Il passo avanti di Sky nella serialità italiana: ecco com’è Romulus, la serie tv sulle origini della leggenda di Roma
Matteo Rovere e Sky intraprendono una strada del tutto nuovo per la serialità moderna italiana: un azzardo che guarda al passato ma parla al presente
Fonte: Francesca Fago
La serie tv più ambiziosa di Sky, che permette alla pay tv di fare quel passo in avanti nella propria offerta e di mettersi in pari con le produzioni internazionali: è Romulus, in onda da domani, 6 novembre 2020, su Sky Atlantic ed in streaming su Now Tv, di cui abbiamo visto i primi sei episodi in anteprima.
Sembra un’esagerazione, ma è così: Sky ha realizzato una serie tv che non si aggancia, in quanto a riferimenti, alla recente produzione seriale nostrana, ma che propone qualcosa di veramente nuovo. Per farlo, ha creato un mondo in cui la documentazione storica si fonde con la leggenda. E se la leggenda è quella della nascita di Roma, l’asta da saltare era pericolosamente alta.
Prima della nascita di Roma c’era… Matteo Rovere
Per farla breve: Romulus è ambientata nel VII secolo a. C., quello in cui si colloca anche la nascita di Roma (753 a. C.). Nel Lazio esiste la Lega dei trenta popoli, appartenenti ad altrettante città sotto la guida del Re di Alba Numitor (Yorgo Voyagis), che per anni ha mantenuto la pace. Fuori dalle città esiste solo il bosco, dominato dalla forza imperscrutabile della natura e degli dei.
Quando la siccità e la carestia mettono a dura prova le popolazioni, l’aruspice parla chiaro: il re deve essere esiliato. Il suo trono passerà ai nipoti Enitos (Giovanni Buselli) e Yemos (Andrea Arcangeli), figli di Silvia (Vanessa Scalera), anche lei pronta a lasciare Alba per accudire il padre.
Mentre i due fratelli si confrontano con il loro destino, che costringerà uno dei due alla fuga, la giovane vestale Ilia (Marianna Fontana) inizia ad avere delle visioni che la trasformeranno in guerriera in cerca di vendetta, mentre a Velia lo schiavo orfano Wiros (Francesco Di Napoli) insieme ad altri giovani deve affrontare il rito d’iniziazione dei Lupercalia, per cui lui ed altri ragazzi saranno costretti a vivere per sei mesi nei boschi, sopravvivendo all’ira di Rumina, la dea selvaggia che abita la foresta. Tre storie, le loro, che si intrecceranno e che porteranno a vivere quelle condizioni storiche e trasformazioni che hanno portato alla nascita dell’organismo sociale noto oggi come città.
Romulus, ovvero l’azzardo di Sky
Quello di Romulus è un azzardo in tutto e per tutto. A cominciare dai dialoghi, recitati in protolatino (ma tranquilli: Sky ha preparato una versione sottotitolata ed una doppiata, entrambe disponibili sia che si segua la serie in tv che in streaming), per far immergere al meglio lo spettatore nell’atmosfera voluta da Rovere.
Sul fronte produttivo, Sky, insieme a Cattleya (parte di Itv Studios) e Groenlandia, ha costruito nei dettagli due città, facendo affidamento alle documentazioni storiche, riprodotto un centinaio di armi e costumi e coinvolto migliaia di comparse e quasi mille stunt.
L’obiettivo, insomma, è chiaro: fare di Romulus il prossimo passo verso una serialità italiana capace di competere all’estero con una concorrenza sempre più spietata, cercando però in questo caso di differenziarsi. Se con un titolo come Gomorra-La serie l’Italia scendeva in campo con un genere facilmente riconoscibile dal pubblico straniero, Romulus si affida invece alla sorpresa della rivisitazione del genere storico, andando ancora più indietro nel tempo rispetto ad altre serie tv storiche degli ultimi anni, come Vikings.
Le storie qui raccontate uniscono temi universali ad un’ambientazione primitiva, che diventa essa stessa protagonista ed influente nella vita dei protagonisti. L’ignoto offerto dalla natura, la paura dei luoghi che si trovano oltre i confini delle città e la sopravvivenza sono uno dei motori principali della sceneggiatura, che costringono i tre giovani protagonisti a muoversi ed a non restare fermi ad assistere alle vicende.
I temi universali di Romulus
Proprio i temi universali affrontati dalla serie sono, dopo il fascino provocato dall’ambientazione e della messa in scena, l’altro aggancio verso il pubblico. Romulus è sì ambientato nell’VIII secolo a. C., ma tramite Yemos, Wiros ed Ilia si avvicina tantissimo ai nostri tempi.
D’altra parte, la trama lo dice chiaramente: i dieci episodi della serie vogliono raccontare la trasformazione sociale che ha portato ai presupposti per la nascita di Roma. E come ogni transizione storica richiede, anche in questo caso sono necessari cambiamenti, rivoluzioni e battaglie. Succede nella serie, con trame principali ed altre secondarie che rimarcano il fermento in atto, e succede nei tempi che stiamo vivendo.
La scelta di affidare le sorti della nascita di Roma e tre giovani non è, in fin dei conti, un caso: tocca alle nuove generazioni opporsi a ciò che non può più essere accettato e traghettare la società verso un mondo migliore. Succedeva più di duemila anni fa, succede (o deve succedere) ancora oggi.
Shout!
Diventa così più chiara la scelta di utilizzare “Shout” dei Tears For Fears come sigla di ogni episodio, in una versione cantata appositamente da Elisa. Uscito nel 1984, il brano nel testo invita a sfogarsi, urlando, ed a far sentire la propria voce “in tempi violenti come questi”.
Yemos, Wiros ed IIlia devono opporsi al mondo che li circonda, a volte adattarsi alle situazioni ma mai rinunciare alla loro natura (“Non dovresti vendere la tua anima”, dice la canzone), anche a scopo di sovvertire l’ordine in cui sono cresciuti. Ecco che, allora, “Loro ti hanno dato la vita ed in cambio gli hai procurato l’inferno” s’incastra alla perfezione con la loro storia.
Gli anni Ottanta, i Duemilaventi e l’VII secolo a. C. non sono mai stati così vicini gli uni agli altri: e chi l’avrebbe mai detto che a trovare dei punti in comune tra essi sarebbe stata una serie tv interamente realizzata in Italia.