Rai: sciopero illegittimo per l’Autority, ma confermato dai sindacati (che si spaccano)
La Cisl si defila dallo sciopero preferendo dar vita a un confronto sulle riforme, mentre l’Usigrai studia la situazione e assume un atteggiamento ‘attendista’. Le altre sigle fanno ricorso all’Autority e confermano l’agitazione dell’11 giugno.
Situazione sempre più ingarbugliata e frammentata quella di Viale Mazzini a una settimana dallo sciopero proclamato da tutte le sigle sindacali afferenti alla Rai contro il taglio di 150 mln di euro richiesto dalla spending review del Governo Renzi.
Ieri si è pronunciata l’Autority per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali ha giudicato illegittimo lo sciopero dell’11 giugno perché
“non rispetta la regola, ben nota alle organizzazioni sindacali, dell’intervallo di dieci giorni tra due scioperi che insistono sullo stesso settore, considerata infatti l’azione di sciopero del sindacato USB prevista per il prossimo 19 giugno e precedentemente comunicata”.
La decisione dell’Autority è stata però subito rigettata dai sindacati promotori, ai quali “non risulta che la sigla USB abbia una consistenza rappresentativa tale da integrare una violazione della norma“. E così hanno annunciato immediato ricorso e confermato lo sciopero di tutti i dipendenti Rai su tutto il territorio nazionale per l’intera durata di ciascun turno di lavoro.
Il fronte dello sciopero, però, non appare più compatto come all’inizio. Mentre si moltiplicano i commenti pro e contro, si rafforza la fila dei ‘dissidenti’. Da una parte le reazioni dell’opinione pubblica, dall’altra le aperture del viceministro Giacomelli e del ministro Padoan – che hanno garantito il rinnovo della concessione di Servizio Pubblico entro quest’anno, parlato di misure anti-evasione del canone e di una sua ristrutturazione e ‘salvato’ le sedi regionali – hanno evidentemente portato qualcuno a scegliere la via del dialogo e non della contrapposizione.
Rinuncia allo sciopero la Cisl:
“La decisione del Garante è l’occasione per riflettere sull’opportunità di bloccare la Rai con uno sciopero. Non dobbiamo trasformare questa vertenza in un inutile braccio di ferro dal sapore politico con il Governo. In questo momento non lo capirebbero soprattutto i cittadini che pagano il canone, viste anche le aperture del Governo e dell’azienda”
ha detto il segretario nazionale Bonanni, tirando così fuori anche la Cisl-Fistel dalla protesta. Se la CISL si è schierata contro lo sciopero, l’Usigrai preferisce un atteggiamento ‘attendista’: il sindacato dei giornalisti ha infatti fatto sapere che le novità in arrivo dal Governo vanno nella direzione del tanto richiesto “confronto sul futuro del servizio pubblico” e pertanto si riserva di consultare gli organismi sindacali per valutare l’opportunità di partecipare allo sciopero. Difendono lo sciopero CGIL e UIL.
Insomma, le aperture del Governo – che però non arretra sui 150 mln – e la paura di essere ‘mal interpretati’ dall’opinione pubblica stanno ‘dividendo’ il fronte, all’inizio compatto, dello sciopero, quello che Mentana definì il Partito Rai. Anche in questo partito, in pratica, si sono formate delle correnti. Che sia giunto il momento di metter mano all’azienda Rai lo dicono da tempo in molti. Su questo ‘braccio di ferro’ tra Renzi e il ‘Partito Rai’, però, stanno allungando le mani i politici di opposte fazioni, dal Presidente di Vigilanza Fico, del M5S, che sostiene lo sciopero, alla Santanché, di FI, che invita Renzi a non cedere. E tutto questo, a occhio, non aiuta né la Rai, né la sua riforma.