Il produttore Rosario Rinaldo a Blogo: “Le novità sulle fiction Cross Productions, da Il Cacciatore a Sirene fino ai progetti con Mediaset”
Rosario Rinaldo, produttore e presidente della Cross Productions, dopo il grande successo di Rocco Schiavone ci racconta tutte le ultime notizie sulle fiction in produzione per Rai e ora anche per Mediaset.
Rocco Schiavone è stata una delle grandi rivelazioni della stagione televisiva, non solo di Rai 2 ma dell’intera tv generalista. Il merito di tale successo va alla Cross Productions, che ha avuto il coraggio di investire e credere in un prodotto di qualità e molto diverso rispetto a quelli che, fino a questo momento, abbiamo potuto vedere sulle nostre reti televisive. Di questo, e dei nuovi progetti in corso, abbiamo avuto il piacere di parlare con Rosario Rinaldo – presidente e azionista della Cross Productions, nata nel 2013 in seguito all’acquisizione da parte di Beta Film Gmbh delle quote precedentemente detenute da Magnolia SPA – ad iniziare da Il Cacciatore, serie crime in sei puntate liberamente tratta dal libro “Cacciatore di mafiosi” del magistrato Antonio Sabella, le cui riprese sono appena iniziate a Palermo e che sperimenta un impianto narrativo del tutto inedito in Italia. Ma nella nostra chiacchierata c’è stato spazio anche per Sirene, che vedremo su Rai 1 in autunno 2017, per il successo di Rocco Schiavone (di cui è confermata una seconda stagione, ndr), e per dei progetti che vedono la collaborazione di Cross Productions con Mediaset e Telecinco.
Partiamo subito dal successo di Rocco Schiavone, una boccata d’aria fresca per la fiction italiana, che dimostra non solo che c’è ancora tanto da fare in tema di fiction, ma anche che si può fare bene …
La cosa bella è che anche chi ci ha lavorato, al termine di questa esperienza, mi ha detto proprio questo: che è stata una vera boccata d’aria fresca anche per loro, attori e sceneggiatori, una speranza per il futuro, di poter lavorare in maniera diversa da come siamo abituati qui in Italia.
La speranza, quindi, è che si continui su questa strada anche con i vostri prossimi progetti. Come ad esempio Il Cacciatore, la serie tv che avete appena iniziato a girare…
Sì, è un progetto che si inserisce all’interno della ricerca portata avanti dalla Cross, soprattutto dal punto di vista della scrittura. È un progetto che cerca un equilibrio delicatissimo tra ciò che è cronaca, ciò che è veramente accaduto, e quella che è l’impalcatura, l’impianto fiction. Chiaramente non ci siamo inventati nulla, ma ci stiamo ispirando a certe tecniche narrative americane che sono consolidate da anni e che stanno dando risultati straordinari. Penso a True Detective, a Fargo, Narcos, a tutti quei prodotti che hanno trovato un modo per raccontare la realtà incrociata con la fiction che è molto stimolante. È quello che abbiamo fatto anche noi con Il Cacciatore, dove raccontiamo vicende realmente accadute, come l’arresto di Bagarella, Brusca e altri grandi personaggi della mafia, dal punto di vista di un giovane magistrato, Alfonso Sabella. La storia, infatti, è tratta dal suo libro, “Cacciatore di mafiosi”.
Cross Productions ha avuto il coraggio di sperimentare, ma ha trovato dall’altra parte un interlocutore, la Rai, pronto a rischiare. È così?
Assolutamente sì. Se non ci fosse stata questa apertura di Rai Fiction Schiavone non ci sarebbe mai stato e Il Cacciatore non avrebbe visto la luce. Questo tipo di linea narrativa non sarebbe mai nata in Rai se non ci fosse stata intanto la determinazione imprenditoriale e anche la determinazione editoriale sia del direttore generale che del direttore di Rai Fiction. La determinazione nostra, come Cross, è comunque quella di provare a solcare strade diverse rispetto a quelle che abbiamo sempre percorso.
Voi della Cross, fino ad ora, avete dimostrato di agire sempre su un duplice piano: da una parte c’è una cura importante nella scrittura, dall’altra c’è sempre una grande ricerca e cura nella scelta del cast. Lei crede che per il successo del prodotto sia più importante la base di partenza, e quindi la scrittura, oppure come poi viene interpretata?
Intanto sono convinto che tutto parta dalla formula narrativa, e quindi dalla scrittura. Però poi noi concepiamo il lavoro che facciamo un po’ come quello del designer: inventare forme nuove dialogando continuamente con l’aspetto economico e industriale. Quindi ci muoviamo così: innoviamo ragionando sempre all’interno di schemi che possano essere produttivamente realizzati. In questo schema, la scrittura è il primo momento attraverso il quale, poi, si trova la misura sia in direzione del racconto che del costo possibile del prodotto. A quello poi si aggiunge il lavoro con il regista e quindi, infine, con un cast pensato ad hoc. Il Cacciatore, ad esempio, ha un cast con nomi poco consumati dalla televisione, proprio perché non vogliamo scollare l’attore da quello che nella nostra memoria collettiva deve evocare la faccia di Bagarella o Brusca quando viene arrestato. Abbiamo quindi cercato attori molto bravi, ma che avessero anche questa capacità di evocare. Ovviamente questo non ce lo siamo inventato noi, l’abbiamo capito vedendo alcuni prodotti americani, come ad esempio accaduto in Narcos. Siamo attenti, cerchiamo di capire quali sono le tendenze e di proporle qui in Italia. Abbiamo l’aiuto determinante, in questo, di Beta, che ci dà continuamente il polso di quello che sta accadendo sui mercati internazionali.
In questo modo quindi riuscite a vendere il vostro prodotto anche all’estero…
Sì. Per alcuni progetti, nei quali Beta crede, vengono coinvolti anche loro come coproduttori e quindi investono da subito, rischiando. E poi la loro forza distributiva consente anche di vendere. Rocco Schiavone, ad esempio, è stato venduto in Francia, stiamo per concludere la trattativa in Germania, c’è BBC Four che lo sta guardando e ‘annusando’, viene visto anche nel mercato nordamericano… Insomma, è un prodotto che sicuramente avrà una sua fortuna all’estero. Su Schiavone Beta ci ha creduto da subito e lo stesso ha fatto con Il Cacciatore.
Il Cacciatore andrà su Rai 2 come Schiavone?
Al momento non ha ancora una collocazione. Siamo in trattative avanzate con Rai Fiction, ma non abbiamo ancora concluso, quindi non posso dare certezze.
Sirene è invece l’altro progetto su cui state lavorando e che vedremo prossimamente su Rai 1…
Sì, è l’altra nostra mezza follia (ride, ndr). Siamo stati ascoltati da Rai Fiction e da Tinni Andreatta che inspiegabilmente ci hanno dato l’ok. È stata ancora una volta la conferma del coraggio di chi stava già immaginando una Rai Fiction e una Rai 1 diverse. Stiamo ancora lavorando, siamo in piena post produzione con gli effetti speciali in 3D che stiamo seguendo molto da vicino, perché è chiaro che lì ci giochiamo molto della verosimiglianza e della credibilità del prodotto.
Ci sono notizie, invece, della seconda stagione di “Questo è il mio paese”?
Sì. Abbiamo cominciato a svilupparla, ma devo dire con onestà che non sta venendo come speravamo. Inoltre, ‘per colpa di Schiavone’, quel tipo di impianto si è rivelato improvvisamente superato. E allora stiamo cercando un percorso narrativo che goda della verità di Questo è il mio paese, ma che trovi il modo per rigenerare il personaggio, la protagonista. Stiamo lavorando in questa direzione, ora. Se ci riusciamo bene, altrimenti chiuderemo questa esperienza e ci concentreremo su altre. Per fortuna le idee non mancano e neppure i temi di dialogo con la Rai.
Il coraggio della Rai di cui parlava, quanto alla fiction, è stato ripagato, almeno per quanto riguarda gli ascolti che in questa stagione televisiva sono stati altissimi…
Devo dire, non in polemica, che la Rai di fatto viene ripagata mentre il produttore, con il suo rischio, ormai vive solo di tax credit. La Rai, dal punto di vista di investimento economico, è molto avvantaggiata da questo e assai poco generosa dal punto di vista imprenditoriale. Di fatto, noi che ci troviamo a investire su un prodotto eccentrico rispetto al tradizionale rischiamo tantissimo, ma questo non ci viene riconosciuto. E, tornando al discorso di prima de Il Cacciatore, il motivo per cui non abbiamo ancora chiuso la trattativa è che non troviamo un equilibrio tra l’investimento Rai e quello che deve essere l’investimento Cross. Nella strategia della Rai di questi ultimi anni c’è sicuramente un progetto estremamente stimolante, interessantissimo, che è la “media company”. La media company ha ovviamente bisogno di utilizzare una serie di diritti che però di fatto non ci vengono riconosciuti dal punto di vista commerciale, non vengono ancora quantificati. E quindi ci ritroviamo ancora con il vecchio approccio di chi dice: “Io ti do questi soldi, però mi tengo tutti i diritti”, che però è sempre meno convincente e sempre più penalizzante per i produttori. E la conseguenza è che per questo il produttore è costretto a investire sempre meno. Tutto questo è dovuto a una politica commerciale Rai estremamente autoritaria.
La volta scorsa mi parlava della difficoltà per voi produttori di cimentarvi con la concorrenza, con interlocutori e clienti diversi che non siano solo Rai…
Il prodotto non si è rinnovato per anni. È bastato che si aprisse nella stessa azienda, la Rai, un nuovo canale distributivo per la fiction ed è scattata una sorta di innovazione. Ovviamente questo non basta, perché il portafoglio è sempre lo stesso e quindi il prodotto si può rinnovare solo fino a un certo punto. C’è bisogno di vera e reale concorrenza perché il prodotto diventi competitivo anche sul versante internazionale. La capacità, il coraggio, l’intelligenza e la competenza di Rai Fiction comunque non bastano, perché la testa rimane comunque sempre una.
Ma qualcosa sta cambiando ora?
Qualcosa sì. Recentemente ho avuto l’impressione che si stia muovendo qualcosa, in particolare con riferimento a un progetto a cui stiamo lavorando da anni, ‘Wolfsburg’, e per cui ora c’è un interlocutore, anche se in quota minoritaria, che è Mediaset. Con l’arrivo di Cesarano (il nuovo direttore Fiction Mediaset, ndr), Mediaset ha iniziato a guardarsi attorno con un approccio completamente diverso rispetto a qualche mese fa. È vero che hanno pochissimi soldi a disposizione, ma è anche vero che con la presenza di Cesarano ora c’è un’apertura di credito nei confronti della fiction che è assolutamente inusuale rispetto al passato recente. Questo interesse per il nostro progetto ora c’è, ed è possibile che si cominci ad aprire un dialogo interessante che poi può essere incrociato con altre piattaforme. Insomma, l’orizzonte potrebbe allargarsi anche per noi poveri produttori.
C’è già qualcosa di concreto con Mediaset?
Sì. C’è una cosa bella, di cui sono orgoglioso. Sono in chiusura di contratto con Telecinco, quindi Mediaset Spagna. È la prima volta che una società italiana sbarca in Spagna e produce direttamente per loro. Lo faremo con un prodotto che si chiama Lontano da te, un progetto che abbiamo da qualche anno e che è diventato realtà. Partiremo con le riprese in autunno e sarà una coproduzione con la Spagna girata al 50% a Siviglia e al 50% a Roma. Si tratta di un prodotto italiano, con regista italiano, sceneggiatori italiani, che sta per essere acquistato dalla Spagna. Il mio interlocutore spagnolo acquisirà i diritti per i due Paesi, e quindi in Italia lo vedremo su Canale 5.
Ci può raccontare qualcosa in più di questo progetto, “Lontano da te”?
Anche per questa fiction c’è un approccio narrativo diverso dal solito, che speriamo possa piacere anche in Italia. È la storia di due persone agli antipodi, una ballerina spagnola di flamenco e un giovane imprenditore italiano, che si incontrano o meglio si scontrano in un aeroporto (che molto probabilmente sarà quello di Praga), si salutano e partono, tornando ognuno alla propria vita, lei a Siviglia, lui a Roma. Ma all’improvviso lei comincia ad avere delle visioni su di lui e viceversa, e queste visioni interferiscono con le loro vite, con i loro problemi quotidiani e affettivi, in modo tale da renderli piano piano consapevoli che sono fatti l’uno per l’altra. Detta diversamente, sono gli inconsci dei due che parlano e faranno affiorare la consapevolezza di essere innamorati. E ovviamente alla fine questo si concretizzerà. Il gioco delle visioni rende questa commedia romantica particolare e diversa dalle solite.
Il Cacciatore | Tutti i dettagli | Trama | Cast
Sono iniziate a Palermo le riprese de “Il Cacciatore” ispirato alla vera storia del magistrato Alfonso Sabella, che racconta una delle pagine più spettacolari e cruente della lotta tra lo Stato e la mafia siciliana nei primi anni ’90. Un nuovo modo di raccontare le storie d’Italia nello stile coraggioso già usato da Cross Productions per Rocco Schiavone, grande successo di Rai2.
Il Cacciatore racconta l’arresto di boss come Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Vito Vitale, Pietro Aglieri e tanti altri, responsabili di pagine dolorose della recente storia d’Italia: le bombe di Firenze, Bologna e Milano; le stragi di Capaci e Via D’Amelio, in cui perdono la vita i giudici Falcone e Borsellino; il rapimento e l’omicidio del piccolo Giuseppe, 12 anni, figlio del pentito Santo Di Matteo, che segna un punto di non ritorno nella storia della mafia siciliana, che fino a quel momento aveva rispettato il sacro vincolo di non toccare i bambini.
Un cast di attori scelti con attenzione per rappresentare uomini e situazioni di quegli anni, come Francesco Montanari, Paolo Briguglia, David Coco, Miriam Dalmazio, Edoardo Pesce e Roberto Citran (solo per citarne alcuni).
Il Cacciatore racconta anche il continuo oscillare tra il bene e il male, la tensione dell’attesa e della cattura, episodi di vita vissuta da uno dei magistrati più attivi d’Italia nella lotta ai capi mafiosi.
La riprese della serie, sei prime serate, scritta da Marcello Izzo e Silvia Ebreul con la collaborazione di Fabio Paladini e Stefano Lodovichi, si svolgeranno tra Palermo e Roma, da aprile a inizio ottobre.
La regia è affidata a Davide Marengo e Stefano Lodovichi.
Foto | Ufficio Stampa Ni.Co