Pino Insegno a TvBlog: “Spero di rifare Reazione a Catena, ma il gioco va rinfrescato. La mia unica colpa? Essere amico della Meloni”
Pino Insegno si racconta: “Hanno usato me per attaccare il governo, ma non ho scheletri nell’armadio. La voce sulle lamentele del Tg1? Ho sempre dato la linea con numeri importanti. Ho tagliato la barba su richiesta degli autori”. Sul possibile ritorno della Premiata Ditta: “Meglio mantenere il bel ricordo”
In onda ininterrottamente da cinque mesi, domenica prossima cederà il testimone a Marco Liorni, che ripartirà con la nuova stagione de L’Eredità. Quella di Pino Insegno a Reazione a Catena è stata una lunga avventura, che ha anche rappresentato per lui un gradito ritorno a casa, undici anni dopo l’ultima volta. “E’ un format meraviglioso, scritto benissimo – dichiara il conduttore a TvBlog – allora facevamo medie che toccavano il 30% di share e fu un piccolo shock quando scoprii che non avrei più fatto parte di quella famiglia”.
Tra le due ere si sono alternati Amadeus, Gabriele Corsi e lo stesso Liorni, fino al rientro di Insegno avvenuto all’interno di un percorso ad ostacoli e non propriamente in discesa. “E’ stata un’estate epocale, tanto bella quanto difficile. C’è stato di tutto, dalle elezioni europee all’atletica, passando per Olimpiadi, Paralimpiadi e il tennis, dove l’Italia recita un ruolo da protagonista. Nonostante ciò, abbiamo realizzato ottimi numeri. Sono state 150 puntate stupende, prodotte in un ambiente sano come la sede Rai di Napoli”.
Dall’altra parte, a partire da settembre, ha trovato La Ruota della Fortuna, che più di una volta ha sorpassato il game di Rai 1. “La Ruota era già andata egregiamente ed è tornata in grande spolvero. E’ una sfida e difficile, con due proposte che sul fronte dello share mostrano sempre il ‘2’ davanti. Mediaset ha trovato un gioco competitivo e Gerry Scotti è un grande professionista, oltre che una persona in gamba. Mi ritengo molto contento”.
Ad ogni modo, il calo di spettatori c’è stato.
Abbiamo raggiunto anche il 25%. Il vero problema è che per tre mesi non c’è mai stata continuità. Un giorno sì e un giorno no avevamo un grande evento contro, magari programmato su Rai 2. Dovevi sempre combattere con qualcuno e non abbiamo potuto fidelizzare al meglio il pubblico. Non è un caso che Mediaset abbia deciso di mandare le repliche. Comunque, ci siamo difesi egregiamente.
Un mese e mezzo fa si scrisse di un Tg1 allarmato per i bassi ascolti e di riunioni d’urgenza a Viale Mazzini per correre ai ripari.
Certe cose non riesco a capirle, davvero. Osservando i dati, si può constatare che il telegiornale di Rai 1 ha sempre vinto e sconfitto la concorrenza. Ho sempre chiuso la trasmissione con numeri importanti. Mi è dispiaciuto leggere notizie non corrette. Si sono persi 2-3 punti percentuali, ma non facciamo il 15%. Ripeto: se una flessione c’è stata è per gli episodi eccezionali che si sono susseguiti quest’estate. Abbiamo subìto una concentrazione incredibile di avvenimenti.
Il 27 ottobre ha condotto Reazione a Catena in coppia con Liorni. Qualcuno ha parlato di un Insegno finito “sotto tutela”.
Non leggo più critiche che non abbiano propositi costruttivi. Chi sostiene opinioni del genere è in malafede. Non ho mica chiamato Fiorello. Se il programma andasse male potrei capire, ma qui parliamo di un successo, non c’è niente da risollevare. Siamo solamente due colleghi che si vogliono bene e che si stimano. L’idea è stata quella di lanciare la sfida dei campioni, con Marco che portava quelli delle sue edizioni e io quelli della mia. Poi, una volta lì, abbiamo pensato di farlo rimanere per l’intera puntata.
Nonostante l’anno scorso sia durato fino a Capodanno con ottimi risultati, concorda nel ritenere Reazione a Catena un programma che si identifica soprattutto con la stagione estiva?
Assolutamente sì, sono d’accordo. Si potrebbe dare alla trasmissione un vestito più autunnale. Come dicevo prima, la Ruota su Canale 5 ha fatto sì che le sfide del preserale fossero di un livello più alto. Fare ascolto è sempre più complesso.
Probabilmente è anche giunta l’ora di aggiornare qualche gioco, soprattutto nella prima parte.
E’ quello a cui stanno pensando gli autori. Dopo 17 anni si potrebbe dare una rinfrescata ad alcune fasi del programma. Reazione a Catena ha dei momenti straordinari, ma forse deve entrare nel vivo un po’ prima.
Fatta eccezione delle Volta Pagina, quest’anno sono mancati pure i campioni.
Vero. A parte un paio, sono mancate le squadre forti e la possibilità di affezionarsi a loro. E’ come quando vedi una partita: se a giocare sono due squadre delle serie minori è un conto, se a giocare sono Liverpool e Manchester City è tutta un’altra emozione. Purtroppo trovare squadre libere da impegni lavorativi, di studio e dalle vacanze non è semplice.
Senza contare che spesso i concorrenti sono arrivati a giocarsi cifre irrisorie.
Per quel che riguarda il montepremi ti correggo: ne L’Ultima Catena e L’Ultima Parola lo spettatore è attivo, non passivo. Il pubblico gioca anche se ci sono in palio 10 euro. Certo, un bottino importante rende tutto più sfizioso, tuttavia ti assicuro che la gente ci segue a prescindere.
Per il ritorno a Reazione a Catena ha tagliato la barba. Una ‘cesura’ col passato e un ritorno al Pino che lasciò il programma nel 2013?
Sono stati gli autori a volere che la tagliassi. ‘Il pizzetto ti indurisce’, mi hanno detto. Era un’immagine da attore, ma non da conduttore familiare. Dunque rieccomi con la mia bella faccia da mela cotogna in grande spolvero.
Al Mercante in Fiera il pizzetto lo portava.
Esatto. Avevo voglia di tornare con un progetto importante, purtroppo finii nell’orario più complicato del mondo, con tutti i tg contro. Ma se ti spiegano che tornerai a giocare in Serie A, accetti anche di partecipare a qualche partitella. Volli tentare. Non pensavo che avrebbero usato quell’esperienza per contestare la mia professionalità. Non lavoro mica da quarant’anni perché qualcuno mi raccomanda. Ho sofferto.
Mi pare di intuire che non lo ricondurrebbe nemmeno sotto tortura.
Non così, non in quello spazio. Lo rifarei al pomeriggio, in un’altra dimensione, con più tempo a disposizione e con i ragazzi come concorrenti. Ai tempi di Italia 1 durava 50 minuti e fu tutto differente. Se ci avessi pensato attentamente avrei risposto di no, non avrei rischiato. Ma avendo alle spalle un passato al di sopra di ogni sospetto pensavo che un insuccesso potesse passare inosservato. Non pensavo di subire un attacco frontale ed ingiustificato.
Al netto di un accanimento di cui spesso è vittima, non posso non contestarle una comunicazione che, a mio avviso, negli ultimi anni è stata completamente sbagliata ed autolesionista.
L’unico fatto che mi può essere contestato è l’aver pubblicamente appoggiato Giorgia Meloni, una persona che stimo molto. E’ come affermare che siccome sono della Lazio, allora romanisti, milanisti e juventini mi odiano. Se avessi parlato male di una squadra antagonista avrei compreso questi attacchi, ma non l’ho mai fatto. Ho sempre rispettato tutti, non ho mai rifiutato una foto o un autografo ai fan. Quale sarebbe l’immagine sbagliata che ho dato di me?
Ci sono stati quei quattro appuntamenti a Palazzo Chigi…
Sono state visite tutte legate ad aspetti sociali e neanche una di queste volte ho parlato con la premier. Ho incontrato il Ministro della Salute per parlare di alcuni progetti, tra cui uno per sostenere i malati di Sla attraverso il dono della propria voce. Con tutti gli impegni che ha, la Meloni non avrebbe manco il tempo di ricevermi. In tv ho realizzato complessivamente 2600 puntate e non ho mai chiesto niente in vita mia. Durante la mia carriera sono cambiati decine di presidenti del Consiglio, senza che ne conoscessi nemmeno uno.
Alle convention di Fratelli d’Italia ha però prestato volto e voce.
Fu solo una convention. Mi andava di dare fiducia a Giorgia e di appoggiare l’amico fraterno e di una vita Francesco Rocca. L’ho fatto e lo rifarei.
Un conduttore televisivo appartiene a tutti, ma se si schiera diventa solo di una parte. Suppongo lo immaginasse.
Sì, ma non sono l’unico conduttore che ha espresso la sua posizione. Non ho fatto nulla di male e nell’armadio non ho scheletri. Anzi, non ho nemmeno una falangetta, se non la colpa di essere amico della Meloni. Certe accuse mi hanno fatto schifo, volevano attaccare il governo e hanno usato me. Perché quando non mi hanno più visto in video nessuno ha detto niente? Eppure all’epoca non ero schierato, non avevo bandiere. Quando lasciai Reazione a Catena ero solo un bravo conduttore che veniva allontanato nonostante portasse a casa un programma di successo.
Quando Amadeus annunciò l’addio alla Rai, si parlò di presunte pressioni dell’azienda sul conduttore per venire a pranzo con lei.
Tutto falso, come si può credere ad una notizia del genere? Io e Amadeus siamo amici. Ai tempi di Buona Domenica, io e la Cuccarini fummo tra i fautori del suo ingresso nel cast. Se voglio cenare con lui, ci ceno a prescindere dalle pressioni di qualcuno.
Non smentì prontamente quella ricostruzione. Perché?
Se smentisci, dai di fatto la stessa notizia due volte. Inoltre, dai modo di farti vedere incazzato. Un tempo prima di pubblicare un articolo c’erano dei passaggi obbligati di verifica. Oggi chiunque scrive ciò che gli pare. Sarei dovuto andare a pranzo con Amadeus per ottenere cosa? Si inventarono questa storia solo per farmi del male.
Spera nella conferma alla guida di Reazione a Catena per il 2025?
Io me lo auguro. Se poi trovano qualcuno più bravo, ben venga. Penso di aver svolto un ottimo lavoro.
Di recente sono usciti vari nomi di suoi possibili sostituti.
E’ una fake. La Rai voleva testare nuovi volti per alcuni giochi, ma non su Reazione a Catena. Il nostro programma era l’unico con una scenografia già montata e per questo abbiamo ceduto per mezza giornata lo studio per delle prove. Ho letto anche che mi avrebbero cancellato le prime serate de Il buono, il brutto e il cattivo. Falso pure questo. Ho preferito posticiparlo perché Carlo Conti, che dovrebbe presentare lo show, è impegnato col Festival. L’unico slot libero sarebbe stato quello di gennaio, con le registrazioni da effettuare sotto Natale. Un suicidio. Avevamo intenzione di invitare Russell Crowe, ma in quel periodo non sarebbe stato di sicuro disponibile. E’ solo rinviato.
Su Radio 24 condusse per anni Voice Anatomy, programma sui segreti della voce e del doppiaggio. Una vera perla, che purtroppo nella trasposizione televisiva non mantenne le stesse aspettative.
Andò in onda in piena pandemia e mancava il calore. Non c’era il pubblico, non potevamo toccare gli ospiti, dovevamo stare a distanza e non più di un certo numero sul palco. L’idea era buona, con momenti di alta televisione. Riconosco che sarebbe potuto venire meglio.
Sa benissimo, e non serve che glielo ricordi, che di quella trasmissione la gente ricorda soprattutto Giorgia Meloni che legge un passaggio del Trono di Spade.
A quei tempi non aveva alcun incarico, era un semplice esponente di opposizione. In quella trasmissione ospitammo tutti, tra cui Roberto Saviano che ci raccontò il suo rapporto con la paura. Non solo: invitammo anche Nicola Zingaretti, che purtroppo non venne per via di suoi impegni. Avremmo voluto creare un dualismo giocoso tra l’accento romano di una e le difficoltà di pronuncia dell’altro. La Meloni fu divertente, si prese in giro.
Uno dei doppiatori più quotati e stimati nel panorama italiano che ha cominciato la carriera da attore venendo doppiato. Potremmo definirlo un paradosso.
Direi di sì (ride, ndr). In ‘Mezzo destro, mezzo sinistro’ interpretavo Carlo Vacca e la voce era di Guido Sagliocca, perché serviva qualcuno che parlasse in veneto. Lo scoprii solo al cinema. Erano i miei primi passi sul grande schermo, dopo una breve carriera nel mondo del calcio, in serie C. Sognavo di giocare, ma gli eventi della vita decisero altro. Quando credevo che tutto fosse finito, mi informarono che Sergio Martino cercava per un film un ragazzo simpatico che sapesse giocare a pallone. Accettai di buon grado. Passammo un mese a San Benedetto del Tronto e stetti al fianco di miti come Gigi e Andrea, Leo Gullotta, Gianni Ciardo. Fu bellissimo.
L’amore del doppiaggio scattò poco dopo.
Mossi i primi passi. Come ormai tutti sanno i primi film che doppiai furono quelli a luci rosse. Bisogna sempre ricordare da dove si è partiti.
Teme che l’avvento dell’intelligenza artificiale possa sopprimere il settore?
No, per un semplice motivo: non puoi prendere la voce originale di De Niro e riadattarla alle varie lingue. La gente è abituata al racconto e alle emozioni che ti dà una voce vera. Nel doppiaggio contano i colori, le intenzioni. Robe che l’intelligenza artificiale non dà. Il doppiaggio non è semplice traduzione, servono tempi perfetti che facciano combaciare voce e volto. In tal senso, gli adattatori svolgono un lavoro gigantesco.
In compenso, il tempo a disposizione per doppiare è sempre meno.
Purtroppo è così. Al lunedì ti arriva la puntata che deve andare in onda già il venerdì successivo. Noi siamo bravi, ma occorrerebbe più tempo.
E’ sempre convinto che nelle scuole vada introdotto lo studio della dizione?
Sì. Sono un amante dei dialetti e ritengo che vadano salvaguardati perché fanno parte della nostra storia. Ma nella vita ci si interfaccia con persone di tutta Italia e in quei casi l’abito fa il monaco. Bisogna essere capaci di switchare. Nel nord Europa hanno un coaching nelle scuole che insegna a parlare. Parallelamente, introdurrei pure il teatro come materia. Ti abitua a fare gruppo, a disinibirti di fronte ad un pubblico, ad interfacciarti. Sono traguardi importanti da raggiungere, anche se nella vita non diventerai un attore.
In una fase storica in cui le reunion fioccano, non posso non chiederle se c’è speranza per un ritorno della Premiata Ditta.
La Premiata Ditta non si è mai sciolta. Restiamo amici e con Roberto Ciufoli porto tutt’oggi avanti degli spettacoli. Francesca (Draghetti, ndr) non ama più tanto apparire e si è concentrata sul doppiaggio, mentre Tiziana (Foschi, ndr) si muove ancora tra cinema e teatro. In trent’anni abbiamo raccontato molto, forse tutto. Abbiamo lasciato un bel ricordo e penso che debba essere rispettato. In passato si accennò a qualche serata di Gala, ma il rischio è non avere più la freschezza di una volta. Il pubblico è rimasto con la mente all’immagine di quei quattro ragazzotti pieni di entusiasmo. Persino Lopez, Marchesini e Solenghi tornarono assieme una quindicina di anni fa, ma non fu la stessa cosa.
Il passato non va mai attualizzato. Intende questo?
Intendo dire che è meglio il ricordo. C’è stato un profondo ricambio generazionale, ormai l’attenzione media di un utente viaggia tra i 15 e i 30 secondi, poi si annoia e spegne. I fenomeni il più delle volte durano appena un’estate e poi spariscono. E’ un altro mondo.