Quelli che sono ostaggio dell’Isola dei Famosi
L’Isola dei Famosi è inevitabilmente l’argomento del giorno (dopo un debutto non passato inosservato) ma in questo post vogliamo parlarvene da un’altra prospettiva, sulla scia delle belle promesse a sfondo sociale di questa edizione. Qualche mese fa il nostro Malaparte ha opportunamente segnalato la protesta di una scuola media di Piombino, che richiedeva la sospensione
L’Isola dei Famosi è inevitabilmente l’argomento del giorno (dopo un debutto non passato inosservato) ma in questo post vogliamo parlarvene da un’altra prospettiva, sulla scia delle belle promesse a sfondo sociale di questa edizione.
Qualche mese fa il nostro Malaparte ha opportunamente segnalato la protesta di una scuola media di Piombino, che richiedeva la sospensione del programma per ragioni “ecologiche”:
“Nell’arcipelago dei Cayos Cochinos, in Honduras, vive un popolo che lotta per la sopravvivenza in un paradiso naturale ambito da molti. A speculazioni e minacce si sono aggiunti danni e disagi creati da un noto reality show. Quale la realtà nascosta dietro le telecamere? Che cosa resta dopo che i riflettori si spengono?”.
A rispondere a questi interrogativi altrimenti destinati all’oblio è l’ultimo numero di Vanity Fair, che propone un’interessante inchiesta sulle bistrattate popolazioni in questione.
Si chiamano Garìfuna, sono discendenti degli schiavi africani e da due secolo vivono a Cayo Chachauate, a pochi minuti di barca dai famosi. Sono sbarcati in Honduras 210 anni fa, in fuga dai soldati inglesi e la loro diaspora ha generato 46 comunità, una delle quali si è insediata nell’arcipelago infestato dalle troupe televisive globali (dopo i concorrenti nostrani, toccherà ai famosos spagnoli e colombiani).
Ebbene, tutto ciò pare che sia ‘fuorilegge’, visto che dal 2003 tutta l’area è stata dichiarata dal governo Monumento Naturale sotto la protezione di una fondazione – L’Honduras Corale Reef Fund – patrocinata dal Wwf. Ma allora che ci fanno tutti quei cameramen con attrezzatura in spalla, con tutto l’ambaradan di ripetitori e cavi sottomarini (per non parlare del via vai di imbarcazioni spesso inquinanti)?
Ad indagare sul caso il giornalista Giovanni Audiffredi, che ha raccolto sul campo scottanti testimonianze di un’usurpazione in piena regola.
“Ci vogliono di nuovo emarginare a casa nostra. A quelli della Tv è permesso tutto ciò che dovrebbe essere proibito. Toccano le piante da cocco, pescano nella riserva biologica, vivono sulla spsiaggia di Paloma, dove fino a due anni fa c’era solo un cartello con il divieto di scendere a terra. E poi la Fondazione diceva che eravamo noi i distruttori da tenere sotto controllo. Sono anni che cercano di cacciarci per sfruttare l’area”.
I Garìfuna sottolineano che da quelli della televisione non hanno avuto niente perché la sola a guadagnarci è stata la Fondazione. Ora starebbero trattando per due cisterne di acqua potabile, promesse per la fine del programma.
Gli italiani di Magnolia, finora, a Chachauate non hanno lasciato nulla e neanche gli spagnoli. I soli a mostrare un pizzico di generosità sono stati i Colombiani, che hanno donato un vecchio televisore, acceso di rado, e un lettore dvd (peccato che lì manchi la materia prima per usarlo).
Diciamo che non si tratta propriamente di mezzi di prima necessità. Ed è un peccato che la risposta di Giorgio Gori sul caso sia stata così vaga:
“Con la Fondazione abbiamo ottimi rapporti. Nessun problema per l’ambiente, nessuna questione con la popolazione locale. Non ci credete? Andate a vedere”.
Salvo poi ammettere:
“Io non ci ho mai messo piede”.