Guerra in Ucraina: la protesta sul Primo Canale russo fa parte della propaganda di Putin?
L’incursione in diretta nel tg del Primo Canale russo era una mossa pro Putin? Intanto la giornalista è accusata di essere una spia inglese.
La protesta in diretta tv di Marina Ovsyannikova, che qualche giorno fa ha esposto un cartello nel corso del Tg delle 21 del Primo Canale russo (Pervyj Kanal/Channel One), ha fatto il giro del mondo e incoronato la ormai ex redattrice del canale filoputiniano eroina della resistenza russa contro la guerra in Ucraina. Scomparsa dai radar per 12 ore, la giornalista è poi riapparsa accanto al suo avvocato nell’aula di tribunale in cui le sono stati contestati reati che potrebbero portarla in prigione per anni, in primis per aver parlato di guerra in Ucraina, una ‘fake news’ per il Governo Russo per il quale è possibile descrivere quanto sta avvenendo oltreconfine solo come “operazione militare speciale per la denazificazione”.
Ma se non fosse così? E se la protesta fosse parte stessa della propaganda russa per raccogliere simpatie nell’Occidente. È un’ipotesi di cui si è parlato nella puntata di Propaganda Live di venerdì 18 marzo (a 65′ circa dall’inizio) nel corso della quale si è mostrato un lungo thread apparso su Twitter nel quale non si celebra l’eroismo della Ovsyannikova ma si mette in dubbio la matrice della sua azione.
C’è, infatti, chi ha letto l’incursione della Ovsyannikova come una mossa a favore della propaganda putiniana, non in opposizione alla sua politica, che l’ha interpretata come una ‘sottile mossa’ di contropropaganda per aprire nell’opinione pubblica internazionale uno squarcio a favore dei ‘buoni russi’, quelli che si oppongono all’establishment e alla campagna militare in corso. Un modo per aprire un dibattito interno all’Occidente e ridurre così le sanzioni contro la Russia. Marina Ovsyannikova, dunque, non sarebbe un’oppositrice di Putin, ma lavorerebbe ‘ancora’ per la propaganda russa, cosa di cui si era detta pentita invece nel video apparso sui social dopo la sua azione in diretta tv su Pervyj Kanal. A sostenerlo sui social Roman Hryshchuk, parlamentare ucraino attivo su Twitter nel racconto della guerra nel suo paese e nella sensibilizzazione all’Occidente.
Stando al lungo thread, l’azione della Ovsyannikova andrebbe letta come una mossa propagandistica di fatto a sostegno di Putin e non contro. Perché? Secondo la sua lettura, gli indizi sono da ricercare nel fatto che il cartello mostrato ha la prima e l’ultima frase in inglese, pertanto rivolta alla comunità internazionale e non ai cittadini russi; è una redattrice del Primo Canale russo; nel video in cui spiega la sua azione ci sarebbero, secondo le opinioni e la lettura di Hryshchuk, delle contraddizioni, come il fatto che si dia la colpa al solo Putin ignorando il fatto che buona parte della società sia al suo fianco, che Ucraina e Russia siano popoli fratelli – vista come uno dei punti chiave dei discorsi pro-intervento di Putin. L’obiettivo, dunque, non sarebbe quello di spiegare al popolo russo quanto sta davvero avvenendo in Ucraina, ma di ‘intenerire’ Europa, Gran Bretagna e Stati Uniti affinché riducano le sanzioni per non infierire sui ‘buoni russi’.
Guerra e Propaganda, vale tutto
Possibile che sia come sostiene Hryshchuk? L’elemento in sé è ‘irrilevante’, nel senso che la lettura alternativa proposta dal parlamentare ucraino non fa che evidenziare un dato incontrovertibile nel racconto della guerra: l’assoluta centralità della propaganda in qualsivoglia contenuto veicolato, con pochissime – e rarissime – eccezioni. Ed è uno degli elementi più sconvolgenti, ma inevitabilmente interessanti, della comunicazione in tempo di guerra. Tutto è passibile di diverse interpretazioni, come sempre. E nel caso della propaganda diventa ancor più complicato seguire le linee dettate da Umberto Eco in Lector in Fabula per guardarsi dall’uso ‘pro domo propria’ dei testi, dalle decodifiche aberranti, ancorandosi al contenuto.Il che dovrebbe rendere tutti noi ancor più distaccati nella affrontare la quotidiana mole di informazioni e testimonianze in quella che, come raccontava Simonetta Gola Strada nella stessa puntata di Propaganda Live, è finora la guerra più ‘emotiva’ finora raccontata dai mezzi di comunicazione di massa e sui social.
Che fine ha fatto Marina Ovsyannikova? La risposta del Primo Canale russo
A una settimana dalla protesta, è arrivata la prima reazione ufficiale del Primo Canale russo con un video di Kirill Kleimyonov, vicedirettore generale di Channel One e Direttore dei programmi di informazione, nonché membro del CdA della rete. Intervenendo nel Tg del 20 marzo scorso, Kleimyonov ha dato la versione ufficiale della rete.
Nel tweet in basso la sintesi proposta su Twitter dal giornalista Ilya Shepelin, già in forze alla rete indipendente RainTv (Dozhd) che ha interrotto le sue trasmissioni a inizio marzo e che dichiara adesso sui suoi social di non pubblicare più fake news. Stando a quanto riassume nel suo tweet, il direttore ha definito la Ovsyannikova una spia inglese, una traditrice del paese che ha concordato l’azione con i media occidentali, che è stata immediatamente raggiunta da un avvocato (anzi sarebbe già stato davanti agli studi tv ad attenderla) e che le augura ogni bene, perché tanto sarà il peso del suo tradimento a renderle la vita difficile.
La clip integrale è ovviamente disponibile sul sito del Primo Canale russo (Pervyj Kanal) – a differenza, invece, del momento della protesta – con tanto di trascrizione completa dell’intervento del direttore. Ed è da quel testo che partiamo per la traduzione (che per noi parte inevitabilmente da un traduttore automatico, non conoscendo il russo)
“Non sarei voluto essere qui per questo motivo, ma Certo, non volevo apparire qui in questo studio per questo motivo. Ma, come dicono i nostr partner (партнеры) francesi, noblesse oblige. […]. Lo impone il mio ruolo. Lo impone la mia posizione ufficiale.
Quando le persone muoiono è, come ovvio, terribile. Spero che sia chiaro per tutti. Ma nello stesso tempo tutto diventa improvvisamente chiaro. Se non fosse stato per quel che sta succedendo, non avrei capito molto dei miei colleghi, persone con le quali ho lavorato insieme per decenni. Grazie a Dio, non sono rimasto deluso dai miei colleghi, almeno nella maggior parte dei casi, e spero che sia reciproco. E, a dir la verità, l’unica eccezione -. che poi conferma la regola – non dovrebbe neanche essere degna di nota.
Se non fosse per una circostanza: questa. (Immagini delle prime pagine dei siti internazionali…).
In pochi minuti, questa immagine era su tutt i principali media occidentali. E non è un modo di dire. In pochi minuti era già pronto un avvocato davanti all’ingresso degli studi tv per la donna con il cartello in mano.
Stando alle nostre informazioni, Marina Ovsyannikova aveva da poco parlato con l’ambasciata britannica. Chi di voi telefona a un’ambasciata straniera? E non con l’ufficio per i visti, ma con l’ambasciata, con un suo impiegato. Io, per dire, non l’ho mai fatto.
E non perché sono il direttore di una rete, ma perché non sono una spia. Lo fanno persone appositamente addestrate. Sto semplicemente chiamando le cose con il proprio nome. Una reazione emotiva, un impulso irrazionale è una cosa. Ma il tradimento è un’altra cosa. Qui abbiamo una persone che tradisce il suo paese e nello stesso tempo tutti noi, persone con le quali ha lavorato giorno dopo giorno per quasi 20 anni, e che tradisce con freddezza, per un vantaggio già concordato. In più la donna con il cartello ha organizzato la sua azione in maniera tale da ricevere anche i prossimi stipendi e non perdere il pregresso (qui la traduzione mi è dubbia). Il tradimento è una scelta personale, non puoi salvare nessuno da questo
Ma sono qui perché è necessario chiamare le cose col proprio nome. E del resto se un famoso atto consumato per 30 denari d’argento fosse stato rubricato come un impulso dell’anima, la storia del mondo sarebbe andata diversamente. In ogni caso auguro a tutti buona salute; a tutti, senza eccezioni. Anche ai traditori. Loro continueranno a vivere portando con sé questo pesante fardello”.
Come si dice, in guerra, la prima vittima è la verità.