Russia, rivolta di Prigozhin: la tv italiana si è svegliata tardi
In Russia è caos per la rivolta di Prigozhin, il capo del gruppo di mercenari russi Wagner. E la tv italiana se ne occupa… con calma
Con calma, d’altronde era un sabato mattina di inizio estate. Si può riassumere così l’atteggiamento mostrato dalla televisione generalista italiana ieri, quando ha mostrato riflessi molto lenti di fronte alle notizie in arrivo dalla Russia, dove già nella notte era iniziata la rivolta di Yevgeny Prigozhin, il capo del gruppo di mercenari russi Wagner, contro il Presidente russo Vladimir Putin.
Soltanto intorno a ora di pranzo italiana qualcosa, come vi abbiamo puntualmente raccontato su TvBlog, ha iniziato a muoversi sul piccolo schermo nostrano, che fino a quel momento era andato avanti con la regolare programmazione, relegando dunque gli aggiornamenti in tempo reale solo alle brevi edizioni dei telegiornali già previste. Una situazione che Luca Bizzarri ha descritto benissimo in un tweet tanto conciso quanto incisivo:
Leggevo qui che sta succedendo qualcosa che cambierà la storia allora ho acceso la tv e nessuno ne parla. Sembra censura ma secondo me è solo sabato mattina.
In questi casi azzardare paragoni e confronti assomiglia quasi sempre ad una azione pretestuosa, ma la gestione da parte dell’informazione italiana degli avvenimenti in corso nelle ultime ore in Russia suona stridente rispetto alla pomposa copertura televisiva della morte di Silvio Berlusconi. Una notizia che nei giorni scorsi ha monopolizzato non soltanto (e prevedibilmente) i palinsesti della tv privata fondata dal Cavaliere, ma pure quelli della televisione pubblica, che ha stravolto la regolare programmazione anche in prima serata (facendo registrare ascolti bassi).
Forse ha ragione Luca Bottura, giornalista e autore tv, quando su Twitter scrive che rilevare come la tv italiana si sia messa in moto sui fatti di Mosca con diverse ore di ritardo “non significa avercela con chi cerca di garantire un’informazione decente a dispetto delle condizioni“, ma significa “fotografare una situazione in cui l’abitudine – a cercare ospiti con la casacca giusta per non scontentare nessuno, a far prevalere il cicaleccio dei talk sulle informazioni, a confrontarsi con editori per cui le marchette già pagate non possono non andare in onda – boicotta chi fa il proprio lavoro con merito, dedizione, onestà“.
Ed ancora, prima di indicare le responsabilità politiche:
E, anche, un dato che condiziona tutti gli altri: i soldi. La balla populista per cui l’informazione deve essere gratis fa sì che agli inviati si sia sostituito sempre più un tizio che sta su Twitter e cerca un ordine tra le diverse bolle social. Senza investimenti, non si danno notizie. Per questo stiamo incollati alla Bbc, ad Al Jazeera, alla Cnn. Noi che possiamo. Mentre le testate tradizionali si barcamenano.
Parole, queste di Bottura, che hanno innescato un discreto movimento su Twitter, dove il direttore di SkyTg24 Giuseppe De Bellis ha replicato duramente. Di seguito trovate l’intero scambio.