Piero Marrazzo a TvBlog: “Il mio Mi Manda Rai 3 dimenticato dalle celebrazioni Rai. Potrei tornare in televisione”
Piero Marrazzo si racconta: “Le persone ancora mi fermano per ricordare Mi Manda Rai 3. Al contrario, gli addetti ai lavori se ne sono dimenticati”. Su Luca Morisi: “Trovo che usare la sessualità contro una persona, in politica come nella vita, sia orrendo, orribile”
Una data che ha fatto da spartiacque nella sua vita, ovvero quel 23 ottobre del 2009 che ha rappresentato la separazione netta tra un prima – quando era un volto popolarissimo della tv e un politico di successo che ambiva alla conferma alla guida della Regione Lazio – e un dopo, con il suo nome che diventò un caso. Il caso Marrazzo.
E da quella dolorosa vicenda parte il libro “Storia senza eroi”, che Piero Marrazzo ha scritto su suggerimento delle tre figlie, della sua psicanalista e di Chiara Valerio, scrittrice e direttrice del ‘settore narrativa’ della casa editrice Marsilio. “Un libro all’insegna delle donne – racconta il giornalista a TvBlog – che mi consente di raccontare gli errori compiuti nei confronti di mia moglie, che lasciai sola per la vergogna durante lo tsunami, e le mie figlie Giulia, Diletta e Chiara. Non ebbi il coraggio di avvisarle per tempo di ciò che stava per accadere”.
C’è il Marrazzo del libro e quello delle presentazioni in giro per l’Italia, che lo hanno portato a confrontarsi con quel pubblico da cui, inevitabilmente, si attende un giudizio: “Non volevo scrivere del mio caso, perché per me oggi quello è solo il caso di carabinieri infedeli che sono stati condannati. Io sono Piero Marrazzo e le presentazioni mi hanno aiutato a fare chiarezza, a dire determinate cose. Di quella situazione sono sempre stato una vittima, nessuno mi ha mai indagato, processato o arrestato. Su di me circolarono mille fake news, legandomi persino a delle morti sospette”.
“Storia senza eroi” però è anche altro, perché Marrazzo, travolto dall’uragano mediatico, decise di indagare sul passato della sua famiglia, scoprendo un segreto mai confessato in tanti anni dalla madre e che sembra collegarsi stranamente con il suo vissuto. “Negli Stati Uniti scoprii un enigma che era giusto venisse raccontato. Mia madre si era sposata due volte e mio fratello aveva avuto un padre di cui si erano perse le tracce. Mi resi conto che la mia vicenda del 2009 si legava a qualcosa di simile, avvenuto in America tra il ’49 e il ’50. Al padre di mio fratello venne tolta la paternità per via del suo orientamento sessuale. All’epoca c’erano le leggi contro la sodomia. Mio fratello non seppe mai chi era il suo vero padre”.
Torniamo al momento spartiacque. Quali errori si riconosce?
Se ci furono errori, questi vennero sanati con le mie dimissioni da presidente della Regione. Ma non ci si dimette dal giornalismo, dalla politica e soprattutto dalla vita.
Nel libro la psicologa con cui dialoga mette in evidenza la sua “ingenuità”.
Utilizzai l’auto blu solo quella volta e non venni mai indagato per la questione della scorta, che mi era stata assegnata per ragioni precise. In questo senso, la Cassazione è intervenuta emettendo una chiara sentenza. Il mio errore fu di chiamarla, o magari di non farla intervenire quando quelle persone fecero irruzione nell’appartamento di via Gradoli.
Sempre nel libro ha ammesso l’utilizzo di sostanze stupefacenti, “ma solo durante gli appuntamenti e mai al di fuori di quegli incontri”.
Nessuno ha mai voluto vedere se il mio operato fu condizionato dai miei comportamenti personali. Senza contare che la mia attività istituzionale non ha mai subito avvisi di garanzia per corruzione, concussione e peculato. Se poi qualcuno vuole interrogarsi su ciò che è successo, lo faccia. E si faccia anche un’idea di come ho governato.
Scoppiata la bufera, il Pd le consiglio di dimettersi per ragioni di opportunità. La ferì l’atteggiamento del suo partito?
Accettai quella richiesta. Semmai non condivisi il dopo. Per quindici anni non più partecipato alla vita politica del partito, nessuno mi ha più coinvolto. Mi andava bene dimettermi, ma volevo essere giudicato per ciò che ero stato come presidente di Regione e come giornalista. Per fortuna avevo alle spalle la famiglia della Rai, di cui ero dipendente a tempo indeterminato.
In quelle settimane in cui si parlava solo del caso Marrazzo guardava la televisione?
No, affatto. Conoscevo e conosco le regole del giornalismo e cercai di costruire un diaframma tra me e quello che si stava verificando in termini mediatici. Se in televisione ero il bersaglio, sul fronte giudiziario sono sempre stato una vittima tutelata dalla magistratura.
Ha affermato che all’epoca non esistevano le parole per spiegare e capire certe situazioni. Pensa che se quell’odissea si fosse verificata oggi avrebbe ottenuto maggiore comprensione?
A dire che nel 2024 ci sono più parole per spiegare determinati fenomeni è la sociolinguista Vera Gheno. Avere più parole aiuta a difendersi, a costruire una società migliore. Allora non c’era la consapevolezza sull’orientamento sessuale fluido e sulla transessualità. Ora lo si può affrontare senza posizioni pregiudiziali. Tuttavia, la strada da percorrere è ancora lunga. Sottolinealo.
La sessualità è quindi usata ancora come un’arma?
L’intimità sessuale è ancora oggi lo strumento più devastante per colpire le persone. Mi vengono in mente le categorie più deboli, come le donne che subiscono revenge porn e che pensano che la loro vita sia finita. L’arma sessuale è molto più potente di qualsiasi altro reato penale.
Luca Morisi, ex capo della ‘Bestia’ di Matteo Salvini, ha vissuto una vicenda non troppo differente dalla sua. Ha provato un sentimento di umana vicinanza?
Trovo che usare la sessualità contro una persona, in politica come nella vita, sia orrendo, orribile. Io ho avuto la fortuna di avere una famiglia e tre figlie, oltre alla professione. Ho scritto il libro soprattutto per comunicare che se si cade ci si può rialzare. L’antidoto è parlare, condividere. Nella vita tutto ritrova sempre un suo senso.
“Non sono più un caso”, ama ripetere. Ma se su un motore di ricerca si digita il suo nome, una delle principali parole associate a lei è ‘scandalo‘. Posso immaginare il fastidio.
No, è un problema di chi usa quella parola. Le fake, le insinuazioni e i doppi sensi purtroppo rimangono. Ho voluto fare chiarezza con questo libro, proprio perché pareva che fossi colpevole di qualcosa. La mia determinazione è quella che avevo ai tempi di Mi Manda Rai 3 e quando ero alla guida della Regione. E con questa mia determinazione la gente dovrà farci i conti.
Quella sera sua moglie (Roberta Serdoz, ndr) stava per andare in onda a Linea Notte, dove avrebbe dovuto curare la rassegna stampa. Maurizio Mannoni riuscì a sostituirla all’ultimo secondo.
Un collega sensibile come Maurizio riuscì a fare quello che avrei dovuto fare io molto prima, ossia avvertirla ed impedire che si trovasse in una situazione drammatica. Il mio fu un errore imperdonabile. Fortunatamente la redazione si strinse attorno a lei. Roberta è una donna sensibile, si è comportata da grande donna. Così come Isolina, la madre delle mie due figlie più grandi.
Silvio Berlusconi la informò in anticipo sull’esistenza di un video che la riguardava. A tal proposito, Massimo Gramellini su La Stampa commentò: “Che il capo del governo sia venuto in possesso di un video contro Marrazzo non in quanto capo del governo ma nelle vesti di proprietario di un’impresa di comunicazione è qualcosa di cui sembra non essersi accorto nessuno. E’ l’ultima, lampante esplicazione del conflitto di interessi”.
Nel libro mi sono limitato a raccontare i fatti. Un presidente del consiglio, ma anche un uomo, mi avvertì. Il resto lo lascio giudicare agli altri. Ancora adesso non do un giudizio, mi limito a ricordare che mi informò di ciò che stava avvenendo.
Prima di entrare in politica era un volto di successo. Il suo Mi Manda Rai 3 macinava ascolti e consensi.
La trasmissione era figlia di Mi Manda Lubrano, ma aveva cambiato pelle. Lubrano aveva conquistato apprezzamenti soprattutto all’interno del mondo dei consumatori. Mi Manda Rai 3 nasceva da quelle ceneri, ne prendeva il testimone. Giovanni Minoli mi disse: ‘devi diventare il Perry Mason dei cittadini’. Aveva ragione, furono sette anni meravigliosi. Le persone ancora mi fermano per ricordare quell’esperienza. Al contrario, gli addetti ai lavori se ne sono dimenticati.
A cosa si riferisce?
La trasmissione non è stata nominata nemmeno nel corso delle celebrazioni dei 70 anni della Rai. Mi dispiace, perché Mi Manda Rai 3 non era Piero Marrazzo.
Intende dire che anche Mi Manda Rai 3 ha pagato lo scotto dello scandalo?
Penso che la vicenda abbia generato una sorta di pudore e che si voglia nascondere il programma per pura ipocrisia. Però la gente comune se lo ricorda.
Come mai mollò la tv per tuffarsi in politica?
Quel passaggio è figlio della mia storia. Il giornalista fuoriclasse in famiglia era mio padre Giuseppe. Io non avrei dovuto fare questo mestiere. Mi ero laureato in giurisprudenza e intendevo portare avanti il mio impegno politico. Non andò così. Sono stato più un politico prestato al giornalismo che viceversa. Mi Manda Rai 3 ha contribuito solamente ad aumentare la mia credibilità e la fiducia dei cittadini nei miei confronti.
Sono tanti i giornalisti sbarcati in politica e, in seguito, tornati alla professione originaria. Non ritiene che si tratti di un salto perlomeno discutibile?
E’ una osservazione figlia del populismo. Si sostiene sempre che la politica non deve essere un lavoro. Se uno per lavoro racconta, perché non deve tornare a farlo una volta terminata quell’esperienza? Di cosa si sarebbe macchiato? Mi vengono in mente Santoro e Gruber, due bravissimi giornalisti che hanno avuto una parentesi da parlamentari europei. Una volta terminata, sono tornati a fare il loro lavoro arricchiti.
Nel 2013 riapparve in video con Razza Umana. Fu complicato rituffarsi sotto i riflettori?
Quando si accende la luce rossa della telecamera, finisce tutto e torni ad essere te stesso. Il desiderio di narrare e la passione per il lavoro sono più forti di ogni cosa. In quel caso il pubblico doveva esclusivamente giudicare il mio operato da conduttore ed autore.
Purtroppo non andò così. Le polemiche furono roventi.
Non avevo commesso reati ed ero un dipendente della Rai, cosa dovevo fare? Volevano che vivessi in uno scantinato? E cosa avrebbe detto la Corte dei Conti nell’apprendere che c’era un giornalista pagato e non utilizzato? Era più etico non farmi lavorare? L’orientamento sessuale di una persona lo priva di questo diritto? E’ come se non si leggessero le opere di Pasolini o Oscar Wilde per via dei loro gusti sessuali.
Razza Umana non rimase in onda a lungo.
Dopo quattro mesi si decise di sospenderlo e non ripeterlo. Per me fu un’avventura interessante. Si cercò di unire la produzione dei documentari stranieri di acquisto con quelli prodotti dalla nostra piccola task force.
Il giorno del suo ritorno in tv, Francesco Storace twittò: “Marrazzo torna in tv per il solito trans trans quotidiano”. Non proprio una carineria.
Fu una battuta e Francesco è noto per le sue battute, alcune buone e altre meno. Per me conta l’oggi. Qualche giorno fa mi ha accolto a ‘Il rosso e il nero’, il programma che conduce con Vladimir Luxuria su Radio 1. Mi interessa che mi abbia voluto come ospite.
Nel 2015 si trasferì in Israele come corrispondente.
Una grande esperienza, abbiamo prodotto molti approfondimenti e credo che l’azienda sia rimasta assolutamente soddisfatta, così come gli spettatori. Sono stati cinque anni che porto nel cuore e nella mente.
Subì una sospensione per presunte irregolarità nella gestione dell’ufficio di corrispondenza.
Mi fu contestato solo l’omesso controllo, ma va bene così. Quando fai parte di un’azienda ne accetti i giudizi. Purtroppo, come al solito i media ci sguazzarono inventando altre notizie. Per fortuna quegli attacchi durarono solo una settimana.
In pieno lockdown, nel marzo 2020, rispuntò a notte fonda alla conduzione del tg di Rai News 24. Qualcuno la considerò una punizione.
Lavoravo nella redazione notturna. Dopo cinque anni all’estero avevo scelto quella fascia oraria per avere più vita privata di giorno. Volevo vivermi la mia famiglia. Mancarono dei turni e chiesero a me di andare in video. Il lavoro ha sempre un suo valore e, se mi propongono di condurre un’edizione della notte, lo faccio con la stessa professionalità di una prima serata. Sia se scrivi una notizia breve o una grande notizia, l’impegno deve essere identico.
Le piacerebbe tornare in tv?
Non è detto che non torni a fare qualcosa, vedremo. Sono ufficialmente in pensione e attualmente sono impegnato a dirigere il centro studi di una grande azienda di ingegneria di software a Napoli. Inoltre, sto portando a teatro lo spettacolo ‘Io te vurria parlà’, dove sono il narratore dei più grandi autori della storia napoletana. Ad accompagnarmi ci sono dei musicisti favolosi. Se arriveranno progetti che si addicono a me li vaglierò. Tv, radio, podcast, non escludo niente.