Home Notizie #SaveRayan, le immagini del bimbo nel pozzo rimbalzano sui social: l’orrore di Alfredino ai tempi di Tik Tok

#SaveRayan, le immagini del bimbo nel pozzo rimbalzano sui social: l’orrore di Alfredino ai tempi di Tik Tok

Le immagini di Rayan nel pozzo stanno facendo il giro dei social, tra profili privati, organi di informazione e giornalisti, anche italiani.

pubblicato 4 Febbraio 2022 aggiornato 5 Febbraio 2022 09:43

Un bambino di 5 anni, Rayan, è caduto in un pozzo martedì 1 febbraio a Tamorot, in Marocco. Le operazioni di soccorso sono iniziate mercoledì 2 febbraio, come si legge nella copertura di Morocco World News, e stanno impegnando centinaia di uomini e mezzi. Stando alle informazioni raccolte dai soccorritori, il bambino – scivolato in un condotto di perforazione dall’imboccatura di 30 cm, che si riduce a 20 cm – sarebbe bloccato a 32 metri, è ancora vivo, respira, è stato idratato e le autorità sono ‘certe’ di un suo salvataggio.

Le operazioni di recupero sono in corso, quindi, da tre giorni e stanno vedendo uomini e mezzi impegnati nello sbancamento dell’area: più che alla costruzione di un pozzo parallelo, infatti, si sta procedendo all’eliminazione di tutto il terreno che affianca il pozzo per poi scavare un tunnel di circa 3 mt che raggiunga il bambino per portarlo finalmente fuori. Il Marocco segue col fiato sospeso news e aggiornamenti – e a quanto pare la tv pubblica marocchina non sta facendo dirette tv dal luogo dell’incidente, né lo fanno quelle private, ma si segue la vicenda con continui update online segnalati anche con specifici crawl sui propri siti – mentre fioriscono polemiche sullo scavo di pozzi illegali e si moltiplicano le preoccupazioni per la fragilità del pozzo in relazione allo scavo del tunnel parallelo. Il circo mediatico non manca, con il padre del bambino che denuncia sciacalli che vogliono approfittare della tragedia del figlio e bambini poco più grandi dati in pasto alla stampa per la loro volontà di scendere nel pozzo e salvare il piccolo.

Ovviamente tutto questo ci riporta al giugno 1981 e ai giorni in cui si consumò il dramma di Alfredino Rampi, in diretta tv. Il copione si ripete identico e se possibile è anche peggio per alcuni versi.

Nel 1981 la tv di Stato (in)seguì un salvataggio che credeva sicuro. Tra i più grandi errori quello di diffondere la voce del bambino, terrorizzato, disperato, dal pozzo in diretta tv. Una cosa raggelante.

Quarantuno anni dopo scendono in campo i social, i canali YT, ma anche l’informazione di vario livello: stanno rimbalzando le immagini del bambino ranicchiato nel pozzo, ferito, che respira faticosamente, evidentemente esausto. Sono immagini prese dalla camera di servizio da cui i soccorritori controllano una volta all’ora le condizioni del piccolo. Rimbalzano da Tik Tok a Twitter, dai siti di news, anche italiani, alle televisioni internazionali: e tra le centinaia di persone intorno all’area di scavo c’è chi è in live streaming su YouTube. Forme diverse di sciacallaggio, che aprono una doppia questione: l’uso delle immagini da parte degli organi di stampa ufficiali (il pensiero corre anche alle immagini della Funivia del Mottarone che vola via nei titoli del Tg3, a tradimento) e il consumo/diffusione/sfruttamento del dolore ‘dal basso’, per contatti ed engagement.

Noi quelle immagini non le mostriamo. Io almeno non le mostro. Registro solo il fatto che il tempo non insegna a definire limiti e rispetto, dignità e maturità nella gestione del dramma di un bambino e della sua famiglia.