Pino Strabioli a TvBlog: “Oggi riproporrei Colpo di scena. StraMorgan? Mi piacerebbe rifarlo”
Dal 2020 alla conduzione di Il Caffè, Pino Strabioli racconta a TvBlog la sua carriera, fra teatro e tv. L’intervista
In tv lo si vede spesso ospite di vari salotti televisivi e così ci si dimentica talvolta che Pino Strabioli ha anche un programma tutto suo. Dal 2020, infatti, è al timone di Il Caffè, che da domani mattina andrà in onda su Rai 1 a partire dalle 7:00 e non più alle 6:00, grazie allo spazio liberato dall’assenza di Settegiorni di Rai Parlamento. In un programma di cultura, dove si approfondiscono libri, spettacoli teatrali e film, Pino Strabioli sembra aver trovato la sua dimensione ideale anche in tv. L’impegno televisivo – non ricercato agli inizi e per il quale non ha mai sgomitato con colleghi o dirigenti – segue e accompagna da più di trent’anni nella sua carriera il primo amore professionale, che resta il teatro.
A Roma arrivi con il desiderio di fare l’attore e questa è la carriera che intraprendi fin da subito. Come arriva dunque la televisione nel tuo percorso artistico?
Al Festival di Todi feci uno spettacolo dedicato al Alberto Talegalli, nel quale i costumi erano curati dalla sorella di Brando Giordani. Lui mi venne a vedere e trovandomi buffo mi propose UnoMattina. In tv avevo però già fatto un personaggio all’interno di T’amo tv, una trasmissione dell’allora Telemontecarlo.
Ti sei fin da subito trovato a tuo agio nella dimensione televisiva o la tv nei primi tempi ti è stata stretta rispetto al teatro?
In teatro ho bisogno di protagonismo e infatti faccio sempre cose da solo o in cui al massimo condivido la scena solo con un’altra persona. In tv invece non ho la smania di mettermi al centro della scena. Stare davanti alla telecamera poi mi rassicura, mentre quando sono a teatro ho ancora paura.
Rai 3 è la rete con cui ti sei sempre identificato di più, nonostante tu abbia lavorato a lungo anche su Rai 1 e tuttora con Il Caffè vai in onda lì. Come valuti la Rai 3 di oggi?
Da quando ci sono le direzioni di genere, di fatto le reti hanno perso una propria identità. Ora mi identifico con Rai Cultura, sotto la cui direzione realizzo Il Caffè.
Il Caffè va in onda in un limbo di palinsesto molto marginale, nonostante ora si sposti in avanti di un’ora la sua collocazione. Ti dispiace che un programma del genere possa trovare spazio solo a quell’orario?
Un po’ mi dispiace, anche se andando in tournée mi rendo conto che ci sono persone che si svegliano alle 6:00. Certamente, però, a quell’ora non ci si può rivolgere ad un grande pubblico.
La tua carriera televisiva non ti ha mai regalato la grande popolarità. È qualcosa per la quale ti rammarichi o che senti in qualche modo di aver scelto?
Mentirei se ti dicessi che l’ho scelto. Non mi è mai stato proposto un grande programma in prima serata. Conosco però benissimo i miei limiti e so che certi programmi non mi interesserebbe farli.
Sei sempre stato paragonato da molti a Paolo Limiti. Eppure non hai mai avuto la possibilità di ottenere uno spazio televisivo paragonabile ai suoi programmi.
Credo che siano cambiati i tempi e anche il linguaggio. Non so se oggi potrebbe funzionare quel tipo di televisione. A me piacerebbe ripetere un esperimento come fu Colpo di scena, che proposi in preserale su Rai 3 una decina di anni fa. Intervistavo dei grandi attori e facevo preparare a dei giovani attori dell’Accademia d’arte drammatica dei numeri legati a questi grandi personaggi. Quello sarebbe un programma di memoria che mi piacerebbe riproporre.
Ripeteresti anche StraMorgan?
Gli ascolti sono stati buoni, anche perché siamo stati sbattuti in onda per quattro sere di seguito e abbiamo fatto gli ascolti che fanno le altre seconde serate su Rai 2. A me piacerebbe molto rifarlo, così come a Marco.