Ricerca francese: alla Tv piace la cronaca nera
Secondo Claire Sécail (nella foto a sinistra) ricercatrice al CNRS alla tv piace la cronaca nera. La Sécail ha analizzato in uno studio, divenuto poi saggio di 600 pagine, Crimes et petit écran (Nouveau Monde Editions), Crimine e piccolo schermo, diverse trasmissioni televisive in onda sul piccolo schermo dal 1950 al 2010, cioè dalla nascita
Secondo Claire Sécail (nella foto a sinistra) ricercatrice al CNRS alla tv piace la cronaca nera. La Sécail ha analizzato in uno studio, divenuto poi saggio di 600 pagine, Crimes et petit écran (Nouveau Monde Editions), Crimine e piccolo schermo, diverse trasmissioni televisive in onda sul piccolo schermo dal 1950 al 2010, cioè dalla nascita della tv in Francia.
Ebbene il risultato è sorprendente. Spiega la ricercatrice che da sempre si è cercato di catturare sui media attenzione: dal consolidamento della stampa durante la Belle Epoque con la corsa alle pagine di cronaca nera per acchiappare lettori, sino alle recenti trasmissioni che raccontano storie cruente in tv. Ne ha contate, la Sécail di trasmissioni dedicate al genere, anche 17 alla settimana in un crescendo di interesse generale.
Ma la Tv ai suoi esordi era molto più circospetta rispetto ai fatti di cronaca nera da divulgare e in un certo senso sentiva la responsabilità di quanto andava diffondendo. Ad esempio, nota la ricercatrice, non sempre si poteva raccontare tutto quel che accadeva e parlare di determinate storie di nera alla tv era vietato. C’era una maggiore attenzione a non voler urtare la sensibilità del pubblico con storie dilettuose al limite dello scandalo o con storie che avevano per protagonisti assassini ben lontani dalla Francia. Con il passare del tempo, dagli anni ’70 in poi il gusto per una sorta di “splatter” della notizia ha preso il sopravvento e dunque si è passati a raccontare anche in dettagli, spesso disgustosi, fatti di cronaca nera. Le responsabilità certamente dei giornalisti che nella ricerca dell’audience non hanno esitato a menare colpi bassi.
Se in Francia il giro di boa verso questo genere di televisione che sarebbe poi sfociato nel reality viene visto nell‘affaire Villemin, che riguardò la morte del piccolo Grégory di 4 anni e di cui se ne occupò anche la scrittrice Marguerite Duras per Libération, affermando di conoscere ma di non poter rivelare il nome dell’assassino, in Italia probabilmente la svolta è stata rappresentata da quella lunga diretta della terribile storia di Vermicino e della tremenda fine di Alfredino, il bimbo di 7 anni caduto in un pozzo artesiano mentre giocava con gli amici. La diretta, a reti unificate la tenne un giovanissimo Piero Badaloni, seguito da 21 milioni di telespettatori incollati al piccolo schermo per due notti di orrore e speranza.
[Via | 20minutes, France-Info]
[Foto | 20minutes]