Rex 8, i Manetti Bros. regalano più azione alla fiction, ma senza esagerare
Rex 8 ha più azione, grazie ai Manetti Bros., ma la sceneggiatura si limita a rispettare delle regole con i suoi personaggi
C’è più azione, nell’ottava stagione di Rex: la fiction di Raidue mantiene le promesse e mette da parte la classica investigazione per concentrarsi sulle scene d’azione che rendono la serie tv più dinamica ed adrenalinica. Bravi i Manetti Bros.: i registi hanno riadattato format a seconda dei loro stili, dando un tono più sicuro di sè ad una fiction che, però, ha poco da dire per quanto riguarda la sceneggiatura.
Nonostante qualche cambiamento (curiosa la seconda puntata di questa sera, ambientata quasi esclusivamente sulle rive del Tevere), sembra che Rex non riesca ad intrattenere quanto vorrebbe: se si predilige la parte action, a risentirne è la narrazione, a tratti semplice e troppo banale, con il caso da risolvere che passa in secondo piano, diventando un pretesto per dare al cane poliziotto più scene.
L’intenzione sembra quella di allontanare Rex dalle stagioni viennesi e renderlo più rude, un racconto di strada che porta i protagonisti ad essere, però, macchiette all’interno di un formato che richiede certe parti e certe azioni. Così, se il protagonista Marco Terzani (Francesco Arca) deve essere il duro a tutti i costi, toccherà agli altri interpretare i poliziotti più “seri”, capaci di svolgere il loro lavoro avvalendosi dell’aiuto di Rex.
In questo senso, Rex resta d’impostazione classica, con uno schema che, nonostante qualche dialogo meno tradizionalista, si svela essere quello di un poliziesco che ha bisogno di ruoli che non possano disturbare il pubblico. Il che non è un male, ma riporta la serie tv ad essere un crime più moderno ma sempre rispettoso del genere.
Rex, in questo modo, cerca l’innovazione guardando al passato: in alcuni casi ci riesce, mentre in altri deve piegarsi a delle logiche da fiction, dimenticandosi delle buone intenzioni per volere della trama semplice.