Renzo Arbore: basta con la Rai commerciale
E’ un Renzo Arbore a tutto campo in un’intervista rilasciata al portale dell’Associazione Articolo 21 si scaglia contro quella che definisce senza mezzi termini “la crisi della Rai“.Arbore non vuole occuparsi del bilancio, quello preferisce lasciarlo ai tecnici, è sulla “crisi artistica” che sente di poter dire la sua, senza risparmiare nessuno (o quasi): Crisi
E’ un Renzo Arbore a tutto campo in un’intervista rilasciata al portale dell’Associazione Articolo 21 si scaglia contro quella che definisce senza mezzi termini “la crisi della Rai“.
Arbore non vuole occuparsi del bilancio, quello preferisce lasciarlo ai tecnici, è sulla “crisi artistica” che sente di poter dire la sua, senza risparmiare nessuno (o quasi):
Crisi di “contenuti” e non solo. La Rai soffre l’incapacità di inventare, di intercettare la sensibilità popolare, di aggiornarsi sull’intrattenimento, di adeguarsi alle nuove tecnologie […] L’Italia è in molti campi il paese dell’eccellenza. Siamo il Paese dell’arte, di Renzo Piano, della Ferrari, della riscossa del cinema pur essendo povero rispetto a quello americano… Non vedo perché la televisione, che dovrebbe annusare queste ed altre eccellenze, non le riproduce.
La ricetta di Arbore, che a dire il vero pecca in modestia, per uscire da questo stallo è l’utilizzo della tecnica della “doppia lettura”, creare programmi che “cerchino di conciliare le istanze della gente comune con quelle del pubblico più “sofisticato”, una tecnica nella quale sono stato un profeta“. Quindi programmi tv popolari “ma che siano pieni di gusto e non diano voce solo a coloro “che alzano la voce”. Popolare non significa coltivare il gossip da ballatoio o da pianerottolo”
L’ex mattatore di Alto Gradimento salva complessivamente Raitre, “quella che meglio rappresenti l’idea del servizio pubblico, pur non avendo i mezzi necessari. Raitre fa programmi di cui non devi vergognarti. Chi soffre sono le altre due reti.”
La responsabilità della crisi di Raiuno e Raidue sta nella scelta editoriale di seguire “pedissequamente le logiche della tv commerciale, delegando troppo a venditore esterni di format come Endemol“, per Arbore “è venuto il momento che la Rai si riappropri di una capacità creativa che è assolutamente nelle sue corde, inventando format moderni che tengano conto delle evoluzioni dell’intrattenimento televisivo. E partendo dal presupposto che la tv influenza innegabilmente le nuove generazioni, non vorrei una tv solo “educativa”, ma di certo non una tv “non-educativa”“.
Gli elogi arrivano per lo speciale del Tg1 dedicato a Dino De Laurentis, una “trasmissione, seria, sobria e per nulla noiosa, che se visto da un giovane gli avrebbe permesso di conoscere un uomo che si è fatto da sé, che ha conquistato l’America ed è apprezzatissimo nell’ambiente artistico.
Un Renzo Arbore “ecumenico” che vorrebbe vedere più musica in televisione, dal rock alla musica popolare, e che non chiede di rientrare in gioco, ma mette a disposizione l’esperienza maturata da quando nel ’65 è entrato in Rai per concorso, inventando format radiofonici e televisivi. Il tutto senza alcuna velleità di potere né di prebende, (“sono a disposizione perché mi appassiona la comunicazione“) e con uno slogan: una televisione pubblica di qualità che non abbia un ossequio eccessivo al mercato.