Prima serata lunga, è fuga dalla generalista? Il caso (fuorviante) di Ballarò & co
Francesco Siliato sul Sole 24 ore demonizza in toto l’allungamento della prima serata. Ma dire che Ballarò è crollato solo perché dura di più.. è un’analisi parziale
Finalmente si discute sui quotidiani, dati alla mano, del fenomeno della prima serata monstre (che pure su Blogo sperimentiamo, con liveblogging infiniti, da almeno un decennio). Sulle pagine de Il Sole 24 ore è stato interpellato in qualità di esperto Francesco Siliato, massimo esperto di rilevamento dell’Auditel e docente al Politecnico di Milano:
“Il prolungamento della prima serata porta a un impoverimento della televisione generalista, con un dimezzamento dell’offerta. Si rinuncia ad offrire due generi diversi, a differenziare il palinsesto. Questo comportamento delle reti televisive ha favorito la crescita delle altre televisioni, sia delle pay tv, sia dei canali digitali segmentati. La politica del prolungamento della prima serata non ha ‘pagato’ in termini di ascolti. Se un programma non piace, l’ascoltatore se ne va su un’altra emittente”.
Peccato che tale analisi sembri alquanto fuorviante. Innanzitutto l’allungamento della prima serata, in tempi di spending review, fa risparmiare non poco le reti generaliste. Questa brutta abitudine è stata istigata dalle dirette monstre dei reality che funzionano tuttora (basti pensare al grande successo dell’Isola dei famosi, quest’anno, su Canale5). E tanti altri programmi low-cost hanno trovato la formula giusta per spalmarsi con buon successo sino a tarda sera: pensiamo a programmi Videonews come La strada dei miracoli e Quinta colonna, il programma di approfondimento che ha poi istigato tutti gli altri a finire tardi.
Proprio Siliato porta il caso di Ballarò, ma in maniera alquanto parziale, visto che il calo di ascolti da lui lamentato non è tanto riconducibile alla durata maggiore, bensì al cambio di conduzione. Se Ballarò si è allungato, è proprio perché Giannini potesse tener testa alla concorrenza di Floris su La7, che ha finito per rosicchiargli il primato:
“Nel gennaio 2005 una puntata del programma di Rai3 durava due ore e cinque minuti. Nel gennaio 2015 una puntata di Ballarò è durata 2 ore e 46 minuti, ed è cominciata tredici minuti dopo quella del 2005, finendo dopo mezzanotte”.
Sicuramente la fine della seconda serata non fa bene alla qualità della televisione, visto che è venuto a mancare un importante territorio di sperimentazione (ma quante seconde serate Rai, inutili e autoreferenziali, sprecavano i soldi pubblici?).
Certo, come dice Siliato “la lunga coda” paga se il programma piace, altrimenti il rischio è quello di perdere tanti telespettatori strada facendo (è quanto è successo, immeritatamente, a Scene da un matrimonio due sere fa).
Siliato affronta, infine, il problema dell’access che sfora, altra questione aperta:
“Nel 2015 le fiction di Rai1 sono partite sempre dopo le 21.15. Nel 2005 partivano sempre prima”.
Nell’analisi dell’esperto c’è un dato singolare su tutti: “Amici di Maria De Filippi ha prolungato in modo meno vistoso la propria durata in dieci anni: si tratta di nove minuti in più”.
Del resto, squadra che vince può permettersi di andare in onda a oltranza senza alcuna battuta d’arresto (altro che crisi della generalista).