Quarto Grado e il video dell’arresto di Massimo Bossetti: andava mandato in onda?
Il video dell’arresto di Bossetti, mandato in onda venerdì 24 aprile da Quarto Grado, ha scatenato numerose polemiche. C’è stata anche la presa di posizione dell’Unione delle Camere Penali.
Venerdì scorso, 24 aprile, Quarto Grado ha mandato in onda – a soli due giorni dall’udienza preliminare del processo per l’omicidio di Yara Gambirasio – il video integrale dell’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti, presunto assassino della ragazzina. Il video è quello registrato dalle forze dell’ordine durante il fermo del muratore di Mapello, lo scorso 16 giugno 2014, in un cantiere di Seriate, dove l’uomo lavorava.
Immediate sono state le reazioni contrarie alla decisione della trasmissione di mandare in onda quelle immagini, soprattutto in rete. In tanti, infatti, si sono chiesti se ci fosse davvero bisogno di mostrarci quell’uomo, presunto innocente fino alla fine del processo, in ginocchio e ammanettato (anche se le manette erano state pixelate), per una questione di rispetto della dignità umana.
Noi di Bogo ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda, decidendo di non mostrare le immagini dell’arresto nel consueto liveblogging della puntata.
Già durante la diretta, Gianluigi Nuzzi, leggendo i commenti di Twitter, ha spiegato che il video era stato mandato in onda con l’autorizzazione della famiglia di Bossetti e dei suoi legali, presenti in studio a tutela delle ragioni del proprio assistito. Secondo la difesa dell’uomo, infatti, quelle immagini mostrerebbero che Bossetti non ha mai tentato la fuga durante l’arresto, come invece ipotizzato dall’accusa.
Nuzzi ha poi ribadito la posizione di Quarto Grado con un post su Facebook:
Quel video dell’arresto di Massimo Bossetti mandato ieri in onda è elemento di prova. Con quel video l’accusa sostiene che Bossetti cercava di fuggire. Costituisce quindi una notizia da divulgare Lo abbiamo mostrato alla moglie che ci ha detto che potevamo mandarlo in onda. Infatti lo ha con noi commentato davanti alle telecamere. Avevamo il dovere di renderlo pubblico, con i difensori di Bossetti in studio a sua garanzia. sono immagini sicuramente forti, che urtano la nostra comune sensibilità ma anche oggetto – come è’ – di scontro tra accusa (voleva scappare quando ci ha visti) e difesa (“era terrorizzato impietrito”).
La spiegazione fornita dal conduttore di Quarto Grado, però, non è bastata a placare le polemiche, che hanno anzi trovato ulteriore risonanza dopo un comunicato dell’Unione delle Camere Penali, che recita così:
La messa in onda, dopo lungo tempo dai fatti ma (non a caso) pochi giorni prima della celebrazione dell’udienza preliminare, delle crude immagini dell’arresto del cittadino Massimo Bossetti, presunto innocente fino a sentenza definitiva, non è che la ennesima dimostrazione del degrado di buona parte della informazione giudiziaria italiana.
Il limite massimo del degrado infatti è già stato da tempo raggiunto e superato e non sarà oramai la trasmissione di immagini di simili “contributi informativi” da parte dell’oramai sperimentato Circo Mediatico Giudiziario ad incrementarne in maniera sensibile la brutale arroganza.
Le immagini che abbiamo visto sono infatti soltanto la riprova del cinismo di buona parte della informazione italiana, che tratta gli esseri umani come trofei da inchiesta giudiziaria e di chi, ricoprendo ruoli pubblici delicati e funzioni giudiziarie di rilievo, non ha nessuna remora a dare in pasto agli “informatori” carne fresca per l’esibizione muscolare quotidiana e per tentare di condizionare la giurisdizione.
La gogna dell’uomo inginocchiato, impaurito, le frasi smozzicate diffuse in forma di colonna sonora, superano e prevaricano evidentemente la dignità dell’uomo, l’inutilizzabilità processuale dei contenuti, la verginità cognitiva del giudice, e si fanno beffe di ogni legge che vieta – come abbiamo più volte inutilmente ricordato e denunciato – la diffusione delle immagini di uomini in vincoli.
Di fronte all’ennesima barbarie l’avvocatura penale italiana si rivolge a tutti coloro che hanno a cuore lo stato di diritto per respingere questo modo di fare informazione ed invita tutti i cittadini all’imminente convegno di Torino (8 e 9 maggio) sull’informazione giudiziaria in Italia per discutere pubblicamente delle cause, dei pericoli e dei rimedi possibili a questa degradante distorsione dei media e del processo.
Roma, 26 aprile 2015
La Giunta
L’Osservatorio sull’informazione giudiziaria
Secondo chi scrive, i problemi da porsi sono essenzialmente due: la dignità e il rispetto della persona – in questo caso Massimo Bossetti – e la necessità che i giudici di un processo già di per sé complesso possano formare liberamente la loro decisione.
Quanto al primo punto, è indubbio che le immagini dell’arresto di un uomo, qualunque sia il reato di cui è accusato, vadano a ledere la sua dignità e possano colpire il sentire comune di chi una trasmissione la guarda.
In questo caso, però, c’era il consenso dell’imputato, della sua famiglia e dei suoi legali. Tutto a posto quindi? Non proprio, perché molti telespettatori hanno ritenuto che quelle immagini urtassero la loro sensibilità. Su questo, sinceramente – e proprio perché c’era il consenso dell’arrestato – non mi sento di esprimere un parere, perché è chiaro chi lì dipende dalla sensibilità di ciascuno, sia esso telespettatore o chi decide di mandare in onda il video.
È però il secondo aspetto – quello del libero convincimento del giudice – a lasciarmi perplessa. In un processo così delicato, a indagini ormai chiuse e senza che si sia celebrato neppure il primo grado di giudizio, mandare in onda quel video è stata per me una decisione sbagliata. Ancora di più perché la messa in onda è stata appoggiata da una delle parti in causa – in questo caso la difesa – per contrastare l’accusa, prima ancora che il Gip decidesse se rinviare o no a giudizio l’imputato.
La domanda – che giro a voi – a questo punto è solo una: fino a che punto può spingersi l’informazione, in casi come questi?