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Rai, Gubitosi: “Giornalisti telefonano a politica per bloccare riforma”. Usigrai: “Faccia i nomi”

Al centro della nuova polemica ancora la riforma dell’informazione annunciata dal direttore generale e che a molti giornalisti proprio non piace

pubblicato 15 Ottobre 2014 aggiornato 2 Settembre 2020 23:18

È di nuovo scontro tra Luigi Gubitosi e l’Usigrai. Il direttore generale della Rai, prendendo parte al convegno ‘Rai: missione, indipendenza e governance’, in merito alla contestata riforma dell’informazione è andato all’attacco:

Ci sono stati alcuni nostri giornalisti che hanno telefonato alla politica per chiedere di bloccare ogni tentativo di riforma. Questa è una pessima abitudine della Rai. Accade che dietro a una interrogazione parlamentare che arriva dalla Vigilanza ci sia una richiesta interna. La politica deve stare fuori dalla Rai, ma la Rai deve stare fuori dai partiti.

A rispondere al dg è stato il sindacato dei giornalisti della tv pubblica, che in una nota ha stigmatizzato le dichiarazioni di Gubitosi:

I giornalisti telefonano ai politici per bloccare la riforma? L’accusa è grave. Il Dg ha il dovere di fare nomi e cognomi di chi secondo lui avrebbe fatto queste telefonate. Il gioco di assegnare le casacche dei conservatori ai giornalisti è talmente sfacciato da far nascere in noi un sospetto: il Dg cerca scuse per sottrarsi al confronto con il sindacato, proprio alla vigilia dell’avvio del tavolo sulla riforma?

In queste stesse ore anche il presidente pro tempore dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, ha criticato fortemente Gubitosi:

È davvero curioso il direttore generale della Rai. Fa proposte che non accetta vengano discusse. Decide senza confronto alcuno su vendite, tagli, accorpamenti e quant’altro e non tollera che chi ha il dovere di tutelare i diritti dei cittadini ad una informazione corretta manifesti dissenso. Ancor più non tollera che i giornalisti, che quel dovere hanno in base all’articolo 21 della Costituzione, segnalino al Parlamento e ai parlamentari i rischi delle sue decisioni. Insomma, la Rai sarebbe cosa sua e gli altri possono non applaudire (è gentile) ma debbono tacere. Qualcuno gli spieghi che in democrazia non funziona così.

Intanto, a proposito del collocamento sul mercato di Rai Way previsto a novembre, la Banca Imi, responsabile dell’offerta pubblica, ha stimato il suo valore tra 940 milioni e 1,2 miliardi.

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