Perché Rocco Schiavone ha successo?
Dopo sei anni e cinque stagioni, continua a trovare il gradimento del pubblico: ma il successo di Rocco Schiavone in Rai non era scontato
Sei anni, venti puntate (incluse le ultime quattro prodotte), un cast praticamente mai cambiato dalla prima stagione ed un personaggio non riconoscibile, ma riconoscibilissimo. Rocco Schiavone 5 non è altro che la riproposizione fedele di un racconto che il pubblico di Raidue ha sempre premiato sul fronte degli ascolti (superiori ai due milioni e mezzo di telespettatori due anni fa, numeri per ora la rete farebbe carte false), un appuntamento di cui possiamo sapere tutto ma che invece viviamo ogni volta come qualcosa di nuovo. Ma perché?
La verità è che il successo di Rocco Schiavone non si deve ad ingredienti segreti, a particolari formule che sono state sapientemente mescolate da produzione, sceneggiatori e registi di questa stagioni. Rocco Schiavone è duramente, aspramente e sinceramente quello che è, senza filtri e livelli di lettura da serie di tendenza: o ti piace o non lo sopporti.
Se il suo papà letterario Antonio Manzini ne ha deciso carattere e destino professionale e non solo, il papà dello Schiavone televisivo si chiama Marco Giallini. E il merito della popolarità di questa serie va anche e soprattutto a lui, che a differenza di numerosi altri suoi colleghi non ha mai avuto paura di dire che sì, solo lui avrebbe potuto interpretare questo personaggio.Il mondo di Schiavone, così chiuso in se stesso in un’Aosta che regala spazi a volte aperti altri che sembrano delle prigioni i cui lui è stato condannato a vivere, ha trovato la sua chiave fin dalla prima stagione e, da allora, non ha mai tradito le sue intenzioni. Difficile farlo, direte voi, con una traccia già scritta (dai romanzi), ma il rischio di montarsi la testa c’era, eccome.
Il rapporto di fiducia, prima con i lettori e poi con i telespettatori, è stato mantenuto, insomma: vedi Schiavone e sai quel che trovi. La sua squadra, le sue battute, ancora più in questa stagione la sua solitudine e tendenza alla depressione. Schiavone piace perché è sincero con gli altri e con se stesso, sì, ma anche perché è consapevole di stare male.
L’accettazione del dolore per la moglie uccisa e al contempo l’incapacità di guardare avanti hanno fermato il tempo di Schiavone: per lui non c’è futuro, ma esiste un passato a cui non può tornare. E questo lo fa soffrire. Rocco Schivone non è antieroe, perché non vuole etichette, non vuole essere visto. Insomma, per una serie Rai Rocco Schiavone resta davvero qualcosa di impossibile da pensare ma che, invece, esiste, eccome. Esiste da sei anni, cinque stagioni e venti episodi. E ripetendosi, si rinnova. Chissà per quanto ancora.