Una cena per farli conoscere: questo il succo di Primo Appuntamento, nuovo dating show che debutta questa sera – martedì 14 marzo – alle 21.10 su Real Time (DTT, 31) con le prime due puntate da 60′ sulle 8 realizzate per questa prima stagione. A produrle la Stand by Me di Simona Ercolani, una garanzia in fatto di racconti di vita vissuta (Sfide, Sconosciuti e il recente I Ragazzi del Bambino Gesù) che in questo caso ha addomesticato il format inglese First Dates, in onda su Channel 4 e vincitore in patria del premio come Best Reality & Constructed Factual ai BAFTA 2016.
Abbiamo visto la prima puntata in anteprima e va detto che il premio non è usurpato.
In ogni puntata si presentano 5 aspiranti coppie, che si alternano come in una puntata di soap: si parte con tre fili narrativi che poi si intrecciano, si chiudono lasciando spazio agli altri, si sviluppano con diverse velocità per introdurre sempre qualcosa di nuovo al telespettatore, che riesce così a conoscere in 50 minuti 10 storie diverse e altrettante dinamiche di ‘corteggiamento’, ma soprattutto un’antologia di vite vissute, di separazioni, di sentimenti spezzati, di amori traditi, di vedovanze, di solitudini. Un catalogo di ‘morti’ e tentate rinascite.
Già la prima puntata offre un ampio ventaglio di archetipi narrativi, trasversali per età e caratteri, esperienze e atteggiamenti, capaci di offrire agganci per l’immedesimazione e nel contempo per garantire a casa il commento sprezzantemente superiore. In un modo o in un altro riesce così a tirare dentro al racconto il telespettatore ed è l’aspetto narrativamente più interessante per il format, visto che il dating spesso tende a respingere chi segue dietro alla quarta parete, soprattutto quando si percepisce l’artificiosità del comportamento.
Non che qui manchi, eh. Ma in questo caso l’artificiosità non è caricata dalla cornice game o dall’ambientazione ‘undressed’, ma dalla situazione stessa del primo appuntamento: nessuno in questi casi è davvero se stesso, con o senza telecamere, siano esse a vista o nascoste come in questo caso. Ma a seconda delle coppie la lucina rossa ha un peso diverso, garantendo così una grana sempre diversa alle storie e al loro sviluppo anche in relazione all’impatto della tv.
C’è ad esempio la coppia settantenne – Giulietta e Antonio – dalle diverse estrazioni (lei tacita amante del ‘ritocchino’ e con villa in Costa Smeralda, lui più sanguigno ma con l’aria del tombeur di lungo corso), ma dalla comune voglia di metter fine a una solitaria vedovanza, ai quali le telecamere, in fondo non fanno né caldo né freddo; ci sono poi i timidi e feriti Giorgia e Marco, abbinati dagli autori con un pizzico di cattiveria (Giorgia è il nome della ex di lui) e con la sensibilità di chi ha visto in loro una perfetta aderenza di modi e di intenti; si aggiungono in corsa il 43enne Antonio e la 37enne Ivana, che scopre rapidamente (è la storia più veloce di tutte) sulla propria pelle il perché di tanti anni di singletudine del suo mancato partner, per arrivare in chiusura a quello che ha tutta l’aria del ‘caso umano’, col timidissimo Daniele che risponde a monosillabi alla più spigliata (ma non tanto) Giulia, che si trova a dover prendere in mano la situazione per non lasciar affondare l’appuntamento in un mare di silenziosa inadeguatezza. La ‘continuing story’ di puntata è, però, quella dei giovanissimi e bellissimi Niccolò (22 anni) e Selene (25): lui non cerca l’anima gemella, ma sembra più attratto dalle telecamere che si beano del suo ciuffo alla moda e del suo essere figlio di papà; lei, aria da donna fatta, sfodera gli artigli col ‘cucciolo’ 22enne, dando corda al corteggiamento all’arma bianca che accompagna tutta la puntata. Sarà per target, sarà per la dinamica fin troppo ‘classica’ tra cane e gatto, ma proprio la storia ‘portante’ finisce per essere la meno interessante: sembra quasi un’esterna da Uomini e Donne.
Oltre alla costruzione narrativa – con l’unità di tempo e di luogo a rendere la confezione più interessante -, l’arma vincente del format è l’ambientazione: il ristorante è davvero il luogo dei primi appuntamenti e così tutti possono facilmente immedesimarsi nella situazione, con tanto di sudore freddo e risate imbarazzate, di sguardi che raccontano una vita e che aprono le porte a un futuro difficile da immaginare.
A fare gli onori di casa il maître Valerio Capriotti – già direttore di sala in ristoranti stellati e raffinate botteghe gourmet come Roscioli, Uno e Bino, Al Ceppo a Roma, il ristorante Duomo a Ragusa -, che si ritrova a fare un po’ la parte del comandante Stubing in Love Boat – o forse meglio della direttrice di crociera Julie McCoy – che coordina entrate ed uscite e accompagna le coppie verso il proprio dopo-cena. Un personaggio che nella prima puntata resta abbastanza sullo sfondo ma che in una dating soap ha ampie possibilità. Interessante, invece, la presenza del barista, il vero confidente della varia umanità che si raccoglie in un locale. Non so se sia un vero barista o l’autor giovane (e belloccio) chiamato a rompere il ghiaccio (non solo nei cocktail) facendo le prime domande agli ospiti per farli conoscere al pubblico. In questo caso siamo lontani dalla verve di Isaac (cfr. Love Boat), ma la funzione è apprezzabile: bastano poche battute davanti al bancone per avere il senso della coppia.
Il tutto scorre in maniera molto lineare, fino all’apprezzabile uso dei cartelli finali che spiegano cosa ne è stato delle coppie (cui crediamo sospendendo l’incredulità). Primo appuntamento non dà grandi emozioni: la chiave narrativa mi sembra più docu-comedy che ‘emo’, esattamente l’opposto di quella usata in I ragazzi del Bambino Gesù, che pure richiama la struttura soap adottata in questo format. Qui, però, in ogni puntata ci sono nuove storie. Ed è meglio così.
E come dice Giulietta, “la telenovela continua”.