Sanremo 2009 – Aspettando il verdetto dell’Auditel
Di tutta la rassegna stampa sanremese di oggi – infinita, monumentale, biblica, impossibile da leggere tutta. Di tutta quella che sono riuscito a leggere, dunque – mi piace citare l’incipit del pezzo di Gabriele Ferraris su La Stampa che, peraltro, paragona la lotta di Bonolis per salvare il Festival alla Guerra dei cent’anni. Epico, amaro
Di tutta la rassegna stampa sanremese di oggi – infinita, monumentale, biblica, impossibile da leggere tutta. Di tutta quella che sono riuscito a leggere, dunque – mi piace citare l’incipit del pezzo di Gabriele Ferraris su La Stampa che, peraltro, paragona la lotta di Bonolis per salvare il Festival alla Guerra dei cent’anni. Epico, amaro e ironicamente realista. Ma non è questo che ci interessa. L’incipit, dicevamo. Scrive, Gabriele Ferraris:
Lo ammetto, è frustrante. Mentre scrivo, va in onda la prima serata del Festival di Sanremo, e quindi ignoro l’unica notizia che conta per il Festival di Sanremo: quanti spettatori hanno visto la prima serata del Festival di Sanremo. Voi, se vi interessa, stamattina lo vedrete su televideo. O su internet. E’ la pena della carta stampata: i nuovi media soffocano i vecchi media. Ho però sensati motivi per supporre che gli ascolti della prima serata non saranno tali da esaudire appieno le speranze di Fabrizio del Noce. […] Vale, anche per Sanremo, il suesposto principio: i nuovi media soffocano i vecchi media – nel caso, la tivù generalista.
E’ un attacco di pezzo estremamente lucido, che denota – vivaddio – conoscenza del mezzo di cui si parla e anche realismo.
Certo, per i nostri lettori non sarà una novità. Ma persino loro, saranno qui – come noi, fra pochi minuti – a aspettare i risultati dei nudi numeri, quelli che decretano – finché governerà il dio-Auditel – il successo o il flop di un programma. Persino del Festival di Bonolis. Eppure, questa attesa e le sagge parole di Ferraris, che non potendo fornire La Notizia (i numeri, appunto), gioca sagacemente sul suo spunto di riflessione, dovrebbero far riflettere.
E far capire come l’Auditel non dovrebbe più essere quel dio castigatore ai cui altari sacrificare agnelli belanti. Perché l’Auditel è – magari come il Festival, chi dice di no – obsoleto. E non è più in grado di misurare non solo qualitativamente – mai stato – ma nemmeno quantitativamente l’apporto che l’entertainment – perdonatemi l’inglesismo. Mi pare di dare più importanza al termine – ha sulla vita di tutti i giorni del pubblico/consumatore. Attendiamo, comunque, anche noi, come voi, L’Unico-Responso-Che-Per-Ora-Conta.