Cassata la fiction su Wanna Marchi: “Mitizza modelli negativi”. Il Codacons fa come Alemanno: la fiducia nello spettatore, ormai, è ridotta a zero
Annunciata e poi smentita una serie tv incentrata sui personaggi – e sulla parabola processuale – delle teleimbonitrici Wanna Marchi e figlia. La notizia, in sé, non è questa gran cosa, soprattutto in considerazione dell’immediata presa di posizione di RaiFiction per negare il progetto (la cui concretezza, tuttavia, resta ancora in piedi, nonostante il balletto
Annunciata e poi smentita una serie tv incentrata sui personaggi – e sulla parabola processuale – delle teleimbonitrici Wanna Marchi e figlia. La notizia, in sé, non è questa gran cosa, soprattutto in considerazione dell’immediata presa di posizione di RaiFiction per negare il progetto (la cui concretezza, tuttavia, resta ancora in piedi, nonostante il balletto diplomatico delle dichiarazioni). Il punto focale, secondo il parere del sottoscritto, che dà adito alla stesura di tale articolo, è la forzatura del Codacons, intervenuto in proposito per esprimere la propria contrarietà. Questa la motivazione del presidente dell’organo Carlo Rienzi, espresso in una nota ufficiale:
“Quando si realizzano film e serie tv su personaggi coinvolti in scandali importanti, come nel caso della Marchi, il rischio concreto è quello di una «mitizzazione» di tali soggetti. Ossia in qualche modo, pur non volendo, si finisce con l’esaltare un modello negativo, che in questo caso ha ricevuto una condanna fino in Cassazione”.
Mi sa che ci risiamo. Parlare di “rischio concreto di mitizzare tali soggetti negativi” è un voler sottolineare e legittimare le dichiarazioni fatte pochi giorni fa dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, per esempio, in merito alla serie tv “Romanzo Criminale”, additata dal primo cittadino come principale concausa dell’ondata di criminalità nella Capitale.
Sempre di più sta diventando necessario un giro di vite sulla televisione come “mezzo”: si continua a concepire il tubo catodico come strumento, come veicolo, e giammai come “fine”, sollevando, o quasi, da ogni responsabilità il ricevente, cioè il telespettatore, quindi NOI. Alla fine del giro, un giro lunghissimo, è il telespettatore che decide cosa fare del messaggio del medium, al di là della forza penetrativa dello stesso. Sono passati troppi anni dalla Seconda Guerra Mondiale, scenario nel quale il mezzo di comunicazione di massa veniva utilizzato a meri scopi propagandistici, sfruttando l’inesperienza del ricevente che da pochissimo tempo si trovava a sfruttare tali innovazioni tecnologiche. Oggi come oggi, svezzati come siamo, se solo si riuscisse, finalmente, a lasciarsi alle spalle questa coltre pesantissima di ipocrisia e perbenismo che, sempre di più, costituisce un ostacolo alla verità, potremmo correre perfino il rischio di diventare più intelligenti, critici, fini nel giudizio. Invece no: invece la televisione continua a propinarci contenuti facili, ovvi, “buoni” perché, altrimenti, “si rischia di mitizzare soggetti negativi”.
Mi piacerebbe che il Codacons, che si occupa di gente, di consumatori, si sollevasse e dicesse alla Rai: “No, fate pure la vostra fiction, perché tanto la nostra gente, i nostri consumatori sono fior di cervelli e capiscono quello che devono capire, arrivederci e grazie”. Invece nisba: ridda di polemiche, sequela di no, lunghe scie di facce contrariate. “Romanzo Criminale” può imprimere forza sulla voglia di violenza; altro può far venire in mente alle persone che truffare vecchiette sia bello. Perciò il film su Wanna Marchi non s’ha da fare. Per carità: dubito che ci perderemo questo colossal in celluloide, siamo d’accordo, ma è pacifico che, un’atra volta, abbiamo mancato l’occasione di fare un piccolo passo avanti nel misterioso esercizio dell’affinamento dello spirito critico.