Reality… short: i pro e i contro
A quanto pare, l’auditel bloggin’ è l’argomento del momento. Ci sarebbe quasi da dedicarci una rubrica fissa, dal titolo “Che c’è in palinsesto?”, con gli aggiornamenti sulle incessanti variazioni delle programmazioni quotidiane. La situazione si complica se nel mirino ci sono i reality, travolti da un calo di interesse generale che sembra non risparmiare (quasi)
A quanto pare, l’auditel bloggin’ è l’argomento del momento. Ci sarebbe quasi da dedicarci una rubrica fissa, dal titolo “Che c’è in palinsesto?”, con gli aggiornamenti sulle incessanti variazioni delle programmazioni quotidiane.
La situazione si complica se nel mirino ci sono i reality, travolti da un calo di interesse generale che sembra non risparmiare (quasi) nessuno.
A farne le spese più di tutti, Reality Circus che, pur non meritando un gradimento così blando, ha scontato il flop delle puntate giornaliere con la cancellazione della striscia serale (da domani va in onda solo la mattina).
In più, domenica sera, al suo posto, andrà in onda Distretto di polizia per contrastare la fiction su Falcone, e non c’è traccia di una sua ri-collocazione nel palinsesto, dominato dai Cesaroni e L’onore e il rispetto.
E’ per questo che Paolo Bassetti, patron di Endemol e produttore dei reality attualmente in onda nelle reti Mediaset, ha lanciato una proposta alla concorrenza:
“Facciamo finire i reality alle 23,30”.
Tra gli addetti ai lavori c’è la consapevolezza che qualcosa non funziona più. Persino nell’inaffondabile Isola dei Famosi, in cui Giorgio Gori dice di aver provato di tutto e che il filone ha ormai esaurito la sua spinta.
Intanto, mentre un’inchiesta del settimanale Chi ha rivelato i costi di produzione delle nuove trasmissioni, (Reality Circus 930mila euro a settimana tutto compreso; Wild West di Grundy Italia 5,5 mln di euro; l’Isola dei famosi 4 di Magnolia meno di 6 mln di euro ma quasi 10 quando si aggiungono i costi Rai), proviamo a fare chiarezza confrontandoci con il parere degli esperti.
Il massmediologo Klaus Davi, intervistato da Di Più, stigmatizza il grosso handicap del reality di nuova generazione:
“Gli spettatori sanno che non potranno stare alzati fino alla fine del programma, quindi non sapranno come andrà a finire visto che le nomination, il momento più importante del programma, arrivano sempre alla fine. Così preferiscono non vederlo nemmeno”.
Perchè mai, allora, questi spettacoli durano sempre di più e nessuno fa qualcosa per impedirlo? Lo spiega Luigi Ricci, direttore di Barometro, società specializzata nell’analisi dei dati di ascolti televisivi.
“I programmi fiume finiscono sempre più tardi per fare tesoro del pubblico che ha finito di vedere un film o un telefilm su un altro canale. Queste persone, prima di spegnere il televisore, guardano la fine dei programmi fiume, quando ci sono le nomination, permettendo di alzare lo share. E questo è possibile perchè, anche se a notte inoltrata ci sono meno persone che guardano la televisione, quelle che la guardano si incollano davanti ai programmi lunghi che, così, di conseguenza alzano la percentuale di ascolto. E poi questa percentuale è spalmata su tutta la durata del programma facendo così aumentare lo share complessivo. La battaglia per lo share serve a poter dire ‘ho vinto io’, ma i dati così ottenuti sono di fatto drogati”.
In definitiva, stando a quanto afferma l’esperto, le stesse aziende pubblicitarie non userebbero lo share, che è un dato poco attendibile, come riferimento per decidere su quali programmi fare i loro investimenti, ma farebbero leva su altri feedback, quali il target, la rete di riferimento e gli ascolti.
Con il passare dei giorni, la battaglia per lo share rischia di vedere minata la credibilità dei fuoriclasse della tv generalista: mentre i loro programmi si allungano a dismisura, i telespettatori da casa li seguono sempre meno, preferendo ripiegare su forme di intrattenimento più agevoli e gestibili nell’economia del relax serale.
Riusciremo a uscire dal tunnel del flop in agguato?