Report, Gabanelli: “Giornalisti intimiditi dalla politica, che querela chi critica”
Milena Gabanelli parla di giornalismo alla vigilia della nuova stagione di Report.
Milena Gabanelli torna su Rai 3 con Report da domenica 3 aprile e riflette sul giornalismo in Italia in un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano. Il rapporto fin troppo stretto tra politici e giornalisti e la debolezza del sistema editoriale italiano sono due dei principali fattori che a detta della Gabanelli inficiano il mestiere, sempre più esposto al ‘potere’ e alla ‘mancanza di tempo’.
I giornalisti italiani sono pigri, impreparati, disillusi, intimiditi? Beh, c’è un po’ di tutto, nota la Gabanelli, ma soprattutto quel che sembra limitare l’azione giornalistica la perdita del ‘concetto di squadra’, di team, che sembra essersi sfaldato nel giornalismo di oggi, e l’esistenza di editori “puri e anche un po’ illuminati”.
Nel rapporto con le ‘verità’ politiche o nell’approfondimento, ad esempio
“ci sono i pigri, quelli a cui piace compiacere, ma quello che spesso frena è la ‘fatica’ di sostenere il meccanismo che si innesca quando non ti accontenti della ‘favoletta’, fatto di odiose telefonate al tuo direttore e diffide preventive. Se devi passare metà del tuo tempo a giustificarti o a rispondere ai legali o ai portavoce, capisco che possa anche passare la voglia. In altre parole […] la linea la dà il direttore: se sprona e difende i suoi giornalisti, faranno bene il loro mestiere, altrimenti si limiteranno al ‘compitino'”
sottolinea la Gabanelli, che a proposito dei ‘gufi’ tanto ‘amati’ dal premier Renzi non la manda a dire:
“I gufi esistono, ma spesso li si confonde con i cani da guardia”.
Tornando alle minacce legali, la giornalista non manca di ammettere che pesano: tra gli ultime in ordine di tempo, ricordiamo i casi Ferrovie dello Stato ed Eni.
“[Sono minacce che] Pesano. […] Nel nostro caso gioca un ruolo importante “l’effetto squadra”. […] Per onestà devo anche dire che nel corso degli anni, nonostante ci siano state vicende dentro la Rai molto travagliate e antipatie manifeste, c’è sempre stato il sostegno del direttore di rete di turno. Non c’è dubbio che l’abitudine di portarti in tribunale a prescindere ha un effetto intimidatorio sul nostro lavoro e quindi sulla libertà di informazione”.
Libertà che, come scrive la Gabanelli nel suo libro, tutti i politici predicano, anche se poi parlano solo con i giornalisti amici:
“Mi definiscono ‘scomoda’? Abbiamo sempre bisogno di etichettare. Non sono posseduta dal ‘sacro fuoco’ […] cerco solo di fare al meglio il mestiere per cui sono pagata. E’ un principio semplice, che vale per tutte le categorie. […] Occorre dire, però, che nel nostro Paese chi si danna per un’informazione indipendente, accurata e approfondita non è premiato, nemmeno dai cittadini. Troppe persone mi dicono “Fate un lavoro straordinario, ma tanto non cambierà niente!” […] A volte è scoraggiante… Sembra di essere dentro un Paese di Gomma”.
In fondo in Italia gli scandali passano senza che nulla faccia nulla, italiani in primis. Ma sulla natura del ‘viziato’ rapporto del giornalismo e del potere nel nostro Paese, la Gabanelli non ha dubbi:
“Politici e giornalisti dedicano troppo tempo a occuparsi gli uni degli altri: questo è il problema”.