C’è un filo, invisibile, che lega due amici. Un filo che pur essendo sospeso nell’aria e apparentemente senza consistenza, è forte e resistente a tutte le cose che possono capitare nella vita. Un filo proprio di questo tipo legava il maestro Pippo Caruso, scomparso nelle scorse ore e Pippo Baudo. Due inseparabili amici, nella vita e nel lavoro.
Insieme hanno fatto la storia del varietà televisivo fra la metà degli anni settanta e fino a poco tempo fa. Abbiamo chiesto a Pippo Baudo un ricordo, un saluto, qualche riga da dedicare al suo grande amico, il maestro Caruso.
Nato per la musica
E’ un momento tremendamente triste per me.
Con Pippo siamo stati compagni di scuola. Poi ci siamo separati, perchè io sono arrivato a Catania e lui invece è andato via molto giovane, girando per i “cabaret” italiani ottenendo grande successo. Poi andò in America e lì formò un orchestra internazionale che rallegrava le crociere che partivano da New York ed avevano come meta i Caraibi.
Poi ci siamo incontrati per caso in America e lo convinsi a tornare in Italia a lavorare con me. Dovette sostenere un provino come direttore d’orchestra che superò brillantemente e poi è diventato il mio compagno. La prima Canzonissima l’ha fatta con me nel 1973, con una sigla intitolata “Ruota libera” cantata da Mita Medici che fu un grande successo.
Da lì in poi abbiamo sempre lavorato insieme. Ricordo le belle sigle scritte per i bambini: Isotta, Johnny il bassotto e La tartaruga, cantate da Pippo Franco, Lino Toffolo e Bruno Lauzi.
Lui non era solo un grande musicista, ma mi dava tanti spunti ed aveva molte intuizioni originali, era un grande autore. Aveva una cultura enciclopedica, metteva in imbarazzo chiunque, sapeva di tutto. Parlava tre lingue correntemente: tedesco, inglese e francese. Mi ricordo quando è venuto l’ultima volta Micheal Bublè si sono abbracciati, appena Michael ebbe modo di sentire gli arrangiamenti che gli aveva preparato è impazzito di gioia.
A Sanremo Gilbert Becaud ricordo che mi disse “dammelo che me lo porto a Parigi” ed io gli risposi che il maestro Caruso non si tocca.
Pippo ricevette grandi proposte lavorative da moltissimi, ma volle rimanere sempre con me. Ricordo quando scrisse per Lorella Cuccarini ed Alessandra Martines la canzone “L’amore è” che fu la sigla di coda di Fantastico 7, un grandissimo successo.
Ogni cosa che scriveva era un successo assicurato. Lui veniva da me in ufficio, me l’accennava al pianoforte, mi chiedeva che ne pensavo e la mia risposta era sempre la stessa: va benissimo, andiamo avanti! Lui faceva parte della cerchia dei grandi maestri della nostra televisione a partire da Gorni Kramer, Lelio Luttazzi, Bruno Canfora, Gianni Ferrio e appunto Pippo Caruso.
Ci sentivamo tutti i giorni, lo chiamavo, stavamo al telefono molto a lungo, gli facevo compagnia, perchè volevo stare accanto a lui fino all’ultimo momento della sua vita. Quando mi ha chiamato la moglie Greta, di cui era innamorato pazzo e mi ha detto che purtroppo non c’era più, per me è stato un dolore pazzesco.
Per sapere quanto io rispettassi il maestro Caruso dico una cosa, ho scritto molte canzoni nella mia vita che sono state anche dei successi: “Una domenica così” per Morandi, “Il suo nome è donna Rosa” per Nino Ferrer, “W le donne” per Nino Manfredi, però quando è arrivato lui ho smesso di scrivere anche una sola nota. Mi son detto, ora c’è lui, io non ho diritto di scrivere nulla, tanto quello che posso scrivere io è zero rispetto a quello che può fare Pippo.
Ciao amico mio.
Pippo Baudo