narr Verlag, 1985; cfr. Gaetano Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Carocci, Roma, 1987.

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