Roberto Lipari a TvBlog: “L’unico pupazzo a Striscia la notizia è il Gabibbo. Satira su Salvini, GF Vip e Giordano per me è normalità”
Roberto Lipari: “La coppia con Sergio Friscia a Striscia la notizia, il debutto a Zelig, la satira che denuncia”. Intervista TvBlog
“Striscia la notizia è sempre più casa. Per me me è la seconda stagione da conduttore, ma, in verità, già dopo la seconda puntata l’anno scorso, avevo la sensazione che stessi conducendo Striscia da 8 stagioni; è l’effetto del giornaliero in tv, è un po’ come una gita di classe“. Roberto Lipari, 32enne comico siciliano, conduce dalla scorsa stagione Striscia la notizia in coppia con un altro siculo doc, Sergio Friscia. I due sono accomunati dall’essere stati inviati del tg satirico di Antonio Ricci, in onda dal lunedì al sabato su Canale 5.
Prima dell’anno scorso avevamo fatto solo quattro giorni di riprese nel mio film TuttAPPosto. Ma, incredibile, sembra che lavoriamo insieme da una vita.
Quindi è nata una nuova coppia comica?
Tutte le coppie comiche inevitabilmente si usurano col tempo, noi invece diventiamo coppia solo in alcune occasioni e per questo siamo fortunati. Noi siamo mossi dal desiderio di fare coppia, non dal bisogno.
Perché un 32enne conduce Striscia la notizia?
(ride, Ndr) Sì, assieme a Francesca Manzini, sono il più giovane nel programma. Striscia per me è mitologico, credo sia la trasmissione di cui ho visto più puntate nella mia vita. È un onore per me, è come se fosse un parente più grande. La satira è complicata da fare alle 20.30, Antonio Ricci ha creato una formula geniale: lanciare denunce e stilettate mentre lo spettatore sta mangiando o sistemando casa. E questo lo fa con un pupazzo, il Gabibbo. Quando ne ero spettatore, Striscia mi ha spinto verso la satira, oggi che la conduco mi permette di farla. Certe volte le cose si attraggono perché si vogliono. Insomma, per rispondere alla domanda, conduco Striscia perché era quello che volevo fare da piccolo.
Dopo il periodo di conduzione, tornerai nei panni di inviato di Striscia?
Sì, certo.
Ti hanno mai suggerito di migliorare la tua dizione, per far sentire meno la tua cadenza siciliana?
Sì, è un classico. Ho studiato dizione… e dopo sei mesi il mio insegnante parlava perfettamente palermitano! A parte gli scherzi, non mi è servita a nulla. Nel monologo il comico non ha una maschera e quindi deve parlare come parla nella vita. In Italia non c’è niente di più nazionale che parlare con la cadenza della propria regione.
Ficarra e Picone hanno lasciato Striscia la notizia, Roberto Lipari e Sergio Friscia ne sono gli eredi?
Non credo tanto alla questione degli eredi, anche nello sport ho sentito mille volte ‘l’erede di Maradona’, ma l’erede di Maradona non esiste. Rispetto a Salvo e Valentino io e Sergio abbiamo una conduzione diversa, anche se in entrambi i casi non c’è un comico e una spalla. Ficarra e Picone – che hanno prodotto i miei film – stanno facendo qualcosa di straordinario anche dal punto di vista del lavoro sulle generazioni future. Due come loro nascono ogni cento anni, sono inarrivabili per me.
Conduci uno dei programmi più popolari in Italia ormai da due stagioni, sei recentemente salito sul palco di Zelig, ma Roberto Lipari non è ancora “famoso”. Come mai?
Se io domani compissi un omicidio, finirei su tutti i giornali e diventerei famoso. Essere famoso non è una qualità e non me ne è mai fregato. Poi, chiaro, essere famoso aiuta a riempire i teatri. Ma a me interessa molto di più riuscire a fare quello che mi piace e che questo piaccia alla gente. La mia generazione è fortunata perché i modi per emergere sono tantissimi, tra web, tv e live. Ma non esiste più un unico pubblico. A parte Sanremo, che ancora oggi unisce tutti, si preferisce puntare sulla propria nicchia. E io così faccio: ho la mia nicchia e spero possa crescere. La mia nicchia conosce perfettamente il mio linguaggio e cosa posso dare. Ormai funziona così per tutto., a meno che tu non sia Fiorello o non faccia parte della sua generazione. Per questo motivo quelli della mia generazione giocano più partite, ossia fanno un po’ di live, un po’ di tv, un po’ di cinema, un po’ di piattaforme e così via. L’unico modo per crearsi il pubblico è andare tu dal pubblico e non il contrario.
Quindi per strada non ti fermano?
In realtà mi fermano, ma se avessi fatto Striscia nel 2000 forse mi fermerebbero di più.
In tv, tra Striscia la notizia e Zelig, hai definito Mario Giordano uno “zio rincoglionito”, hai detto che il ministro Salvini “fa intrattenimento” e hai esortato i politici ad uccidersi per farsi votare. La satira permette di dire tutto?
Su Salvini ho detto molto di peggio! (ride, Ndr). Dai tempi di Aristofane si discute sul fatto che la satira debba avere limiti o meno. Oggi se ne parla un po’ sui social, per fare like e condivisioni… ormai è come parlare di arancino o arancina… non si arriva mai ad una conclusione! Io tiferò sempre per la libertà di fare satira. La satira per me significa denuncia, non scherno fine a se stesso. La battuta su Giordano serve per denunciare quel tipo di televisione, quel modo di fare informazione, con le urla e i balletti. La vera battuta su Salvini è quando dico ‘non capisce nulla di politica estera’, perché il riferimento è alle tante assenze collezionate quando era al Parlamento europeo.
I conduttori di Striscia la notizia credono a quello che dicono o al copione di Antonio Ricci non si può dire di no?
L’unico pupazzo a Striscia è il Gabibbo, non di certo i conduttori. Noi conduttori ci crediamo eccome a quello che diciamo.
Anche quando a fine puntata lanciate il Grande Fratello Vip?
Certo. Mi ricordo che Ficarra e Picone una volta si nascosero sotto il bancone dicendo ‘noi la faccia non ce la mettiamo: ora c’è il Grande Fratello Vip’. Con Sergio ci è venuta l’idea di lanciare il Gf Vip in maniera molto sconfortata, rispetto agli altri lanci normali. E qui Ricci non impone nulla, non c’è proprio scritto nel copione, è tutta farina del nostro sacco.
Insomma, a te il Grande Fratello Vip non piace e quindi lo dici su Canale 5 anche se sotto forma di battuta.
Sì. L’anno scorso quando lanciammo da Striscia la terza e ultima puntata di Zelig, io e Sergio dicemmo: ‘Di Zelig fanno solo tre puntate purtroppo, del Gf Vip ne fanno troppe’. A Striscia la notizia non ci sono filtri ed ho la libertà bellissima di dire ciò che mi pare. È un parco gioco.
Mai capitato di non essere d’accordo su una battuta presente sul copione?
Premesso che il copione di Striscia è molto vivo e che una volta in onda io e Sergio lo facciamo nostro, è capitato, sì. Ma è un normale confronto. La verità è che molte battaglie di Striscia, soprattutto quelle per la legalità, sono anche le mie.
Anche quelle contro la Rai, dove magari un giorno potresti lavorare?
Certo. Se è per questo, ho lanciato anche servizi di denuncia su luoghi nei quali lavoravano persone che conoscono. Se la battaglia è giusta e fondata – e lo è, per esempio, quella sulle scenografie Rai messe a budget e poi finite a casa dei dirigenti Rai o quella sulla presunta concussione sessuale per Linea Verde – non posso tirarmi indietro perché poi un giorno magari lavorerò in Rai. Anche perché penso che pure la Rai sappia quando è nel giusto e quando nel torto.
Veniamo ai dati Auditel. Da questa settimana avete contro la partita serale dei Mondiali, ma di solito la sfida è con I Soliti Ignoti di Amadeus, che batte sempre Striscia la notizia.
Gli ascolti li guardo, ma per me l’indice di gradimento non è un indice di rodimento, come diceva Enzo Tortora. Non li vivo male, ma mi interessa capire. Sul pubblico attivo, il più pregiato e di riferimento per gli investitori pubblicitari, battiamo ogni giorno i Soliti Ignoti e da quando siamo arrivati in questa stagione gli ascolti sono saliti. Questo significa che sta crescendo l’affetto e quindi sono molto contento. In quella fascia – dove la tv generalista ancora sopravvive rispetto alle piattaforme – ormai si soffre e le ragioni sono tante, ma Striscia è molto spesso il più visto della rete; quindi, resta il punto cardine di Canale 5.
Nel 2016 hai vinto Eccezionale Veramente, primo talent per comici su La 7. Gli ascolti non furono esaltanti, ma immagino che per te quel programma abbia rappresentato una vera svolta.
L’ultima puntata fece il 5% di share (le precedenti puntate oscillarono tra il 2 e il 3% di share, Ndr) e la produzione stappò lo spumante, ai tempi quei numeri li faceva solo Crozza su La7. Vincere Eccezionale Veramente per me è stato come vincere i Mondiali perché con quel pubblico si è creato un legame incredibile, è quello più affezionato a me ancora oggi. Quell’esperienza mi ha dato la spinta, mi ha fatto riempire i teatri e mi ha fatto conoscere sui social dove i video dei miei monologhi hanno avuto una seconda vita. E pensare che prima di Eccezionale Veramente avevo deciso di fare solo l’autore. Mi ero detto che sarebbe stato l’ultimo tentativo, perché a tutti i provini sostenevano che “i monologhisti non vanno più”, “devi metterti una parrucca, devi fare un personaggio”. Sì, Eccezionale Veramente è stata la svolta.
E domani sera torni a Zelig, dove hai debuttato in questa stagione con un monologo ‘vecchio stile’ sulla televisione.
Mi hanno chiamato questa estate. Il mondo Zelig l’avevo già frequentato sia per il teatro – quando facevo Colorado andavo a provare proprio allo Zelig di Milano – sia perché lo seguivo in tv. Mi sono subito sentito a casa. Il monologo è stato vecchio stile? Non lo so, è il mio stile. Le etichette non servono, io mi ispiro a Pino Caruso, che non aveva etichette, era un comico e basta. Quel pezzo parte come elogio funebre alla tv, ma alla fine esorto la tv a fare meglio, come ha fatto in passato quando io ne ero spettatore. La gente qualche volta mi chiede: “Perché fai ancora televisione?”. Perché io l’ho vista la tv che può fare cose belle. Io ci credo ancora.