Programmi Rai oscurati su Sky? Per la Tv pubblica non cambia nulla
Sky esulta, la Rai sostiene di aver avuto ragione e annuncia che non renderà visibili tutti i suoi programmi sulla piattaforma della pay tv.
La sentenza del Tar c’è, ma la Rai non ha intenzione di cedere, sostiene di aver avuto nella sostanza ragione dal tribunale amministrativo e non si piegherà. L’amministratore delegato di Sky Italia, Andrea Zappia, esulta per il pronunciamento che oggi ha riconosciuto come illegittima la pratica messa in atto per anni dalla Rai che puntualmente oscura le trasmissioni via sat di programmi chiave agli abbonati Sky e affida il suo commento alle agenzie:
La sentenza del Tar è una vittoria per tutti gli abbonati Sky e rappresenta un richiamo importante al rispetto degli obblighi di servizio pubblico che la Rai ha nei confronti di tutti i cittadini italiani. Con questa sentenza il Tar ha riaffermato un principio di giustizia e di non discriminazione nei confronti degli abbonati Sky che, pur pagando il canone Rai, in questi anni hanno visto purtroppo ingiustamente oscurare programmi sul loro decoder Sky, come è successo di recente anche in occasione degli europei di calcio.
Peccato che a stretto giro arrivi il comunicato ufficiale della Rai che interpreta in maniera completamente diversa la sentenza del Tar e lascia intendere che non cambierà atteggiamento. Se Sky vuole i contenuti della tv di Stato trasmessi totalmente in chiaro anche sulla sua piattaforma deve pagare. Teoria molto interessante che smonta la favola dei “diritti tv per l’estero” che mancavano e quindi obbligavano alla codifica. Si trattava di una scusa, l’appigliarsi ad un cavillo per spingere prima all’acquisto di decoder del digitale terrestre e ora per promuovere TivùSat.
La sentenza del TAR conferma che la Rai sta applicando correttamente il vigente Contratto di servizio, che discende dalle linee guida emanate dall’Agcom d’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico, e che pertanto non ha nessun obbligo di cessione gratuita dei propri canali. Resta confermato che la Rai “potrà consentire la messa a disposizione della propria programmazione di servizio pubblico a tutte le piattaforme commerciali che ne faranno richiesta nell’ambito di negoziazioni eque, trasparenti e non discriminatorie e sulla base di condizioni verificate dalle Autorità competenti”, come previsto dall’art.22 comma 4 del Contratto di servizio 2010-2012, la cui validità è stata pienamente ribadita.
Secondo Viale Mazzini l’abbonato Rai che vuole vedere i programmi della tv pubblica via satellite perché non raggiunto dal segnale del digitale terrestre, anche se abbonato a Sky e quindi dotato di parabola, deve comprare il decoder TivùSat (sborsando una cifra variabile fra gli 80 e i 160 euro) e adattare il proprio impianto a poter collegare due apparati contemporaneamente.
Sarebbe naturalmente più ragionevole che quanti sono già abbonati a Sky (quindi sulla carta residenti in Italia e per deduzione anche in regola con il Canone – anche se questo è un discorso tutto da verificare -) potessero accedere a tutti i programmi della Rai, ma nella “guerra” fra la tv pubblica e la pay tv satellitare, condotta in nome e per conto di chi?, ci va di mezzo il contribuente/telespettatore.