Pupi Avati – Cattiva maestra televisione
C’è un bel saggio di Karl Popper, filosofo del novecento noto per il rifiuto e la critica dell’induzion e per la proposta della falsificabilità come criterio di demarcazione tra scienza e metafisica – addentrarsi oltre nelle spiegazioni non ci è dato, da queste parti, ma si possono pur sempre suggerire approfondimenti – un saggio che
C’è un bel saggio di Karl Popper, filosofo del novecento noto per il rifiuto e la critica dell’induzion e per la proposta della falsificabilità come criterio di demarcazione tra scienza e metafisica – addentrarsi oltre nelle spiegazioni non ci è dato, da queste parti, ma si possono pur sempre suggerire approfondimenti – un saggio che dovrebbero leggere tutti gli appassionati di tv, ma anche tutti gli addetti ai lavori, ma anche tutti coloro che vogliono occuparsi di comunicazione in senso lato. Si intitola Cattiva maestra televisione.
La citazione è d’obbiligo per citare ulteriormente le recenti dichiarazioni di Pupi Avati, recente vincitore dell’Agave di cristallo per i dialoghi de Il cuore altrove (premio speciale. I vincitori assoluti sono stati Gianni Zanasi con ‘Non pensarci’ e Salvatore Maira con ‘Valzer’); dichiarazioni che hanno molto a che vedere con la tv e con il suo essere cattiva maestra (si vedano in merito anche le vecchie esternazioni del regista commentate in questo post di Lord Lucas).
La tv e’ una pessima maestra. Per lei non ho simpatia né riconoscenza, ha detto Pupi Avati, vincitore del premio Agave di cristallo. Non e’ vero che vanno avanti nello show business solo i raccomandati amici dei politici e i belli. Se si ha una propria identità forte, se c’é professionalità, se c’è il talento, i risultati arrivano. E’ un peccato che ai giovani si faccia intendere che il nostro Paese è solo negatività. Questa e’ la cattiva lezione della tv.
Ora. Scagliarsi in questo modo contro la televisione è forse un po’ facile. Ma a onor del vero la posizione di Avati è altamente condivisibile: da vallettopoli alle raccomandazioni, dalle segnalazioni ai reality show, la tv italiana sembra sempre più il modello del successo facile ottenuto senza alcuna abilità o talento particolari.
Strali facili, dunque, quelli di Avati. Ma anche veritieri.