Roberto Sessa della Grundy a TvBlog: “Un errore non aver realizzato Yo soy Bea in Italia. Orgoglioso de La Nuova Squadra, puntiamo su America’s got Talent e Sin Tetas”
Nei giorni scorsi TvBlog ha annunciato in anteprima la realizzazione della versione italiana di Sin Tetas no hay Paraiso in onda prossimamente su Canale 5: la notizia è uscita durante questa intervista esclusiva realizzata qualche giorno fa all’amministratore delegato di Grundy Italia Roberto Sessa prima che lo stesso partisse per il MipCom di Cannes. In
Nei giorni scorsi TvBlog ha annunciato in anteprima la realizzazione della versione italiana di Sin Tetas no hay Paraiso in onda prossimamente su Canale 5: la notizia è uscita durante questa intervista esclusiva realizzata qualche giorno fa all’amministratore delegato di Grundy Italia Roberto Sessa prima che lo stesso partisse per il MipCom di Cannes. In questa lunga chiacchierata, per addetti ai lavori e per appassionati di televisione, ci parla dei suoi inizi, di come vede la situazione della fiction attuale e delle novità di serie e talent show in arrivo. Buona lettura.
Sta per partire per il MipCom, il mercato internazionale dei programmi che si tiene ogni anno a Cannes. Che cosa si intravede all’orizzonte?
“Da quello che ho potuto vedere dai vari preview mi sembra sarà un mercato che rispecchierà la situazione attuale in cui ci troviamo. E’ la prima volta che mi capita di vedere alcune società, tra le più importanti con le quali noi lavoriamo e che ogni anno ci presentano nuovi format, che per quest’anno ci hanno tranquillamente detto di non venire a Cannes perchè non hanno niente da proporre. Paesi totalmente insabbiati che gli altri anni hanno trainato la creatività di tutta Europa e che oggi sono al palo: penso alla Spagna per esempio, alll’Inghilterra, ai Paesi Scandinavi e anche agli Stati Uniti. Ho la sensazione che non sarà quindi un mercato di grandi novità, bensì di assestamento. Senz’altro Fremantle sarà quella con il più importante listino ma anche noi avremo meno titoli da presentare”.
Un momento quindi di crisi internazionale che si ripercuote anche sui prodotti televisivi. Ne usciremo?
“Vedo dei segnali positivi. Il rientro dall’estate è stato duro come ci si aspettava ma ho la sensazione che qualcuno si attendesse anche di peggio; si diceva che molte aziende avrebbero chiuso e molti prodotti sarebbero peggiorati nella realizzazione. Per fortuna siamo ancora qui e gli indici che danno per il 2010 periodi più rosei del previsto fanno ben sperare. La linea diciamo, è rimasta piatta ma non è scesa ai livelli di prima delle ferie estive. Rimango quindi fiducioso per il prossimo anno e gli anni a venire”.
Spieghiamo ai nostri lettori chi è Roberto Sessa e come è arrivato alla guida della Grundy Italia…
“Mi sono formato negli Stati Uniti, lavorando presso due piccoli distributori indipendenti negli anni 80. Sono tornato in Italia nell’87 e sono andato a lavorare con Sandro Parenzo nella Videa. Sono rimasto con lui per un paio d’anni e alla fine degli anni ’80 ho costituito con Marco Bassetti e Stefania Craxi due società di produzione di fiction, una di queste la Aran. Abbiamo sviluppato questa azienda per circa 8 anni e poi abbiamo deciso di dividere i percorsi che si sono in qualche modo riavvicinati, successivamente per tipologia e per metodo. Siamo nati come produttori indipendenti e poi siamo stati facenti parti di multinazionali. Nel mio caso, ho incontrato il gruppo Pearson che a quell’epoca stava già in Italia (e come Aran avevamo iniziato con loro Un posto al sole) che successivamente ha acquisito la mia attività. Era il 1998 e da lì sono entrato nell’orbita della multinazionale europea, diventata poi Fremantle in seguito alla fusione con il gruppo tedesco RTL-Bertelsmann. Da allora sono amministratore delegato di questo gruppo che è in Italia da più di 15 anni. Con loro ci occupiamo di svariati generi, dalla fiction di alto profilo al formato di talent show, dalla sitcom al game show, dalla soap opera alla istant-comedy”.
Come lei ha detto poco fa, ha iniziato a lavorare con Marco Bassetti nella Aran. Cosa ricorda di quegli inizi e che differenze trova nella produzione di oggi?
“La differenza è che parliamo di quasi vent’anni fa e si viveva la vita in maniera diversa. Sono stati gli anni della cosiddetta grande formazione, eravamo i più giovani sul mercato e ci affacciavamo ad un mondo ignoto e sconosciuto ad entrambi. Un mondo che nelle dimensioni era più piccolo nelle dimensioni rispetto ad oggi, se si pensa che all’epoca dominava nei palinsesti il prodotto di acquisto. La grande svolta è avvenuta intorno al 1994-1995 quando sono incominciate ad entrare le multinazionali con i loro formati industriali e la serialità a lungo termine rispetto alle miniserie che allora erano predominanti. Una spinta in questo senso l’ha data anche l’Associazione di Produttori Televisivi , di cui sono stato direttore generale per molti anni. Ricordo che esisteva uno slogan nel 2005 che diceva: ‘Arriveremo a 1000 ore’, quando negli anni di Aran non arrivavamo a 100. Oggi superiamo ampiamente le 1.000 ore, a dimostrazione che quanto affermavamo allora sulla fiction a produzione industriale fosse la cosa giusta da fare. E i risultati ci danno ragione. Se guardiamo in questi primi mesi di garanzia autunnale, tra i programmi che hanno iniziato meglio la stagione ci sono proprio prodotti di fiction. Una costante peraltro presente in Europa e oltreoceano.”
Lei è stato tra i primi a lanciare il genere sitcom in Italia. Ricordiamo per esempio Nonno Felice trasformatosi in Norma e Felice, Io e la Mamma antesignano di Finalmente Soli fino ad oggi con Belli Dentro, Buona la prima e Quelli dell’intervallo. E’ cambiato il modo di produrre di allora rispetto a quello di oggi?
“Purtroppo oggi di sitcom se ne fanno molte meno. Da sempre il nostro cliente è stato Canale 5 che ci aveva assegnato la collocazione storica del sabato alle 13:30 post Tg5 e prima di Amici. Per motivi di palinsesto e forse di investimento su altri generi meno costosi, la rete ad un certo punto ha deciso di chiudere quello spazio che ha avuto grande successo e molta popolarità, ed è rimasta la sola Italia 1 nel preserale/access prime time. Ricordo la difficoltà che ebbi a convincere Gino Bramieri, un assoluto mito della televisione italiana a fare Nonno Felice. Quando incominciò a girarlo era scettico, ma è bastata qualche puntata perchè per la strada venisse fermato per il personaggio che interpretava nella sitcom rispetto a quanto faceva a teatro e al suo grande repertorio del passato. Aveva 3 milioni e mezzo di persone a settimana che lo seguivano fedelmente e che lo hanno accompagnato negli ultimi anni della sua vita. E’ stato un peccato chiudere questo slot nel quale siamo riusciti a fare anche della sperimentazione se si pensa che abbiamo realizzato Belli Dentro raccontando la storia di due celle all’interno di un carcere, uno femminile e uno maschile, con ironia e lanciando qualche messaggio ai giovani, puntando su Geppy Cucciari e senza grandi star e ottenendo risultati importanti sia in prima tv che in replica.”
Volutamente nell’elenco precedente ho dimenticato Casa Vianello, ad oggi la sitcom italiana di maggior successo grazie ai due straordinari protagonisti Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. A chi venne l’idea di trasformare le loro celebri scenette matrimoniali in un vero e proprio telefilm a puntate?
“Io ho ereditato questa operazione. Fininvest aveva incominciato a produrre la serie internamente per qualche anno poi a me venne l’idea di provare a portare i due in prima serata e di fare con loro una serie, Cascina Vianello. Da quel giorno è nato un sodalizio con i Vianello che mi hanno eletto, e ne sono stato onorato, il loro produttore di riferimento. Da Cascina Vianello abbiamo ripreso a fare Casa Vianello. Cascina fu interrotta perchè fondamentalmente Sandra e Raimondo non se la sentivano di lavorare a quei ritmi e in quelle condizioni, essendo abituati in studio. E Casa Vianello è andata avanti per parecchi anni con straordinario successo fino alla sua interruzione. Con rammarico di tutti…”
Perchè fu interrotta?
“Credo per pure ragioni economiche visto che ormai andava in onda su Rete 4 e si ritenne di non dover più investire così massicciamente su quella rete. L’anno scorso però abbiamo realizzato su Canale 5 il tv movie Crociera Vianello che in qualche modo ha chiuso la loro carriera. Sono molto orgoglioso di averlo fatto perchè credo che sarà l’ultimo prodotto “nuovo” che vedremo di loro in onda. Un film che mi rimarrà nel cuore per tutta la vita per cui sono contento anche del risultato di pubblico che ha ottenuto confermando l’affetto verso questa coppia unica del teleschermo. Ringrazio Mediaset, Scheri e tutto il suo gruppo che ci hanno dato fiducia. Abbiamo dato a Sandra e Raimondo una grandissima occasione di poter chiudere in bellezza una carriera straordinaria”.
A proposito di personaggi tv, lei produce Sei più bravo di un ragazzino di 5° su Sky, nel quale è stato ospite Mike Bongiorno prima della sua scomparsa. Qual è il suo ricordo personale del grande Mike Bongiorno sia prima sia durante quel programma che è stata una delle sue ultime apparizioni televisive?
“A dire il vero non ho avuto modo di lavorare con Mike prima di quella occasione. Ho avuto la fortuna di incontrarlo con la moglie perchè si ragionava su formati da produrre con lui o con la sua casa di produzione. E’ venuto a fare questa ospitata, era un pomeriggio di luglio a Milano e faceva abbastanza caldo e io sono voluto esserci per omaggiarlo. Che dire? Un ragazzino di quinta elementare, come il titolo della serie, una persona piena di forze, energia, ottimo umore e disponibilità assoluta verso tutti, a cominciare dal conduttore Massimiliano Ossini. Devo dire che in quella occasione dal punto di vista della salute era davvero in forma smagliante. Noi lavoriamo con il suo autore storico, Davide Tortorella che stava preparando con lui anche il RiskyTutto e mi confermava che era entusiasta ed ansioso di ricominciare la sua avventura ad 80 anni e passa. Non mi sembra vero che oggi stiamo qui a ricordarlo”.
Dal game show al talent show anche se il suo core business è stato per molti anni la fiction…
“Fremantle ha il catalogo di titoli più interessanti del momento e siccome in questi anni il pubblico è portato verso il genere talent show siamo proprietari del marchio X Factor e anche di America’s got Talent. A proposito di quest’ultimo sono contento che dopo anni di porte in faccia e risposte negative siamo riusciti a farlo andare in onda. Sarà co-prodotto con Fascino e avrà alla conduzione Gerry Scotti”.
Avete scelto il titolo?
“Ci stiamo lavorando. Alla fine del mese di ottobre l’editore avrà tutti gli elementi per poter fare le sue scelte e darci le sue indicazioni. Al termine di questo mese sia io che Maria De Filippi e Sabina Gregoretti con Fascino avremo messo a punto tutta la fase esplorativa necessaria per questo tipo di programmi. In questi giorni ho incontrato Gerry Scotti devo dire che era da tempo che non lo vedevo così carico, pieno di entusiasmo e di energia per questa avventura. E’ concentrato su tutto, ha dato dei consigli importanti e ha uno straordinario rapporto con Maria. La triangolazione tra Gerry Scotti, l’esperienza del gruppo De Filippi per quanto riguarda la costruzione e l’esperienza nostra a livello internazionale rispetto a come strutturare il programma, sarà una garanzia di affidabilità e di risultato per tutti. Sono fiducioso che questo programma possa lasciare il segno così come ha fatto in tutti gli oltre 30 Paesi dove è andato in onda”.
Qualcuno, forse superficialmente, ha detto che potrebbe essere un mix tra X Factor e La Corrida. Lei cosa risponde in tal senso?
“Non è nè l’uno nè l’altro. Io ero abbastanza convinto che questa cosa si potesse realizzare su Canale 5 anche se per tanti anni ho bussato alla porta della Rai pensando che potesse essere un’ottima alternativa su Raiuno rispetto a varietà che avevano già. Il giorno dopo che ho chiuso l’operazione con Fascino e Gerry Scotti hanno incominciato a domandarsi il motivo della messa in onda a Mediaset e non in Rai: è incredibile, io per anni avevo proposto questo format e si sono svegliati solo a cosa fatta. Gerry e la presenza di Fascino a noi danno una grandissima garanzia di solidità di impianto, di collocazione di palinsesto e di promozione. Certo, bisognerà avere pazienza se si pensa che Susan Boyle è uscita alla terza edizione e non alla prima, ma credo che questa sia una scelta moderna, opinione condivisa credo da Maria, Sabina e Gerry“.
Di recente lei ha iniziato a produrre anche per il mercato internazionale. Ricordiamo per la Spagna la serie Yo Soy Bea, tratta dal format colombiano che poi ha dato vita ad Ugly Betty. Che fine ha fatto la trasposizione italiana di cui si era parlato?
“Yo soy Bea italiano è un’occasione mancata. Sono molto dispiaciuto e sono convinto che avremmo ottenuto dei risultati forse non simili a quelli spagnoli (il 40% su Telecinco che non fanno neppure le partite di calcio), ma senz’altro positivi. Che il mercato italiano non abbia colto per pigrizia e indolenza la potenza commerciale di questo programma è inspiegabile. Io forse ho commesso un errore: un’estate del 2007 ricevetti una telefonata di Alessandro Salem (e io con Mediaset non posso realizzare soap del daytime per l’esclusiva di MediaVivere con Endemol) che mi chiedeva di realizzarlo in prime time. All’epoca ABC non aveva ancora realizzato Ugly Betty. Siccome io ero in contatto con la Rai e Agostino Saccà ed ero fermamente convinto che la serie fosse più forte nel daytime che nel prime time (in Spagna abbiamo prodotto 737 puntate), ho detto di no. Oggi me ne rammarico anche perchè è stata una grande sconfitta; tenga presente che la realizzazione di Bea è stata fatta da noi italiani, io stesso ho portato là la produzione di Un Posto al Sole per costruire un prodotto che fosse a livelli qualitativi come i nostri. Avevamo fatto provini per la Bea italiana, Paolo Terracciano il capoprogetto ci ha lavorato per 6 mesi e poi tutto è finito nel cestino. Un vero peccato”.
E riguardo a Sin Tetas? Si diceva sarebbe andata su Raidue…
“Stiamo preparando una fiction di 6 puntate per Canale 5. Ci ispireremo alla versione spagnola con i dovuti cambiamenti in funzione di una rete che rispetto a Telecinco ha un pubblico diverso ed aspettative differenti. Dovrà essere adattata all’uso e al costume dell’Italia. Il protagonista maschile sarà Daniele Liotti”.
Ha parlato di Un posto al sole, la prima soap opera italiana che tra non molto raggiungerà il traguardo delle 3.000 puntate…
“Sono orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto. E’ una grande famiglia che si trova in una grande città come Napoli, lontana dal gossip della nostra televisione. Lavorano tutti con una grande autonomia e con un eccellente supporto da parte della Rai e di Raitre in particolare. Vedo delle radici profonde per questa serie e degli indici di ascolti davvero straordinari per la rete in cui va in onda. Lunga vita quindi a Un Posto al Sole e auguri per altre 3.000 puntate”.
Per concludere, ci può anticipare qualche titolo di fiction o di lunga serialità su cui come Grundy punterete nei prossimi mesi?
“Sono felice del lavoro che abbiamo fatto sulla serie La Nuova Squadra. Questa è la classica prova di cosa significa televisione industriale. L’edizione dell’anno scorso è risultata sbagliata perchè forse siamo andati oltre i limiti richiesti dal nostro pubblico. Abbiamo fatto una rapidissima inversione di tendenza, con grande coraggio malgrado un mare in tempesta e oggi il risultato d’ascolto è in piena media di rete con un 8-9% in una serata fortemente concorrenziale. Il pubblico sicuramente ha apprezzato, ma anche i commenti del nostro committente sono favorevoli. Da un prodotto che stava per morire, tanto è vero che ci siamo aggrappati a questa mezza stagione con la spada di Damocle della chiusura sulla testa, oggi abbiamo una serie che funziona pienamente integrata nel palinsesto di Raitre. Questa è la dimostrazione di quanto la fiction industriale abbia la flessibilità che altri modelli non hanno.”
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