Rai dire Sanremo: la Gialappa’s band su Radiodue scombina il Festival (e diventa cult)
Raramente è capitato, nel corso degli ultimi Festival di Sanremo, che i conduttori sul palco si ricordassero di chi segue la kermesse in radio e non in tv. Tra tutte le varie dirette che si possono seguire da una stazione all’altra, è diventata ormai un cult quella che la Gialappa’s Band -da martedì in onda
Raramente è capitato, nel corso degli ultimi Festival di Sanremo, che i conduttori sul palco si ricordassero di chi segue la kermesse in radio e non in tv. Tra tutte le varie dirette che si possono seguire da una stazione all’altra, è diventata ormai un cult quella che la Gialappa’s Band -da martedì in onda su Italia 1 con “Mai dire grande fratello show”- propone ogni anno su Radiodue con “Rai dire Sanremo”.
Come anche per i grandi eventi calcistici (leggasi europei e mondiali), il trio formato da Marco Santin, Giorgio Gherarducci e Carlo Taranto dissacrano la pomposità di un palco così inquietante per chi lo calca con una noncuranza disarmante, ma irresistibile per chi non regge tre ore di Festival puramente “televisivo”.
La formula del programma è in realtà una non-formula: così come sarà capitato a molti di noi in questi giorni davanti alla tv con amici e parenti, i tre ragazzacci di Mediaset -prestati alla Rai quasi senza rendersi conto dell’enorme favore che viene fatto all’azienda concorrente- possono passare dal commento vero e proprio del Festival ad una chiacchierata sulla giornata sanremese appena trascorsa, puntando con qualche battuta, a volte anche pesante, i cantanti in gara e le loro esibizioni, spesso e volentieri “coperte” dalle voci di conduttori ed ospiti (quest’anno tale sorte è toccata a Marco Carta e Sal Da Vinci, ma mai un brano è passato integralmente senza essere graffiato dai gialappi).
E i cantanti, non se la prendono? Ormai il modus operandi del trio è conosciuto nell’ambiente, e si sta al gioco, dietro le quinte: quando si indossa la cuffia di Radiodue sanno a cosa vanno incontro. Come l’ormai diventata classica richiesta di portare un po’ del programma sul palco, con una serie di tormentoni detti o scritti che minano a scombinare l’ordinato pentagramma sanremese: tutto era iniziato con “situation”, proclamato da molti cantanti nell’edizione 2003, poi il “cangureggiamento” dell’edizione successiva, con gli artisti che saltellavano sul palco, ed una Simona Ventura dotata di Canguro nelle foto della finale; passando l’anno scorso per il “red carpet”. In questi giorni è la “business innovation” a dominare: se doveste vedere una B ed una I scritte sulle mani dei cantanti, sapete da dove provengono.
Il gusto nell’ascoltare la Gialappa’s band ed abbassare il volume della tv sta proprio in questo: togliere la maschera al Festival e svelarne retroscena, indiscrezioni e tutto ciò che fa parte di quel circo di cui siamo costretti sentir parlare per una settimana all’anno. Si parte da un gioco e si arriva , magari, a far parlare: poco è bastato, ad esempio, iera sera, quando Rudy Zerbi (presidente della Sony Italia) s’è improvvisato inviato speciale e, telefonino acceso e nascosto alla mano, ha avvicinato Maria De Filippi, ospite di stasera, che avrebbe espresso il dispiacere per l’eliminazione ad Amici “della sua favorita”, con cui avrebbe iniziato una discussione sull’ultima eliminata da Amici Silvia Olari (ed è qui che cadde la linea, per mano dello stesso Zerbi).
Si diventa complici, si sentono cose che non andrebbero mai in onda su Raiuno, cantanti, conduttori ed attori si prendono la “pausa gialappa’s” come un momento di relax dalla tensione sanremese. Ed in studio, l’atmosfera di festa tra amici (fino a ieri c’erano anche Paola e Chiara, in una versione sorprendentemente ironica) aiuta a reggere una kermesse stanca (ok, un po’ meno stanca quest’anno), che ha sempre bisogno di nuove idee. E fin quando Sanremo sarà Sanremo, la Gialappa’s se ne infischerà.