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Rosario Rannisi, dal Gf alla vittoria de La Fattoria in quattro mesi: “Il 2006 fu un anno d’oro. Oggi vivo di musica”

Rosario Rannisi prese parte al Grande Fratello 6 e, appena eliminato, approdò a La Fattoria, che vinse: “Feci tantissime serate e mi dedicarono decine di copertine. Ovunque andassi, trovavo fiumane di persone. Oggi vivo di musica”

22 Dicembre 2024 09:24

Tutto in quattro mesi. Dall’anonimato alla notorietà nazionale, con ben due reality all’attivo e addirittura una vittoria. L’avventura televisiva di Rosario Rannisi si potrebbe sintetizzare così, racchiusa tra il 2 febbraio e il 2 giugno 2006, periodo nel quale il suo nome finì sulla bocca di tutti.

Catanese, classe 1979, fino a quel momento Rosario era rimasto confinato in Sicilia, dove frequentava l’Università: “Ero iscritto alla facoltà di Giurisprudenza e me la stavo prendendo abbastanza comoda”, racconta a TvBlog. “Avevo 26 anni e mi mancavano 7-8 esami alla laurea. Non avevo mai pensato di cambiare città, non era nei miei programmi”.

L’occasione si presentò però con la sesta edizione del Grande Fratello, la prima condotta da Alessia Marcuzzi. Entrato alla terza puntata, Rannisi rimase nella casa di Cinecittà fino alla nona, per un totale di quasi cinquanta giorni, la metà della durata complessiva. “In realtà il primo vero provino lo avevo fatto alla fine del 2003 per la quarta edizione, quella con Patrick, Katia e Ascanio. Il mio Gf sarebbe dovuto essere quello, ma gli autori decisero di conservarmi come riserva, qualora fosse successo qualcosa. Ma io non sapevo di essere un potenziale sostituto. Lo scoprii successivamente, quando mi ricontattarono due anni dopo”.

Si rifecero vivi loro?

Sì. Mi dissero che gli autori avevano visionato centinaia di ragazzi ma che non erano ancora soddisfatti. Quindi avevano rispolverato vecchie videocassette e si erano accorti del mio provino. Se la prima volta avevano telefonato a ripetizione, la seconda volta andò diversamente. Sapevano già vita, morte e miracoli di me e mi chiamarono quando il programma era già partito. Appresi che sarei entrato grazie ai promo in tv che annunciavano nuovi ingressi.

A quel punto partì la clausura.

Il programma andava in onda il giovedì e il lunedì precedente presi il volo per Roma. Mi portarono in albergo e mi privarono di cellulare e televisore in camera. C’era un uomo che mi piantonava fuori dalla camera. Nella stessa struttura c’erano pure Isa Iaquinta e Thomas, il ragazzo con cui andai al ballottaggio.

All’epoca l’isolamento era reale.

Non so come sia oggi, ho smesso di guardarlo. Dopo la mia edizione, vidi il ‘Gf’ per altri due anni, non di più. Non mi interessavano più le dinamiche, mi documentavo solo se dovevo rilasciare eventuali interviste. Riguardo all’isolamento, noi non sentivamo e vedevamo veramente nessuno e io persi addirittura 5-6 chili per lo stress.

Cosa ti logorò?

Non eravamo abituati a certe pressioni, eravamo ragazzi genuini. Non c’erano smartphone e social. Facebook sarebbe arrivato due anni dopo. Oggi il mondo è incentrato sull’apparenza e i ventenni sono già sgamatissimi. Tutti hanno un profilo social e sanno affrontare determinate dinamiche. Per noi non era così.

Da quell’edizione uscirono Simon Grechi, Laura Torrisi e Filippo Bisciglia.

Non sono sorpreso. Simon frequentava la scuola di recitazione già prima di partecipare al ‘Grande Fratello’, era determinato a fare l’attore ed era veramente un bel ragazzo. Idem Laura Torrisi, non mi ha meravigliato la sua carriera. Va detto che quelli erano gli anni d’oro del reality ed era molto forte il legame con fiction e televisione, mentre il settore della musica era una sorta di tabù. Era difficile che qualcuno uscito dal ‘Gf’ facesse musica. Era successo solo con Tommy due anni prima, ma lui era un dj, aveva un’agenzia ed era ben incanalato. Se volevi cantare non avevi chance. Mi dissero chiaramente che non avrei dovuto partecipare alla trasmissione. Ingenuamente mi ero illuso che potesse essere una vetrina.

Sei rimasto in contatto con qualche coinquilino?

Negli anni mi sono sentito maggiormente con Simona Salvemini. Fino a quando ho fatto le stagioni a Formentera la incontravo tutte le estati. Siamo rimasti amici nel tempo, così come con Isa. Con Augusto De Megni ci frequentammo per un periodo, ma poi ci siamo persi di vista. E’ comprensibile, sono pur sempre passati diciannove anni.

Appena eliminato dal Gf venisti catapultato immediatamente a La Fattoria, che andava in onda in contemporanea. Fu il primissimo crossover nella storia dei reality.

Tutto avvenne in maniera assolutamente casuale. Uscito dalla Casa, passarono tre giorni e mi chiamò la Endemol, chiedendomi se fossi munito di passaporto. Mi avvertirono che c’era in onda questo programma, di cui ignoravo l’esistenza. ‘Sai, gli autori stanno cercando un elemento simpatico’, mi dissero. Partimmo in tre per il Marocco e durante la puntata ci fu un televoto, che vinsi.

I partecipanti a La Fattoria non sapevano chi tu fossi.

A quei tempi i vip alzavano barriere nei confronti dei ragazzi che provenivano dai reality, il loro era un mondo chiuso, quasi ti snobbavano. Quelli di una certa età e con una carriera alle spalle storcevano un po’ il naso. Ora li capisco, scavallati i 40 sono diventato un boomer pure io (ride, ndr). In ogni caso, al di là di alcune dinamiche di gioco, mi ambientai e a livello personale costruii un buon rapporto con tutti.

Anche a La Fattoria eri fuori dal mondo.

Non sapevamo niente, però stavo 100 mila volte meglio che al ‘Grande Fratello’. C’erano spazi aperti, se avevi bisogno di stare per conto tuo perché non volevi rotture di scatole, potevi farlo.

Vincesti con una permanenza di circa trenta giorni, rispetto agli ottantanove degli altri due finalisti.

Arrivai in finale con Clemente Pernarella, una persona bravissima ma caratterialmente particolare. Motivo per cui non era ben visto dagli altri concorrenti. Dopo la proclamazione i Cugini di Campagna mi vennero ad abbracciare, si congratularono in molti. Sul fronte economico, subentrare in corsa non fu determinante ai fini della vincita, non mi venne scalato nulla. Cambiò semmai la retribuzione legata ai giorni di permanenza.

Una volta tornato in Italia partirono le serate e le ospitate.

Quella del 2006 fu un’estate d’oro. Feci tantissime serate e mi dedicarono decine di copertine. Ovunque andassi, trovavo fiumane di persone. Era pazzesco. Anche il ritorno a Catania fu micidiale. Mi arrivò addosso un’onda enorme. Lentamente mi abituai a scattare foto e a firmare autografi.

Quanto durò l’attenzione mediatica?

Circa due-tre anni. Non è mica poco. Oggi la notorietà dopo l’uscita da un reality dura al massimo quindici giorni. Il genere ha perso il suo appeal.

Provasti a tuffarti nella recitazione iscrivendoti alla scuola di Gerardo Amato. Come andò?

Conobbi Gerardo, fratello di Michele Placido, e mi diede l’opportunità di partecipare al recital ‘Little Italy Party’, dove interpretavo un giovane Frank Sinatra. Una storia bellissima e un’esperienza stupenda.

Il telefono, ad un certo punto, cominciò a squillare sempre meno. Fu difficile realizzare che la favola stava terminando?

Non è mai un processo improvviso. Da dieci al giorno, le telefonate diventano otto, poi sei, poi tre, poi una, poi basta. Se sei un minimo intelligente, ti rendi conto che qualcosa sta cambiando e che i riflettori si sono spostati su altri. E’ normale, in fondo la nostra popolarità si basava sul nulla, su un’esperienza televisiva. Per forza di cose il telefono doveva smettere di squillare, sarebbe stato anomalo il contrario.

Fu una fase delicata, immagino.

Ripresi a studiare, diedi gli esami che mi mancavano e mi laureai. Al contempo, non volevo tornare a Catania. Nonostante le cose fossero cambiate, non volevo perdere i contatti che avevo coltivato a Milano. Allora mi trasferii a Brescia. Ci vivo tuttora con la mia compagna e la mia bimba di quattro anni e faccio musica.

E’ la tua principale occupazione?

Sì, sono riuscito a rendere la musica il mio lavoro. Intervengo a serate pubbliche e private in tutti i locali d’Italia. Faccio le cosiddette cene-spettacolo ed eseguo tutto il repertorio italiano. Sono show carichi, pieni, senza soste.

Ho letto che hai avuto l’onore di aprire i concerti dei Nomadi.

Confermo. Conobbi la band nel 2015 e feci ascoltare a Beppe Carletti alcuni miei pezzi. Fu eccezionale e mi donò il privilegio di inaugurare alcune date. Il pubblico dei Nomadi è molto affezionato, è fanatico nel senso più buono e pulito del termine e sposa tutto quello che il gruppo propone. Mi hanno accolto benissimo, è stato favoloso.

La tv ti ha più cercato?

Non ho mai ricevuto chiamate ufficiali dalla tv, ma parlando ogni tanto con qualcuno, magari con qualche agente, degli inviti a partecipare ad alcuni reality ci sono stati. Ma a me non interessa, ho sempre voluto che la mia immagine fosse associata al settore musicale. Se devo tornare in televisione, voglio farlo per quello che so fare. E poi, cosa cercherebbero da me? Dovrei riproporre lo stesso Rosario del 2006? E’ una follia pensare che uno possa rimanere sempre uguale. Entrai al ‘Gf’ in un modo e uscii da ‘La Fattoria’ che ero un altro. Le esperienze ti cambiano, accadde nel giro di pochi mesi, figuriamoci dopo quasi vent’anni.