Nell’ultimo anno, reality come il Grande Fratello e L’Isola dei Famosi sono stati momentaneamente messi in soffitta per lasciare spazio ad altre forme di intrattenimento leggero che potessero conquistare il gradimento del pubblico. Ma il genere non è morto e, anzi, si prepara ad un ritorno in pompa magna (sotto nuove evolute vesti) per mettersi al pari dei talent show interattivi di nuova generazione. Ne è convinto il neo direttore di Raiuno, Giancarlo Leone, già a capo dell’Intrattenimento (Fonte Il Giornale):
Per me è un fatto contingente. Credo che tutto dipenda da fattori strutturali. È vero, i reality tradizionali hanno un po’ saturato il pubblico. Però c’è la formula emergente di Pechino Express: niente studio, gossip e opinionisti che non sempre erano un valore aggiunto. A mio avviso le ragioni principali sono di tipo economico. Costi strutturali difficili da giustificare in epoca di spending review. Poi sì, certi format contenevano elementi borderline per il pubblico generalista. Non credo che la sobrietà confligga con questi programmi. Anzi, i reality potrebbero avere una funzione di evasione che solitamente si rafforza nei momenti di recessione. Non vedo l’equazione crisi sociale tv più morigerata. Semmai bisogna constatare un cambiamento di linguaggio. La crescita dei talent va in questa direzione e instaura un circuito più virtuoso. Ho fortemente voluto The Voice of Italy che partirà in primavera su Raidue…
Il direttore generale dei contenuti Mediaset, Alessandro Salem, è fiducioso sullo stato di salute di uno dei suoi ‘gioiellini’, il Gf:
Non sono tra coloro che pensano che il reality classico sia morto. Non credo a un rifiuto del pubblico per il genere. Piuttosto, occorre declinarlo in modo più coinvolgente per i telespettatori. Noi resteremo per un anno senza Grande Fratello, ma lo riprenderemo a fine 2013 con una robusta preparazione sul web, il media più empatico verso questo genere. In Rete il pubblico potrà partecipare, suggerire persone da far entrare nella Casa, affezionarsi alle storie. Sarà una sorta di warm up del programma. Si tratta di sintonizzarlo sullo spirito del tempo. Attraverso uno schema che si snoda con il lavoro di casting, la costruzione delle storie e lo sviluppo spontaneo di una sorta di soap. È vero, crescono i talent. E faccio notare che il primo in Italia è stato Amici di Maria De Filippi. Ma anche i reality, sviluppandosi attraverso una convivenza forzata e senza contatti con l’esterno, hanno dinamiche e equilibri profondi. Fuori la società sta cambiando. Soprattutto attraverso la scelta dei protagonisti, i reality possono rispecchiare questo cambiamento.
Andrea Scrosati, vice presidente esecutivo cinema e intrattenimento di Sky, è più attento ai mutamenti di questi tipi di format:
La buona tv è quella che sa rispecchiare e interpretare questi cambiamenti. Fino a qualche tempo fa era la telecamera a creare la realtà accendendosi nella Casa o sull’Isola. Ora riprende e racconta, pur spettacolarizzandole, realtà pre-esistenti. È il caso dei talent show, il genere emergente della tv attuale, nei quali conta la narrazione, ma ancor prima conta l’esprimersi del talento. Ed è anche il caso dei docu-reality che stanno facendo la fortuna di tanti canali tematici. Cito Apocalittici di National Geographic. Oggi la nostra società sta smarrendo il valore straordinario del sogno. Per resistere, questo sogno dev’essere ancorato a elementi di concretezza. Credo che una parte delle giovani generazioni cominci a capire la differenza tra il mito del posto fisso e la necessità di passare attraverso percorsi di selezione inevitabili. I talent show rappresentano questo passaggio e il fatto che sfondino sul web ne è la conferma.
E se la lunga attesa (e lontananza forzata) dagli schermi tv sia l’arma vincente per riportare in auge una macroarea della nostra tv data ormai per spacciata?