Home Notizie Salemme Il bello… della diretta, il backstage è una lezione di professionalità

Salemme Il bello… della diretta, il backstage è una lezione di professionalità

Il backstage di “Salemme Il bello… della diretta” è un compendio di teoria e tecnica dei linguaggi di teatro e tv

25 Febbraio 2024 17:47

È andato in onda nella seconda serata di sabato 24 febbraio su Rai 5 – ma potete recuperarlo su RaiPlay – In scena Backstage: Salemme – Il bello… della diretta, un documentario dedicato all’esperimento del teatro in diretta tv fatto dalla Rai nel 2019 con la ‘complicità’ di Vincenzo Salemme. Correva il 2019 e la Rai propose a Salemme di mettere in scena all’Auditorium Scarlatti del CPTv di Napoli tre delle sue commedie di successo in rigorosa diretta televisiva. Un esperimento di teatro in diretta tv davvero interessante, che chiedeva al teatro di rispondere ai tempi contingentati della televisione – adattandosi quindi ai break pubblicitari e ai tempi di palinsesto – e alla tv di portare a casa dei telespettatori il profumo delle assi del palcoscenico riuscendo a fornire le prospettive esclusive del mezzo, quelle che ti portano a contatto con gli attori come neanche un posto in prima fila o la vista dal Palco Reale possono fare.

Un esperimento che richiede tempo, studio, preparazione, professionalità. Una parte di tutto questo è stata documentato nello speciale backstage scritto da Gino Aveta, storico autore Rai, e Barbara Napolitano, regista delle tre pièce teatrali in tv e spesso alla guida di eventi live – dai concerti agli spettacoli teatrali passando per l’opera – da catturare per i telespettatori.

La preparazione nel backstage

Dico ‘una parte’ perché il doc ha scelto di raccontare solo ‘alcuni ‘ momenti del lavoro dietro le quinte, che però riescono a dare la misura dell’impegno dei tanti in ciascun comparto: dalla costruzione della maschera e dei costumi in sartoria, alla scenografia che disegna, costruisce, modula le scene in maniera che possano essere ‘la casa’ dei personaggi in teatro, in sala prova, in palcoscenico.

Salemme Il bello della diretta

E poi le luci, la scelta delle musiche – è un piccolo passaggio, ma è sintomatico della cura che ogni minimo elemento richiede perché l’ensamble sia armonico -, lo svelamento del ‘tecnologico’ strumento che permette alla scenografia di aprirsi come un libro di “Una Festa Esagerata”, ovvero un tecnico che si ‘infila’ nella scenografia e la muove… La bellezza dell’arte e dell’opera fatta a regola d’arte.

Salemme Il bello della diretta

A questo, ovviamente, si aggiungono i momenti dedicati alle prove della pièce: si respira l’aria delle prove degli attori, concentrati e attenti a studiare parti e movimenti, ma nello stesso tempo pronti all’ascolto dell’altro e alla dinamica di scena; nello stesso tempo, in regia si studiano le inquadrature migliori e l’ideale montaggio da fare in diretta, grazie alla conoscenza dei movimenti di scena e dei tempi di esecuzione. La ‘coreografia musicale’ del palcoscenico viene assorbita dagli operatori e dalla regia, che entrano in scena senza violare la sacralità del palco: non ci sono volutamente camere sul palcoscenico per non violarne la sacralità. E non è un dettaglio, ma una scelta traspositiva molto chiara. Come mostra – e spiega bene – Salemme, è l’attore e non la telecamera che supera la quarta parete, giocando con il pubblico in sala – come spesso accade nella realtà del teatro – ed è sempre l’attore che coinvolge scena e sala in un dialogo a tre voci con i telespettatori a casa.

Salemme Il bello della diretta

Salemme e la tv come “reality del teatro”

Ne deriva un racconto mediale pienamente tridimensionale, che Salemme riesce molto bene a tenere insieme con la complicità della regia tv: se non fossero in sintonia l’effetto sarebbe il cringe più triste e non la risata davanti e dietro lo schermo. Niente è scontato in tv, e questo doc aiuta a farlo capire anche a chi è convinto che la televisione sia davvero una ‘scatola magica’ in cui tutto avviene come un miracolo, ma che invece – come ogni forma d’arte e di intrattenimento – richiede tanto studio e tanta preparazione per venire bene.

La maggior parte del documentario – almeno a mia percezione, considerato che sono una che vivrebbe della registrazione secca di quanto avvenuto in regia e nelle prove teatrali per capire come funziona – è affidata alla ‘guida’ di Salemme, che dà al pubblico una chiave di lettura dell’esperimento. Una sorta di divulgatore della traduzione transmediale che però racconta il tutto da ‘embedded’. Spiega al pubblico le dinamiche del passaggio tra teatro e tv, vedendo nella televisione live un amplificatore dell’effetto realtà insito nel teatro, e sottolinea come il teatro in tv non debba servire a svelarne i segreti ma a moltiplicarne il fascino, il coinvolgimento, il divertimento. Avemmo modo di parlarne anche in occasione dell”uscita’ del ‘quarto’ capitolo dell’esperimento, che può dunque dirsi pienamente riuscito, ovvero “Napoletano? E famme ‘na pizza”, andato in onda nell’aprile del 2023: l’intervista concessaci all’epoca è un condensato di teoria e tecnica del teatro e del linguaggio artistico che amiamo ricordare.

Salemme Il bello della diretta

 

La consapevolezza dei linguaggi, la solidità delle professionalità in campo si manifesta anche nella maestria con cui Salemme e la sua compagnia – con un Maurizio Casagrande ritrovato dopo più di 10 anni di ‘lontananza’ – giocano con l’improvvisazione in scena e con i due pubblici, in presenza e a distanza: lo fa capire nel doc il confronto con le prove, il backstage dei collegamenti live col tg e con la rete, che dimostrano anche la necessaria elasticità, prontezza e competenza televisiva di chi dirige ed esegue lo spartito tra palco e cabina.

Insomma, il doc mostra la tv nel suo farsi e il teatro nel suo essere: ‘teatro’ e ‘tv’ sono sostantivi che però hanno la sostanza delle persone che la fanno. Ed è, in fondo, di loro che parla questo documentario. Che vi consigliamo, per capire cosa sia davvero l’arte.

Noi intanto speriamo che si arrivi alla versione live di Natale in Casa Cupiello, portato con successo in scena da Salemme in questa stagione teatrale. Sarebbe un’apertura verso le opere di altri commediografi (cosa auspicata dallo stesso autore e regista nel doc, ed Eduardo, con Scarpetta, sono un riferimenti costanti per Salemme) e sarebbe per il pubblico l’occasione di respirare di nuovo il teatro di Eduardo senza le tante sovrastrutture cinematografiche che hanno segnato, in maniera più o meno riuscita, le ultime trasposizioni.

Speriamo, quindi, in un nuovo capitolo di “Salemme, il bello… della diretta”.