Sandro Sabatini a Blogo: “Non lascio Mediaset, vorrei fare qualcosa extra sport. Buffon dopo Real-Juve? Ho mancato di rigore giornalistico”
Leggi l’intervista di Blogo al giornalista che per quasi tre anni ha condotto su Mediaset e su Premium le serate di Champions League: “Abbiamo fatto un lavoro eccellente, Sky dovrà impegnarsi per fare altrettanto”
L’assunzione a Tuttosport, l’esperienza come addetto stampa dell’Inter (1994-2001), quindi gli undici anni a Sky (2004-2015), fino al passaggio a Mediaset, dove negli ultimi tre anni (o quasi) ha condotto le serate di Champions League in chiaro e sulla pay tv Premium. Ed ora, a giugno, arriveranno i Mondiali, che seguirà da Milano.
Nell’intervista di Blogo Sandro Sabatini traccia il bilancio della copertura della Champions operata dal Biscione. Ma non solo: affronta i casi spinosi legati agli opinionisti Maurizio Pistocchi e Arrigo Sacchi, fa mea culpa per il trattamento troppo ossequioso riservato a Buffon nel dopo partita Real Madrid-Juventus e parla del suo futuro, tra il sogno Australia e la voglia di dedicarsi a temi extra sportivi.
Un bilancio dei tuoi primi tre anni a Mediaset e Premium. Da gennaio 2015 hai seguito da vicino la Champions League.
Ho ereditato a gennaio 2016 una trasmissione fatta assolutamente bene da Marco Foroni, poi passato a dirigere Fox Sports. L’esperienza è stata positiva per quello che riguarda gli ascolti – che però dipendono dalle squadre italiane impegnate. Anche per quanto riguarda il prodotto in sé il riscontro è stato positivo, per esempio sui social, dove c’era una iniziale diffidenza. Si diceva ‘ma Sky è un’altra cosa’. Col tempo questi messaggi sono scemati. È spiacevole fare paragoni, ma, senza voler aprire polemiche, abbiamo fatto un buon lavoro.
Lo pensavi anche tu che ‘Sky è un’altra cosa’?
Sarò sincero: dal punto di vista della comunicazione del prodotto Sky è un passo avanti; dal punto di vista del prodotto in sé, avendo avuto la possibilità di confrontarli io in prima persona, penso che Sky dovrà impegnarsi molto per fare meglio di Mediaset nei prossimi 3 anni di Champions League.
Insomma, non è detto che Sky raggiunga il livello di Mediaset?
Non è detto, ma lo spero per loro, che sono bravi colleghi, e per il miglioramento complessivo della televisione italiana. Dico che nel pre e post partita con Mediaset si è raggiunto un ottimo livello, un livello di eccellenza.
E per quanto riguarda le partite di Serie A?
Non ne parlo perché preferisco parlare della produzione nella quale io sono stato impegnato. Sarebbe indelicato parlare di altro.
Su Wikipedia leggo: “nel 1990 diventa il più giovane giornalista accreditato per la Coppa del Mondo di calcio in Italia”. La fonte non è però verificata.
È vero. Per Italia 90 andai a fare l’accredito a Milano, lavoravo per Tuttosport; c’era un database e per via della mia curiosità dei 28 anni non ancora compiuti e per attaccare bottone con una bella ragazza che era lì a consegnare gli accrediti, chiesi un’informazione e scoprii che negli accrediti nazionali ero il più giovane! È stata una maledizione, però, perché in tutte le successive edizioni del Mondiale, per un motivo o per un altro, non sono riuscito ad accreditarmi e a seguirli in trasferta (avverrà la stessa cosa per quelli in programma in Russia, che seguirà per Mediaset da Milano, Ndr).
E con la ragazza come andò?
Mi rispose in maniera stizzita, aveva capito che ci stavo provando! Ma la notizia comunque me l’ha data, eh!
Per quale squadra tifi?
Da ragazzo sono stato tifoso della Roma, perché sono nato a Roma ma poi sono cresciuto a Montecatini e volevo fare quello originale. Da quando ho iniziato a fare il giornalista ad un certo livello, cioè da quando sono stato assunto a Tuttosport nel 1987, il tifo è scemato. Sarei un bugiardo se dicessi di non avere simpatie, ma sono simpatie per singoli giocatori o allenatori.
Tra gli allenatori per i quali fai il ‘tifo’ c’è quello della Juventus Massimiliano Allegri. Che rapporto avete nella vita quotidiana?
Il rapporto risale a molti anni fa, quando iniziò la carriera da allenatore. L’amicizia e la stima sono rimaste intatte e ciò non è facile quando entri in un mondo nel quale invece di guadagnare 50 mila euro all’anno ne guadagni 5 milioni. Questo fa capire lo spessore di Allegri. Il rapporto è molto schietto: gli chiedo notizie, se non me le dà, non mi offendo. Mi dice quel che mi può dire. Non mi sono mai permesso di dirgli che secondo me doveva giocare uno, anche se lui capiva che lo pensavo, e lui non si è mai permesso di dirmi che ci doveva essere un ospite al posto di un altro. Anche se in alcuni è stato evidente che lo pensasse (ride, Ndr). E non mi far andare oltre…
Posso immaginare.
Hai immaginato bene.
Il fatto che Arrigo Sacchi in questa stagione abbia commentato poche volte le partite di Champions della Juve è una coincidenza o una scelta precisa?
Nelle sei partite dei gironi ha commentato la Juve due volte, negli ottavi ha fatto la Roma, poi ha saltato i quarti di finale per un intervento chirurgico. Per i quarti era previsto che commentasse la Juve. Detto questo, è chiaro che per una questione di ammirazione personale nei confronti di Sarri era piacevole e rendeva di più inserirlo quando c’era da commentare il Napoli.
Dal marzo 1994 al gennaio 2001 hai fatto l’addetto stampa dell’Inter. In quel periodo tifavi per i nerazzurri?
Sì, certo. In quei casi le fortune o sfortune professionali sono direttamente collegate alla squadra. È stata un’esperienza che mi ha permesso di conoscere allenatori e giocatori anche a porta dello spogliatoio chiusa. Sono riuscito a cogliere gli aspetti umani e i particolari che mi hanno permesso di creare un legame di affetto. Un’esperienza che mi ha migliorato professionalmente anche come giornalista: oggi quando vedo certe interviste di allenatori e calciatori, sono in grado di capire il retro-pensiero.
A tal proposito, da addetto stampa della Juventus avresti lasciato Buffon esprimersi così dopo Real-Juventus o lo avresti prima fatto calmare?
In linea teorica l’addetto stampa tira per la giacchetta Buffon e gli dice ‘stai calmo, sii più diplomatico’. In pratica, di fronte ad un monumento come Buffon, non esiste alcun addetto stampa in grado di limitare o indirizzare Buffon. Invece, io sono stato molto criticato per non aver controbattuto a Buffon quando usava espressioni obiettivamente esagerate nei confronti dell’arbitro. Pochi se ne sono accorti, ma ogni volta che Buffon diceva una parolaccia, alle mie spalle in studio scattava un tentativo di applauso da parte del pubblico. Ho rivisto la scena – ed io non lo faccio mai: dicevo ‘calmi, calmi’ al pubblico; questo mi ha fatto perdere la percezione della densità delle dichiarazioni di Buffon e un po’ di rigore giornalistico. Non me la sono sentita in quel momento di dirgli ‘guarda che il rigore c’era, stai esagerando nella reazione’. Non me la sono sentita di fermarlo, placarlo e redarguirlo. Il suo era uno sfogo e Buffon andava rispettato anche nelle sue debolezze. Col senno di poi si possono dire tante cose.
Il tuo è una specie di mea culpa, dunque.
Sì, ma detto ciò, quello era un post-partita, non un’intervista da Maurizio Costanzo o da Fabio Fazio. Era un’intervista a caldo, con Buffon che in pratica stava ancora giocando la partita in quel momento.
Parliamo di Australia?
(ride, Ndr).
Prima di passare a Mediaset nel 2015 avevi maturato il progetto di cambiare lavoro e trasferirti in Australia con la famiglia.
Sì, avevo stretto una società con un mio amico per un ristorante italiano in Australia. Lo facevo per me e per i miei figli, dando loro la possibilità di studiare all’estero. Avevo immaginato anche di lavorare come giornalista lì, in Australia. Mentre questo progetto si stava perfezionando e nel frattempo ero diventato direttore di Calciomercato.com, mi ha telefonato Alberto Brandi. Siamo andati a pranzo con Yves Confalonieri e ho capito che forse avevo ancora qualcosa da dire… e che loro volevano che io la dicessi. Così ho detto: ‘L’Australia può attendere’.
Nel frattempo sono passati tre anni.
All’inizio a Mediaset avevo un contratto a tempo, ora sono diventato capo-redattore. Adesso mio figlio andrà a studiare all’estero perché il suo liceo lo prevede al quarto anno. Ma da babbo sono ancora molto preoccupato per il futuro dei giovani e per il mondo del lavoro…
Sei preoccupato anche per il fatto che Mediaset, al momento, non ha i diritti per trasmettere praticamente nessuna partita di calcio per i prossimi tre anni?
La partita è ancora lunga (si riferisce all’annullamento del bando per i diritti di Serie A, Ndr), ma da parte dell’azienda c’è stata la rassicurazione che le risorse saranno impiegate per lo sport in chiaro, che siano telegiornali, contenitori o talk show. Quindi questa preoccupazione non ce l’ho. Dal punto di vista professionale non nascondo che se all’interno di Mediaset ci fosse la possibilità di fare un tentativo extra sport, come hanno fatto tanti giornalisti come Gramellini e Feltri che arrivano entrambi dallo sport, io lo farei molto volentieri, in tv o altrove.
Lo faresti anche fuori da Mediaset?
A Mediaset mi trovo molto bene. Non penso ad altre tv. Sono riconoscente a Mediaset e siccome lo sono non soltanto a parole, ma anche nei fatti, non mi ci immagino a tradire Mediaset dopo tre anni.
Proposte da altre tv però ti sono arrivate?
So di farmi un autogol dicendolo, ma, sinceramente, le proposte non le ho avute (ride, Ndr).
E pensando alla carta stampata, non hai provato a sondare il terreno?
No, non ho mosso niente, l’ho detto a qualche amico che c’è a Mediaset.
E cosa ti hanno risposto?
Le faremo sapere (ride, Ndr)
Antonio Ricci anche nelle occasioni di grandi match di Champions League riesce a piazzare Striscia la notizia, pur in versione ridotta, dopo il Tg5, togliendo spazio prezioso al pre partita. Hai chiesto spiegazioni a riguardo?
Non ho mai chiesto spiegazioni a riguardo, anche perché avrei più possibilità di vittoria se chiedessi alle due veline di Striscia di uscire con me a cena rispetto al fatto che venga tolta Striscina la notizina. E ho detto tutto.
Veniamo al caso Pistocchi, che ha lamentato di essere stato escluso dagli opinionisti di Mediaset per le sue posizioni anti-juventine. Gli opinionisti vengono scelti in base al gradimento delle società di calcio?
No, non scherziamo. Sul caso Pistocchi non tocca a me rispondere, perché la decisione è stata dei vertici aziendali. Nella vita tutto è in prestito, me lo disse Moratti quando lavoravo all’Inter. Esistono i momenti della vita in cui sei conduttore, momenti in cui sei opinionista e così via. Ma non scherziamo sul fatto che ci sia un condizionamento da parte delle società di calcio sui giornalisti o sugli ospiti in studio. Lo escludo assolutamente.
C’è una legge di marketing però secondo la quale per commentare la partita della Juve è preferibile avere in studio Alessio Tacchinardi invece che un ex giocatore considerato ostile ai tifosi bianconeri.
La maggior parte dei tifosi deve riconoscersi in un opinionista, per questo la composizione degli ospiti tiene conto del tifo al quale è riconducibile un opinionista.
In pratica una lottizzazione.
È brutto detta così, sembra di tornare alla politica degli anni ’80, ma ii pubblico si deve identificare. Di solito il parterre si compone così: l’ospite contro, l’ospite neutrale e l’ospite a favore.
Per la finale di Champions League in programma sabato prossimo in diretta su Canale 5 cosa offrirà il pre e post partita che condurrai?
In studio a Kiev ci sarà uno studio condotto da Pierluigi Pardo, mentre abbiamo inviati a Madrid e Liverpool. Con me ed Eleonora Boi in studio a Milano ci saranno Ciro Ferrara, Arrigo Sacchi e Marco Amelia. Faremo in modo che sia un promo per il Mondiale, per far capire a tutti che Mediaset è forte.
Le tue compagne di viaggio sono state la appena citata Eleonora Boi (per un anno) e Giorgia Rossi (un anno e mezzo). Non vallette mute, mi pare.
Quando presi il posto di Marco Foroni, chiesi solo una cosa a Mediaset: avere la presenza femminile più come co-conduttrice, anche perché venivo dall’esperienza di Sky Sport 24 dove la doppia conduzione aveva dato soddisfazioni. L’esperimento è riuscito. Sono molto grato a Giorgia Rossi ed Eleonora Boi perché si sono impegnate tanto, ci hanno messo tanta passione e sono state all’altezza di un compito che non era per niente facile. La doppia conduzione è come ballare un tango: l’uomo guida, la donna segue, ma a ballare si è comunque in due. Hanno avuto fiducia in me e io mi sono trovato bene con loro. E, se devo dirla tutta, loro possono andare in giro dicendo di aver imparato qualcosa. E questo mi gratifica perché le ho viste crescere e migliorare.