Questioni di Famiglia, Marida Lombardo Pijola a Blogo: “Racconteremo le famiglie evitando il voyeurismo”
La giornalista e scrittrice intervistata da Blogo.
Marida Lombardo Pijola, giornalista e scrittrice di cui è decisamente noto il suo lavoro d’inchiesta riguardo la famiglia, le donne, l’infanzia e l’adolescenza, continuerà questo percorso anche in televisione, alla conduzione di Questioni di famiglia.
Durante la conferenza stampa, la giornalista barese ha paragonato Questioni di Famiglia a Mi manda Rai 3, facendo riferimento, ovviamente, anche alla presenza di Andrea Vianello, direttore di Rai 3. Il paragone in questione, quindi, è utile per far capire che Questioni di famiglia non si limiterà a raccontare la famiglia nelle sue numerose sfaccettature ma si pone anche l’obiettivo di trovare soluzioni alle diverse problemative con l’aiuto di due esperti in studio che analizzeranno le varie storie.
Dopo la conferenza, abbiamo intervistato Marida Lombardo Pijola per saperne di più.
L’idea base di Questioni di famiglia è quella del consultorio familiare. In quale modo interverrete per aiutare le famiglie?
Innanzitutto cercando di raccontarle perché le famiglie italiane hanno subito una trasformazione straordinaria, sia le relazioni personali all’interno dell’unione tradizionale, sia i nuovi tipi di famiglia, cambiata nella struttura, nei tipi di componenti, sia le nuove situazioni, separazioni, difficoltà di avere figli, figli che emigrano in massa sul web, vanno ad educarsi da soli… adesso, faccio un elenco ma nel quale ognuno di noi, in qualche misura, si può riconoscere. Quindi noi cercheremo di aiutare le famiglie innanzitutto raccontandole in maniera che questa nuova realtà così poco accompagnata e conosciuta, monitorata come nuova realtà sociale, poi trovi anche, un po’ di più di quanto non accada adesso, il diritto ad essere accompagnata dal punto di vista legislativo, istituzionale, strutturale o anche nell’attenzione degli altri, quelli che ti stanno attorno.
Il linguaggio della docu-fiction è il modo più semplice e diretto per arrivare al pubblico. E’ stato scelto per questo motivo?
Sì, penso di sì. Non è del tutto docu-fiction perché sono gli stessi protagonisti a raccontare per ore e ore le loro storie e poi noi scegliamo alcuni passaggi. Penso che sia questo il motivo in maniera che ognuno possa scoprire che quelle che sembrano storie particolari, drammaturgicamente di grande impatto emotivo, sono anche le loro storie. Però non finisce qui. Quella tendenza che c’è sempre un po’ a raccontare le storie delle persone, in tv o sui giornali, con uno spirito di voyeurismo, nel nostro caso faremo in modo di evitare che ci sia. Noi accoglieremo questi protagonisti, insieme a loro cercheremo di capire anche con l’aiuto di due persone competenti come si possono affrontare queste situazioni che, ripeto, sono anche le nostre, come se ne può uscire o comunque anche solo per sentirci un po’ meno soli, scoprendo che qualcuno se ne fa carico e che comunque sono situazioni molto condivise.
Considerando che Questioni di famiglia vuole trovare soluzioni ai problemi della famiglia, si può considerare un programma “quasi” politico?
La politica, certamente, è la cura degli interessi generali. E’ la capacità di farsi carico della vita delle persone. In questo senso, sarà un programma politico. Sarà in qualche modo un programma che si rivolge alla politica, che segnala situazioni che non sono accompagnate, siamo molto in ritardo dal punto di vista dell’attenzione politica e legislativa, però sarà soprattutto un programma di impatto sociale, di servizio pubblico, quello che dovrebbe essere lo scopo della tv di Stato soprattutto. La capacità di far sentire la gente meno sola, di schierarsi accanto a lei, di usare la voce e il potere della tv per sostenere e affrontare temi, denunciare lacune e accogliere le persone che si trovano in difficoltà.