Quante storie festeggia vent’anni con Corrado Augias, fra riflessioni e ricordi
Quante storie, denominazione che il programma di libri in onda nella fascia prandiale di Rai3 ha assunto di recente, ha compiuto 20 anni.
Si festeggiano vent’anni di programma a Quante storie, dove oggi è stato ospitato Corrado Augias, fondatore di Le storie, segmento di Cominciamo bene, che si distaccò in un secondo momento dando vita a Le storie – Diario italiano e che oggi compie vent’anni insieme al programma di libri ancora in onda nella fascia prandiale di Rai3.
Per celebrare questo particolare anniversario dovevano essere presenti in studio, insieme a Giorgio Zanchini, i due conduttori che lo hanno preceduto, ovvero Corrado Augias, che ha anche tenuto a battesimo Quante storie con la sua attuale denominazione (nata sotto la direzione di Daria Bignardi), e Concita De Gregorio, conduttrice di Pane quotidiano: alla fine insieme a Zanchini era presente solamente Augias, che non si è fatto sfuggire però l’occasione per lanciarsi in riflessioni sul programma, recuperando anche ricordi del passato.
“È un programma che prende spunto da un libro per parlare di un argomento di attualità” dice riferendosi a come nasce Le storie, rispetto al quale smentisce le accuse di aver fatto un programma di sinistra:
Siamo stati catalogati come un programma di sinistra, ma siamo stati tra i primi a dire che l’estremismo di sinistra era un’attività barbarica. […] Siamo stati fra i primi ad invitare Alemanno, poi sindaco di Roma – non bravo per la verità – allora giovanissimo militante neofascista, a parlare dell’estremismo di sinistra.
Augias, su domanda di Zanchini, spiega anche perché Le storie prima, Quante storie poi non si è mai trasformato in un talk show, ma sia sempre rimasto un programma di interviste:
I talk show sono un genere da maneggiare con grande cura. […] Noi la domenica facciamo un talk show (Rebus, ndr) ridotto alla sua struttura minima: allora lì qualcosa viene fuori. Ma se fai un talk show con un parterre di sei ospiti che urlano…
Augias però non manca anche di puntualizzare anche alcune criticità legate per lui al mezzo tv, del quale, anche se differenza di Guglielmi non esclude l’adeguatezza a parlare di libri, rivela i limiti:
Io della televisione, che faccio bene o male da quarant’anni, vedo i limiti di quello che può essere trasmesso. Il libro non ha quasi limiti, salvo l’intelligenza di chi lo maneggia, la tv ha un limite terribile. Io non posso dare un numero di informazioni quante vorrei darne perché ottengo un effetto ridondante, faccio chiasso, non do notizie. Io devo limitare: frasi brevi, una sola cosa alla volta, spiegata bene, mica perché la gente è cretina, perché è il mezzo che non consente un altro tipo di comunicazione.
Inoltre Corrado Augias mette anche in guardia dal portare in tv la narrativa, chiedendo in particolare di farla raccontare dal proprio autore:
È un errore, secondo me, o non è proprio la cosa migliore chiedere ad un autore di romanzi di raccontare il suo romanzo. Tu il tuo romanzo lo devi far raccontare da un narratore, allora viene bene.
Fra una chiosa “prosaica” di Zanchini (“questa trasmissione fa vendere libri, il che non è necessariamente un male”) e la citazione dell’autore Vladimiro Polchi da parte di Augias (“è il nostro commissario politico, con la stella rossa sul berretto e la pistola al fianco”), si è conclusa una puntata che può essere letta come una lezione di come in tv ci si si possa occupare di libri, fra difficoltà e formule virtuose costruite nel corso di vent’anni.