Sanremo 2013, Francesca Montinaro a TvBlog: “Ho rotto un tabù. La mia scenografia tra il Barocco e Fontana”
Francesca Montinaro, scenografa di Sanremo 2013, si racconta a TvBlog.
Intervistata dalla nostra Arianna Ascione, Francesca Montinaro, prima donna ad aver concepito e disegnato la scenografia del Festival in 63 anni di storia, ha raccontato la sua opera sanremese.
In effetti ‘opera’ ci sembra la parola più giusta, visto che il suo palco sembra uscito da una grande produzione lirica contemporanea, di grande eleganza, grande fascino e grandi potenzialità televisive esaltate dalla regia luci di Ivan Pierri e dalla regia tv di Duccio Forzano, con il quale la Montinaro collabora da tempo. Ottima premessa perché il progetto scenografico non ‘stoni’ con il plot narrativo del Festival di Fazio, anzi ne sia rappresentazione visiva e spettacolare, come sottolinea la stessa Montinaro:
“La scenografia, intanto, è nata in un bellissimo clima di simbiosi con il regista. (…) L’idea è nata mettendo al centro visivo l’orchestra… ci siamo detti ‘Parliamo degli orchestrali uno a uno, facciamo vedere che la musica è al centro”,
proprio come Fazio e i suoi hanno fatto, sperimentando (con successo) la formula della doppia canzone che ha ‘ridimensionato’ la centralità del personaggio/Big a favore del suo ‘progetto’ musicale.
Al centro del palco poi, anche la ‘celeberrima’ scala di Sanremo, trasformata in un elemento plastico e ‘fictionale’ dalla Montinaro che nella sua ispirazione ha voluto richiamarsi alla tradizione teatrale italiana e all’arte contemporanea:
“Il primo riferimento è stato lo spazio teatrale barocco, che è nelle macchine teatrali. Poi cosa queste macchine fanno per me è l’elemento informale. Il taglio della scala per me è come il Taglio di Fontana”.
Mica poco… Ma la parola d’ordine, più che ‘taglio’ è ‘strappo’:
“E’ un progetto tutto italiano. Ho voluto parlare di noi e lo strappo è proprio lo strappo dei tempi… Ma spiegarlo è riduttivo. Io sono molto felice perché molte persone mi hanno detto ‘Mi ha emozionato'”.
E a noi ha emozionato sentirla raccontare del suo lavoro, della contemporaneità e della scala: Luciana Littizzetto l’aveva paragonata alle mani di Edward Mani di Forbice e in effetti il concetto delle ‘mani’ è centrale, come racconta nella bellissima intervista di Arianna. E il suo racconto è affascinante, come la sua scenografia, calda, tra pieni e vuoi, tra visibile e invisibile, senza manie di protagonismo, ma mettendosi al servizio del racconto. E finalmente senza ledwall!